Nello Scavo
L'accordo c'è. A Gaza e in Israele la festa per la pace
Avvenire, 10 ottobre 2025
Dal muezzin all’alba ai rabbini sul far della sera, tutti celebrano, tutti rivendicano. In una guerra dove a seguire i caroselli e a vedere i fuochi d’artificio in Cisgiordania come a Gerusalemme, sembra che non ci siano sconfitti. A parte quei quasi 70 mila che non ci sono più a Gaza, travolti da un conflitto cominciato con i 1.250 israeliani uccisi da Hamas il 7 ottobre 2023.
Cantano vittoria, da Washington a Sharm el-Sheik. I negoziatori mediorientali e quelli mandati dalla Casa Bianca sono riusciti laddove per due anni si era arrivati sempre a un passo, ma poi niente. Ieri sera il gabinetto di sicurezza Israeliano ha approvato l’intesa, facendo scattare le 24 ore che daranno avvio al cessate il fuoco, atteso dopo il tramonto di oggi. I reparti israeliani hanno l’ordine di non andarci pesante con i caricatori da scaricare come prima di ogni tregua di ogni guerra. E Hamas attende che cominci il progressivo arretramento delle forze di occupazione per cominciare muoversi in vista del primo impegno da onorare: la consegna degli ostaggi. Una ventina vengono dati ancora per vivi. Dovranno essere spostati dai tunnel nei quali sono tenuti, ma in modo che i satelliti non riescano a individuare i covi di Hamas. Durante la tregua i droni spia non potranno volare. E non è l’unica condizione posta nel negoziato. Dei 20 punti sbattuti sul tavolo dall’amministrazione Usa, che stavolta non ha voluto sentire i consueti distinguo dilatori, molti in realtà saranno da precisare quando si tratterà di entrare nel vivo. A cominciare dall’addio alle armi di Hamas. Che avverrà a partire dalla prossima fase dell’accordo. «Prima facciamo tornare gli ostaggi, era quello che tutti volevano», ha tagliato corto Donald Trump che entro domenica sarà a Gerusalemme, poche ore prima che nella Striscia cominceranno le operazioni di rilascio. «Recuperarli è un processo complicato - ha riconosciuto Trump -. Preferisco non dirvi cosa va fatto per ottenerli». Prima di toccare il suolo israeliano, il tycoon omaggerà il Cairo, per una “firma ufficiale” con cui celebrerà l’accordo. Quanto ai 28 civili uccisi dalla prigionia sotto al fuoco incrociato, neanche Hamas sa esattamente dove siano i corpi. Gli ostaggi, usati come merce preziosa la cui liberazione i fondamentalisti sono riusciti a centellinare in proprio favore nel corso dei due anni, sono stati gestiti da diverse formazioni armate. E fonti da Gaza lasciano intendere che di alcuni corpi si sono perse le tracce, sotto le macerie di palazzi ridotti in polvere.
