mercoledì 15 ottobre 2025

Postverità

Franca D'Agostini
Nuove avventure della verità
Parole del XXI secolo, Treccani 2019

C’è davvero qualcosa di nuovo che riguardi il concetto di verità? Questa novità rappresenta

una rottura rispetto al passato? La prima prevedibile risposta è negativa. Concetti «primi» come ‘verità’ 

difficilmente subiscono svolte storiche significative. Il modo in cui li usiamo, l’importanza che vi 

assegniamo possono mutare, ma con tempi molto lunghi e non lineari, con accelerazioni e ritorni. 

Questo significa che l’espressione ‘post-verità’ è particolarmente infelice, dal punto di vista filosofico. 

La definizione dell’Oxford Dictionary ci dice che con questo termine dobbiamo intendere una speciale 

condizione del linguaggio e del pensiero pubblico, tale per cui altri concetti-valori prendono 

sistematicamente il sopravvento sulla verità. Per esempio, nella valutazione e nelle strategie dei politici 

la ricerca del consenso prende il sopravento sulla ricerca di soluzioni realmente efficaci; nella 

valutazione e nella scelta elettorale dei cittadini le emozioni prendono il sopravvento sulla 

considerazione dei fatti. In un altro significato, generalmente accolto nella letteratura più recente, 

l’espressione indicherebbe il successo delle nuove forme di inganno, manipolazione, distorsione delle 

credenze, attive nella società digitalizzata, e i nuovi modi tecnologici di utilizzare tali risorse. 

In entrambi i significati (subordinazione della verità ad altri valori – dilagare dell’inganno e 

dell’autoinganno) non sembra che il ‘post’ in ‘post-verità’ offra un’adeguata (vera) descrizione dei fatti. 

Gli esseri umani sono sempre stati sostanzialmente indifferenti alla verità, hanno sempre subito inganni 

di ogni sorta e hanno sempre amato ingannare se stessi. Condizioni molto simili a quelle descritte sono 

già state notate agli albori della democrazia: le «disavventure della verità», intese in questo senso (v. 

D’Agostini 2002), incominciano con il nichilismo e il relativismo dei sofisti, nel V e IV secolo a. C.

Esse ricompaiono poi in età tardo-moderna, alla fine dell’Ottocento, quando Nietzsche lancia l’idea del 

«nichilismo» come «fine del mondo vero». Quindi si ripresentano verso la metà del secolo successivo, 

quando ci si accorge che i media distorcono sistematicamente la realtà e Guy Debord proclama 

l’avvento della «società dello spettacolo» (Debord 1967). Infine culminano nella «Nietzsche- 

Renaissance» degli ultimi decenni del secolo, da cui è sorto il postmodernismo, come un movimento di 

interpretazione del presente che tentava di dare una valutazione ‘affermativa’ della crisi della modernità 

(Vattimo 1985).


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