Lia Tagliacozzo
Memoria, sfida della letteratura
il manifesto, 16 ottobre 2025
Ci sono due coincidenze temporali che sorprendono: la prima è che esattamente due anni fa, nell’ottantesimo delle celebrazioni del 16 ottobre, nel 2023, Mara Josi presentava in Italia la versione inglese del suo lavoro (ora uscito per Viella, Reti di memoria. La letteratura italiana del 16 ottobre 1943, pp. 204 euro 24), a pochi giorni dall’inizio di questi due anni terribili con le cui responsabilità dovremo fare i conti prima ancora di imparare a costruirne il ricordo. L’altra coincidenza è nota agli storici e alle storiche: la prima delle Leggi antiebraiche fasciste del 1938 – quella sulla scuola emanata il 5 settembre – prevedeva l’entrata in vigore proprio il 16 ottobre del ’38. È probabilmente un caso e una coincidenza della storia ma sono comunque date che si rincorrono e che contribuiscono a continuare ad interrogarci.
A seguito della riscrittura per i più piccoli di «Portico d’Ottavia 13» di Anna Foa c’è stato un incremento della produzione di testi sulla razzia nazista pensati per l’infanzia e adolescenza
L’ANALISI dei quattro testi proposti da Josi – 16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti, La Storia di Elsa Morante, La parola ebreo di Rosetta Loy e Portico d’Ottavia 13 di Anna Foa – traccia un percorso dell’evoluzione della memoria culturale italiana della Shoah negli ultimi ottant’anni e analizza in che modo storia, memoria e letteratura si intersechino lasciando un’impronta duratura nel panorama culturale del nostro paese. D’altro canto – prosegue l’autrice – le opere narrative «costruite sulla sinergia fra dati storici, ricordi personali e tecniche letterarie hanno influenzato in modo preponderante l’evoluzione della memoria del 16 ottobre».
Per molti ebrei della mia generazione, uomini e donne della post-memoria, esistono tre elementi sedimentati nella coscienza e nell’immaginario, che ci appartengono e che sono interiorizzati come fossero ricordi personali: sappiamo tutti che il 16 ottobre era sabato, sappiamo tutti che quel giorno pioveva, sappiamo tutti che quel giorno c’era la distribuzione delle sigarette. Si tratta di particolari – probabilmente di nessuna rilevanza pubblica – che pure sono incardinati in noi. Ho sempre pensato che questi elementi ci fossero arrivati dalla memoria famigliare o da quella della collettività ebraica: dopo la lettura di questo libro, c’è da chiedersi se non sia invece giunta attraverso la letteratura e, forse anche, attraverso la sua rappresentazione cinematografica.
Sabato 16 ottobre 1943 vi furono 1259 ebrei arrestati in tutta Roma – nonostante si continui a chiamare quella vicenda la «razzia del ghetto» – i catturati vennero condotti a Palazzo Salviati, al Collegio militare. Di essi 252 furono liberati nel pomeriggio in quanto considerati «ariani». Il 18 ottobre, lunedì mattina, tutti gli altri furono portati alla stazione Tiburtina e lì fatti salire su un treno con destinazione Auschwitz. Dopo la guerra faranno ritorno in 16. Tra i sopravvissuti c’è solo una donna, Settimia Spizzichino. Dei bambini non tornò nessuno.
I testi in esame sviluppano strategie letterarie simili per riportare fatti e memorie individuali nell’ottica di far sentire chi legge compartecipe nelle vicende narrate
RIMANENDO agli ultimi anni, suggerisce Josi, a seguito della pubblicazione della riscrittura per bambini di Portico d’Ottavia 13 di Anna Foa – c’è stato un incremento significativo della produzione di testi sulla razzia nazista dedicati e pensati per l’infanzia e l’adolescenza. Questo è sicuramente vero per il 16 ottobre ma la produzione di libri dedicati ai bambini e ai ragazzi sul più generale tema della persecuzione antiebraica e della deportazione – sia con storie italiane che con vicende straniere – è andata aumentando progressivamente a partire dal 2001, anno di istituzione del Giorno della memoria.
Almeno fino ad oggi, in prossimità del 27 gennaio, tutte le case editrici specializzate mandano sugli scaffali un titolo sull’argomento. Si tratta di libri su cui bisognerebbe riflettere e avere la volontà di pronunciarsi: sulla loro qualità letteraria, sulla loro capacità di tessere relazioni con la storia e la geografia dei luoghi e dei tempi che raccontano.
