domenica 5 ottobre 2025

Il sindaco di Gaza

Gabriella Colarusso
Il sindaco di Gaza City: "I miliziani devono lasciare. No a Blair, governeremo noi"
la Repubblica, 5 ottobre 2025

Yahya al Sarraj la guerra ce l’ha in testa, in casa, addosso, intorno. Parla e la linea cade di continuo. E quando risponde cerca riparo per farsi sentire: il rumore dei droni e dei jet israeliani si sente nitido. È solo mezzogiorno e su Gaza City, circondata, assediata, chiusa dall’esercito israeliano, cadono ancora bombe, altro che tregua. Yahya al Sarraj è lì, nel centro storico ora devastato della città di cui è sindaco. Ingegnere, 62 anni, studi a Londra, a marzo aveva pure preparato un piano per la ricostruzione. Tante idee, zero soldi. Al Sarraj ha tutti i problemi del mondo e nessun mezzo per risolverli.

Sindaco, come sta?

«Resistiamo. La stima è che ci siano ancora circa 500mila persone a Gaza City e io non me ne vado, ho il dovere di aiutare come posso. Non abbiamo elettricità. L’acqua è contaminata. Tutte le stazioni di pompaggio sono ferme e abbiamo allagamenti in molte strade. Ci sono migliaia di tonnellate di rifiuti solidi che non possiamo raccogliere. Molte persone vivono in tenda, ovunque si vede distruzione: scuole, università, chiese, moschee, edifici culturali, giardini. Le sedi del Comune sono state per la maggior parte bombardate, io ho cambiato rifugio 19 volte. Abbiamo perso più di 50 dipendenti. I carri armati sono ovunque tranne che in centro, dove mi trovo, l’unico posto in cui le persone possono muoversi è la parte occidentale. Ma siamo ancora qui e speriamo sempre che la pace arrivi».

Il piano di Trump può funzionare?

«Abbiamo bisogno di qualsiasi sforzo per fermare questa orribile aggressione contro i civili, soprattutto donne e bambini. Questa è una guerra insensata: non può portare niente di buono a nessuna delle parti. Bisogna fermarla immediatamente, e poi potremo discutere di tutto il resto».

Pochi giorni fa ha scritto una lettera a Trump insieme ad altre 16 persone, imprenditori ed esponenti della società civile di Gaza: cosa chiedete?

«Volevamo che la voce delle persone comuni che soffrono di più in questo genocidio raggiungesse l’uomo più potente del mondo affinché faccia qualsiasi sforzo per fermare la guerra».

Ora una proposta c’è: dice che Gaza deve essere amministrata da tecnocrati, nemmeno tutti palestinesi.

«Può essere l’opzione migliore, un’amministrazione tecnica che gestisca gli affari a Gaza per un po’ di tempo, finché non potremo indire le elezioni e scegliere i nostri politici per formare il governo».

Con Hamas? O pensa che debba farsi da parte?

«Penso che farsi da parte sia una buona idea per tutti, per Hamas e per il popolo palestinese, perché gli ultimi anni sono stati molto difficili e Hamas non è in una buona posizione per restare al potere. Dovrà affrontare molti problemi interni e internazionali, è meglio che si faccia da parte per un po’ di tempo e lasci che siano i palestinesi a scegliere i loro governanti. In futuro potranno formare un partito politico e il popolo deciderà se eleggerli o no».

Lo sa che anche di lei dicono che sia il “sindaco di Hamas”?

«Il Comune è un’autorità locale, indipendente amministrativamente e finanziariamente, non abbiamo legami con nessun partito, con nessuna fazione, serviamo la gente, forniamo acqua, servizi igienici. Non facciamo politica».

Il piano Trump prevede un comitato internazionale che guidi Gaza, con Blair e lo stesso presidente Usa: cosa ne pensa?

«Non credo sia un’ipotesi gradita alla gente di Gaza e potrebbe complicare le cose perché persone esterne potrebbero non comprendere le esigenze dei locali, è meglio avere gente del posto che governi. Abbiamo bisogno di un sostegno internazionale, è vero, arabo e islamico, ma questo dovrebbe avvenire in consultazione con i palestinesi per scegliere la forma migliore e le persone più adatte — e abbiamo tante in gamba qui a Gaza — che possano davvero pensare alla rinascita mettendo gli interessi del nostro popolo al primo posto».

Sostiene un ritorno dell’Autorità nazionale palestinese nell’amministrazione della Striscia?

«L’Anp è benvenuta, ma dovrebbe riconnettersi con i bisogni reali della popolazione perché è lontana da molto tempo. Ma prima bisogna fermare i massacri. Non mi fido: gli israeliani hanno violato gli accordi già due volte, abbiamo bisogno di garanzie internazionali. Il primo passo è il ritiro dell’esercito israeliano altrimenti niente funzionerà. Solo così forze arabe e islamiche potrebbero contribuire al mantenimento della sicurezza in un processo coordinato e discusso con i politici, l’Autorità nazionale palestinese e altri».

 

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