Anna Foa
Ca' Foscari e Fiano, senza dialogo non c'è pace
La Stampa, 29 ottobre 2025
Innanzitutto, la piena solidarietà a Emanuele Fiano, a cui un gruppo di squadristi ha impedito di parlare a Ca’ Foscari al grido di «Fuori i sionisti dall’Università».
L’episodio non ci ricorda il 1938, perché allora ci fu un antisemitismo di Stato che tolse agli ebrei diritti e alla lunga cittadinanza, ma ci ricorda, questo sì, gli autonomi che negli anni Settanta circolavano armati di bastone nei corridoi delle facoltà per colpire chiunque non appartenesse al loro gruppo di estremisti. Intollerabile allora e oggi.
Qualunque obiettivo i teppisti di Ca’ Foscari si proponessero di raggiungere, colpire Fiano in quanto ebreo, dal momento che per questi gruppi di estremisti ebreo e sionista si identificano, o colpirlo per le sue posizioni in «Sinistra per Israele», troppo «sionista» e non sufficientemente critica a loro avviso della politica del governo israeliano, questo obiettivo non è stato raggiunto.
Ne è invece stato raggiunto un altro, quello di scavare un solco più profondo nella scissione che si è determinata negli ultimi mesi tra chi accusa in genere tutti gli israeliani di essere ugualmente colpevoli della politica del loro governo, chi più e chi meno, e chi invece riconosce l’importanza della battaglia che da due anni tanti gruppi e individui combattono, con gravi rischi personali, contro il governo di Netanyahu: manifestazioni in cui accanto alle foto degli ostaggi oggi liberati ci sono i volti dei bambini di Gaza morti di fame, prese nette di posizione, gruppi di attivisti che difendono gli ulivi dei palestinesi a Gaza o che interpongono contro la cieca violenza dei coloni il loro corpo di “ebrei” per difendere quello dei palestinesi, giovani che bruciano in pubblico le cartoline precetto, come tanti anni fa i giovani americani richiamati nella guerra del Vietnam, per non andare a Gaza a commettere un “genocidio”.
Mi direte, voi estremisti di Ca’ Foscari, che non bastano a rovesciare il governo. Ma per quanti anni i vostri padri non hanno mosso un dito contro il governo fascista di Mussolini, anch’esso ricordiamolo genocidario in Africa finché non è intervenuta la guerra a rovesciarlo?
Proprio a quanti si sono in questi due anni impegnati a denunciare lo sterminio di Gaza, la fame indotta come mezzo di guerra, il razzismo crescente in Israele, le terribili violenze di un IDF sempre più permeato di estremismo religioso, tocca ora, credo, il compito di impedire questa deriva che in un mondo invece giustamente solidale con le vittime sembra portare ad aderire all’idea di distruggere Israele, sembra negarne la battaglia di questi anni, e finisce per legittimare l’antisemitismo. Con il plauso di chi, come il governo israeliano e i suoi amici in Europa e in Italia, taccia tutti di antisemitismo. E con la conseguenza di ricompattare attorno alle politiche di Netanyahu almeno una parte dei suoi oppositori.
Come fare? Fra chi si è opposto con forza a quanto succedeva a Gaza, non pochi hanno aderito negli ultimi mesi, all’apice della distruzione di Gaza, all’idea del boicottaggio. Anche chi non lo aveva prima appoggiato. In assenza del vero boicottaggio, quello economico e militare, perfino quello culturale è parso uno strumento legittimo e pacifico di fronte all’inimmaginabile.
Oggi è forse il momento di porgere invece la mano all’opposizione israeliana, di sollecitare i rapporti culturali e accademici con le università israeliane, di por fine al boicottaggio culturale chiedendo invece a gran voce quello economico. E al tempo stesso, di sollecitare i contatti con gli intellettuali e i giornalisti palestinesi ancora in vita, di creare spazi di discussione e di scambio. Non con chi spara sui civili, ma con chi ha tentato di fermare questa guerra inuguale.
Difficile farlo mentre ancora cadono le bombe, sia pur in maniera più limitata, mentre ancora i rifornimenti alimentari sono in gran parte bloccati alle frontiere, mentre coloni ed esercito distruggono la Cisgiordania. Ma se non lo proviamo a fare ora, il confine diventerà quello fra chi vuole negare l’esistenza di Israele e chi vuole negare quella dei palestinesi, a Gaza come in Cisgiordania. Ancora distruzione, quindi, non nascita dello Stato di Palestina, non rinascita di Israele come un paese democratico e aperto a tutti, ebrei e palestinesi.

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