venerdì 17 ottobre 2025

Ci vedremo a Budapest

Marta Serafini
Telefonata Trump-Putin: «Ci vedremo a Budapest»
Corriere della Sera, 17 ottobre 2025

A poche ore dall’arrivo di Volodymyr Zelensky a Washington, Donald Trump riapre il dialogo con Vladimir Putin. Lo fa con una telefonata di due ore nella quale i due leader si sono ripromessi di incontrarsi a Budapest «probabilmente nel giro di due settimane», ha detto il presidente Usa. Che poi ha aggiunto: «Domani parlerò a Zelensky della telefonata e farò finire anche la nona guerra».
The Donald parla di «progressi», incassa i complimenti dello zar per la pace a Gaza e ci tiene a far sapere di aver dedicato «molto tempo a parlare del commercio tra Russia e Stati Uniti quando la guerra con l’Ucraina sarà finita». Ma soprattutto, dopo Anchorage, regala al presidente russo un nuovo palcoscenico internazionale, europeo questa volta, ma sicuramente gradito data l’ostilità del premier ungherese Viktor Orbán nei confronti di Zelensky, oltre che teatro nel 1994 della firma del memorandum sulle garanzie di sicurezza per Kiev, che fu violata da Mosca con l’annessione della Crimea nel 2014 e l’invasione del 2022. Stando a Trump, la formula dei negoziati potrebbe prevedere «incontri separati» con lo Zar e il presidente ucraino.

In questo contesto resta sul tavolo la discussione che il presidente statunitense terrà oggi con l’omologo ucraino a proposito il tema della vendita a Kiev dei missili a lungo raggio Tomahawk, con una gittata di oltre 2.000 chilometri, tema già trattato a margine dell’assemblea generale Onu di settembre. Se il ritorno di Zelensky nello Studio Ovale avviene in un’atmosfera assai diversa da quella di febbraio, quando fu messo alle strette, non è assolutamente scontato che torni a casa con la luce verde per l’acquisto di armi considerate fondamentali per la campagna Deepstrike in corso contro obiettivi strategici in territorio russo. Ieri Trump ha commentato: «I Tomahawk? Ne abbiamo tanti, ma servono anche a noi».

Già nei giorni scorsi gli analisti, mentre il Cremlino parlava di «pericolosa escalation», avevano sottolineato come i Tomahawk potessero essere più che altro un bluff che Trump avrebbe deciso di giocare per costringere Putin a sedersi al tavolo. Una nuova carta, dopo le sanzioni spesso invocate e mai di fatto inasprite e che — commenta Zelensky — fa correre Putin al tavolo.

In attesa di una data per l’incontro in Ungheria, mentre il leader di estrema destra Orbán esulta su X («Il previsto incontro tra i presidenti americano e russo è una grande notizia per le persone nel mondo che amano la pace. Siamo pronti!»), la Casa Bianca fa sapere che i primi incontri saranno guidati dal segretario di Stato, Marco Rubio, insieme a diverse altre persone da designare. E già la prossima settimana i rispettivi alti funzionari si incontreranno, in vista del nuovo summit di persona tra i due capi di Stato. Il tutto mentre Trump «ritiene ancora possibile» un faccia a faccia tra Putin e Zelensky.

Da Mosca il colloquio viene definito «franco» e basato sulla «fiducia» se non che il Cremlino sottolinea di aver ribadito alla controparte il possesso della piena iniziativa strategica su tutta la linea del fronte. Tradotto: Putin, almeno a parole, si dice favorevole al dialogo, ma afferma ancora una volta di essere pronto e intenzionato a proseguire i combattimenti.

A Zelensky, anticipato da una delegazione ucraina capitanata dalla premier Yulia Svyrydenko, nell’attesa di scoprire cosa Trump abbia in serbo per lui, non resta che far sapere al mondo di aver fatto «i compiti a casa». A «casa» però il leader di Kiev deve fare i conti con un nuovo attacco russo che ha colpito ieri le regioni di Poltava, Kharkiv, Sumy, Vinnytsia e Chernihiv, centrate con missili ipersonici Kinzhal sganciati dai bombardieri MIG-31. E se nessun morto è stato registrato, il produttore di energia Dtek denuncia danni a un impianto di gas naturale nella regione di Poltava. Questo dopo che, secondo Bloomberg, gli ultimi raid russi hanno distrutto addirittura il 60% dell’intera produzione di gas ucraina. Un colpo che costringerà Kiev a un esborso di 2 miliardi di euro per acquistare gas dall’estero in vista dell’inverno. Soldi di cui però l’Ucraina, piegata da tre anni e mezzo di guerra, non dispone.

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