Tullio Camiglieri
Gianfranco Fini batte ai punti Lilli Gruber: quel modello di intervista del processo televisivo
Il Riformista, 30 settembre 2025
Gianfranco Fini batte ai punti Lilli Gruber, smonta il suo modello di intervista, dove conta che l’ospite corrisponda esattamente a quello che lei ha previsto nel canovaccio della puntata. Se non è così, si disorienta, perde la pazienza e diventa aggressiva. Fini ha capito bene il suo punto debole e l’ha spiazzata continuamente. L’effetto è stato devastante. Ogni volta che Gruber cercava di incastrarlo, Fini si sottraeva con calma. Ogni volta che lei insisteva, lui ribaltava la prospettiva. Non ha mai concesso l’ammissione che la conduttrice cercava, non si è lasciato trascinare nell’arena del processo televisivo. E così, in poco tempo, Gruber è apparsa vulnerabile: nervosa, smarrita, privata della sua arma più potente, ovvero il controllo assoluto della scena.
Per lo spettatore, abituato a vedere Gruber gestire gli ospiti con lo sguardo tagliente e l’ironia superiore, è stata una sorpresa. Per una sera, il talk show si è rovesciato: non era la giornalista a incalzare il politico, ma il politico a dettare i tempi e a guidare il confronto. E lo ha fatto senza ricorrere a urla o slogan, ma mostrando un uomo di una destra che preferisce il dialogo alla rissa, il pragmatismo all’ideologia.
Di problemi Fini ne ha creati molti giovedì sera, e qualcuno lo ha creato ad Andrea Salerno, direttore di La7, che dovrà fare un’attenta riflessione: continuare con la giornalista altoatesina o cedere la prima serata alla coppia Luca Telese-Marianna Aprile come accade nei mesi estivi? La televisione è spietata: basta un inciampo per mostrare che il re è nudo. Giovedì sera a essere nudo non era tanto Fini, tornato sulla scena con sorprendente lucidità, ma il modello Gruber. Per una volta, il pubblico non ha visto la giornalista implacabile che conduce il processo mediatico, ma un ospite che la mette all’angolo con calma glaciale. È stata la dimostrazione che lo schema si può ribaltare, che il conduttore non è invincibile, che la televisione vive di imprevisti.
Alfonso BottiHo postato alcune volte commenti critici su come Lilli Gruber conduce il programma serale 8 ½ su La 7. I commenti erano stringati come richiede fb, pena non essere letti. Sollecitato da alcune reazioni critiche alle mie critiche, provo a spiegarmi.Compito dei giornalisti è fare domande. Ma lo è anche quello di ascoltare le risposte. Il mezzo televisivo ha tempi contingentati, quindi ci sta sollecitare risposte sintetiche e incalzare l’interlocutore affinché non divaghi e stia sul punto. La Gruber non lo fa mai. Pretende che la risposta sia conforme a quello che vorrebbe sentirsi dire. Se questo non avviene, interrompe l’interlocutore e gli sottopone una raffica di altre domande. Al malcapitato non resta altra opzione che afferrarne, nel mazzo, una al volo, per poi essere nuovamente interrotto quando la risposta si incammina su un sentiero non corrispondente a quello che la Gruber vorrebbe.Con Gianfranco Fini la sera di mercoledì 24 settembre, è successo esattamente questo. Ma era già successo con Salvini e con svariati altri.Gruber ha, poi, una vera e propria ossessione per Giorgia Meloni. La tira fuori o ogni occasione, sia che l’argomento si presti e, molto più spesso, quando non si presta neppure nel modo più indiretto e lontano. Fateci caso. L’argomento può essere dei più vari, ma implacabile, martellante, basso continuo, Gruber irrompe: “E allora la Meloni”?La cosa a me pare così smaccatamente fuori luogo da: 1) mettere in pessima luce le qualità professionali della Gruber; 2) inficiare il suo programma e 3) portare voti alla Meloni, sempre che chi guardi 8 1/2 non sia inamovibilmente già convinto che Meloni e il suo governo rappresentino il migliore dei mondi possibili. Ma dubito che sia questo il pubblico del programma.

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