Cantano vittoria, da Washington a Sharm el-Sheik. I negoziatori mediorientali e quelli mandati dalla Casa Bianca sono riusciti laddove per due anni si era arrivati sempre a un passo, ma poi niente. Ieri sera il gabinetto di sicurezza Israeliano ha approvato l’intesa, facendo scattare le 24 ore che daranno avvio al cessate il fuoco, atteso dopo il tramonto di oggi. I reparti israeliani hanno l’ordine di non andarci pesante con i caricatori da scaricare come prima di ogni tregua di ogni guerra. E Hamas attende che cominci il progressivo arretramento delle forze di occupazione per cominciare muoversi in vista del primo impegno da onorare: la consegna degli ostaggi. Una ventina vengono dati ancora per vivi. Dovranno essere spostati dai tunnel nei quali sono tenuti, ma in modo che i satelliti non riescano a individuare i covi di Hamas. Durante la tregua i droni spia non potranno volare. E non è l’unica condizione posta nel negoziato. Dei 20 punti sbattuti sul tavolo dall’amministrazione Usa, che stavolta non ha voluto sentire i consueti distinguo dilatori, molti in realtà saranno da precisare quando si tratterà di entrare nel vivo. A cominciare dall’addio alle armi di Hamas. Che avverrà a partire dalla prossima fase dell’accordo. «Prima facciamo tornare gli ostaggi, era quello che tutti volevano», ha tagliato corto Donald Trump che entro domenica sarà a Gerusalemme, poche ore prima che nella Striscia cominceranno le operazioni di rilascio. «Recuperarli è un processo complicato - ha riconosciuto Trump -. Preferisco non dirvi cosa va fatto per ottenerli». Prima di toccare il suolo israeliano, il tycoon omaggerà il Cairo, per una “firma ufficiale” con cui celebrerà l’accordo. Quanto ai 28 civili uccisi dalla prigionia sotto al fuoco incrociato, neanche Hamas sa esattamente dove siano i corpi. Gli ostaggi, usati come merce preziosa la cui liberazione i fondamentalisti sono riusciti a centellinare in proprio favore nel corso dei due anni, sono stati gestiti da diverse formazioni armate. E fonti da Gaza lasciano intendere che di alcuni corpi si sono perse le tracce, sotto le macerie di palazzi ridotti in polvere.
Anche la Turchia, aderirà a una task force chiamata a monitorare il rispetto del cessate il fuoco. Lo ha annunciato l’altro “vincitore” della crisi di Gaza, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che dopo essere riuscito a spodestare Assad dalla Siria nel pieno del conflitto nella Striscia, rilancia ancora una volta il ruolo di Ankara. «Abbiamo lavorato tanto per fermare questo spargimento di sangue e continueremo a farlo», ha dichiarato Erdogan che in questi due anni non ha mai perso occasione di accusare Israele di aver commesso «un genocidio contro il popolo palestinese».
Quella di ieri sarà ricordata anche come la giornata delle bandiere in festa. Quelle israeliana e americana proiettate sulle imponenti mura della Città Vecchia, tra canti e balli nel quinto giorno della festa di Sukkot. E perfino quella italiana, saltata fuori chissà come tra le macerie di Gaza, dove un bambino l’ha agitata in segno di giubilo per la guerra che è finita. E per la storia che forse cambia.
I primi passi verso quella che il tycoon chiama con non poco ottimismo «pace eterna» per il Medio Oriente sono cominciati con l’approvazione della prima fase del piano. “Un successo diplomatico e una vittoria nazionale e morale per lo Stato di Israele”, ha detto Netanyahu intestandosi una conquista che le famiglie degli ostaggi non gli riconoscono, rimandando i conti con il premier quando le acque si calmeranno. L’accordo ha ricevuto il sostegno dei paesi arabi e occidentali, che in coro lo descrivono come uno straordinario risultato diplomatico per Trump. Tel Aviv si è impegnata a rilasciare 250 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane e 1.700 cittadini di Gaza in prigione dal 7 ottobre 2023. Nella lista non c’è il nome di Marwan Barghuti, leader carismatico del movimento palestinese Fatah, in cacere dal 2002. «Non possiamo farlo adesso - riferisce una fonte politica israeliana ad “Avvenire” -, già sarà difficile tenere unito il governo. Di Barghuti si parlerà forse più avanti». Quando l’avanzamento della tregua metterà in difficoltà gli oltranzisti della guerra ad ogni costo, come il ministro Smotrich (che ha votato contro l’intesa) e l’altro campione dell’ultradestra, il ministro della Sicurezza nazionale Ben Gvir. Per Barghuti potrebbe perciò trattarsi di un appuntamento rimandato con la libertà.
Da Washington il presidente Usa rimarca la sua strategia per una soluzione duratura che coinvolgerà tutto il Medio Oriente. Glissa sui rischi per le successive fasi del piano di pace. Ma quando gli viene chiesto della prospettiva dei «due popoli per due stati», solleva le spalle: «Non ho un’opinione».
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