L’analisi che Mara Josi conduce a proposito delle emozioni, della relazione con la grande storia, dell’immedesimazione con i protagonisti sarebbe di estremo interesse applicarla al più ampio novero di libri per ragazzi/e sull’argomento. Una esplorazione di questo tipo aiuterebbe significativamente la riflessione collettiva sulle celebrazioni del Giorno della memoria, in particolare nel mondo della scuola, che è indispensabile condurre oggi, interrogandosi sui suoi successi e sui fallimenti: probabilmente metterebbe in luce sia i processi virtuosi su quanto accaduto negli scorsi venti anni e sia su quanto risulti invece necessario rimettere a fuoco per il futuro: una nuova strategia didattica e una nuova capacità di costruzione di coscienza civile.
L’INTENTO DEL LIBRO di Josi è dimostrare come questi quattro volumi abbiano operato a livello individuale e collettivo, ovvero in quali termini abbiano influenzato il lettore e la società, creando e condividendo immagini che incidono sui meccanismi della memoria personale e collettiva. L’approccio generazionale viene applicato non solo per analizzare i testi ma pure per interpretare l’impegno degli autori nel raccontare il rastrellamento romano. Si tratta di testi che sviluppano strategie e tecniche letterarie simili per riportare fatti storici e memorie individuali nell’ottica di far sentire chi legge compartecipe nelle vicende narrate. Vi si alternano narrazioni in prima persona, descrizioni dettagliate della vita quotidiana e voci narranti al presente: tutti elementi che trasmettono esperienze apparentemente immediate.
Gli autori si rivolgono al lettore in modo intimo, adottando uno stile diretto e personale, tipico della comunicazione informale. Queste e altre strategie narrative – spiega Josi – coinvolgono profondamente il pubblico, favorendo la costruzione di legami affettivi collettivi sia all’interno di una stessa generazione sia tra generazioni diverse riattivando e reincarnando memorie individuali e collettive. E generano, in questo modo, un senso di condivisione dello spazio sociale e del tempo storico, facilitando la comprensione e la memoria della retata romana.
L’indagine può collocarsi nel solco degli studi sulla Shoah avvalendosi degli strumenti teorici offerti dai cultural memory studies e dalle theories of emotions. Proprio questa prospettiva più ampia consente di superare i confini testuali evidenziando come la memoria del rastrellamento sia stata rielaborata non solo attraverso la letteratura ma anche attraverso i media: alcune scene del film L’oro di Roma di Carlo Lizzani (1961) sono certamente entrate nell’immaginario collettivo della retata al punto tale da essere usate e mandate in onda tutte le volte in cui si parli del 16 ottobre. Analogamente, nei primi anni dopo l’istituzione del Giorno della memoria, anche i telegiornali nei loro servizi hanno utilizzato, complice il bianco e nero, le immagini di Schindler’s list (Steven Spielberg, 1993) nei servizi di cronaca, veicolandole come originali. Ci sono voluti un paio di anni perché la cronaca televisiva imparasse ad usare altre immagini di repertorio.
Tornando alla letteratura, è necessario sottolineare come – a partire da un diverso rapporto nell’analisi delle relazioni tra storia e memoria – sia diventata strumento di eccellenza per la trasmissione di quest’ultima, contribuendo a plasmare la percezione collettiva di quel passato: la memoria collettiva risiede, infatti, non solo nella percezione individuale, ma anche nelle pratiche e nelle istituzioni della società di riferimento. I testi letterari stabiliscono diverse strategie mnemoniche contribuendo a una nuova prospettiva dei modi della conoscenza e delle gerarchie dei valori.
Può cambiare cioè l’approccio dei lettori al passato e renderli consapevoli dei meccanismi alla base dei processi di ricordo, memoria o omissione, favorendone il coinvolgimento e attivando dinamiche di mobilitazione socioculturali.
Anche l’ascolto del testimone, come la letteratura, richiede un atto di empatia e di immaginazione: bisogna uscire da sé stessi e immaginare di essere stata un’altra persona. Un processo che, se agito, arricchisce, e talvolta modifica, la posizione, l’emozioni e i pensieri di chi legge o di chi ascolta. Un processo che si traduce spesso in una risposta empatica ai personaggi o al testimone, alle loro vite, obiettivi, difficoltà, successi e fallimenti. E al loro destino.

Nessun commento:
Posta un commento