martedì 7 ottobre 2025

Francia. La logica muscolare

Eric Jozsef
Crisi di governo in Francia, il Mattarella che manca a Parigi

La Stampa, 7 ottobre 2025

Emmanuel Macron ha messo la pistola sul tavolo. Il presidente della Repubblica francese ha dato al primo ministro dimissionario, Sébastien Lecornu, quarantotto ore per trovare una maggioranza e ha chiarito che, in caso di stallo, premerà il grilletto per sciogliere la Camera dei deputati. Si tratta di una minaccia diretta ai partiti. Nonché un’ammissione di fallimento per l’intera classe politica francese, che non è riuscita a tirarsi fuori dalla crisi imparando a scendere a compromessi. Parigi, stavolta, avrebbe dovuto guardare all’Italia.

La Francia annaspa oggi in una situazione politica mai sperimentata nella Quinta Repubblica: un’Assemblea Nazionale divisa in tre grandi gruppi (con tante divisioni al loro interno) nessuno dei quali capace di garantire una maggioranza, un parterre di partiti politici che rifiuta il compromesso ostinandosi a porre come condizione per governare l’attuazione degli elementi essenziali del proprio programma e, più in generale, una classe dirigente inadatta e fuori della realtà. 

Prova ne siano i repubblicani (post-gollisti) responsabili di aver provocato la crisi nella convinzione che ci fossero troppi macronisti al governo e i socialisti che, in cambio della prospettiva di non censurare il nuovo esecutivo, hanno semplicemente aumentato le loro richieste sulla questione delle pensioni e della tassazione dei più ricchi.

Dietro queste posizioni intransigenti e di parte si nasconde la prospettiva delle Presidenziali del 2027 (alle quali Emmanuel Macron non potrà ricandidarsi) che alimentano faide e ambizioni personali.

La responsabilità della crisi ricade però anche sui vertici dell’esecutivo. Il primo ministro dimissionario Lecornu, che aveva promesso una «rottura» con i governi precedenti, ha presentato domenica sera una squadra in linea del tutto con quella di François Bayrou, censurato il mese scorso. Su 18 ministri, ben 12 hanno mantenuto il loro incarico.

L’altro grande colpevole, ora spalle al muro nell’isolato Palazzo dell’Eliseo, è il presidente Macron, che nel giugno 2024 ha deciso di sciogliere la Camera - una scelta disastrosa come lui stesso ha riconosciuto - insistendo fino alla fine affinché il suo partito, Renaissance, forte di appena 91 deputati su 577, fosse il fondamento di qualsiasi governo. Minacciando ieri un altro scioglimento, Macron non si è discostato da questa logica politica muscolare. 

Non ha preso in considerazione la proposta del suo ex primo ministro Gabriel Attal di nominare un “negoziatore” per riunire i partiti politici attorno a un tavolo, cercare di elaborare un programma minimo di governo basato su compromessi e solo allora proporre il nome di un capo del governo.

Non ha voluto insomma prendere spunto dall’Italia, dove il presidente della Repubblica è un arbitro e non una sorta di monarca democratico che decide a piacimento chi designare al ruolo di primo ministro. Nelle prossime 48 ore, Sébastien Lecornu potrebbe svolgere questo ruolo di “negoziatore” e rinunciare ad essere il futuro primo ministro, ma la crisi è senza dubbio già molto profonda.

Un’altra soluzione “all’italiana” potrebbe essere la nomina all’ultimo minuto di un governo tecnico, almeno per il tempo necessario a far approvare la legge finanziaria, mettere a posto i conti e rassicurare gli ambienti finanziari. Politicamente discutibile, questo escamotage ha tirato più volte l’Italia fuori dalla crisi. Un esperimento che non è mai stato tentato in Francia.

Entrambe le soluzioni italiane – un negoziatore o un governo tecnico – implicherebbero un cambiamento radicale nella prassi politica francese. E oggi a Parigi questa prospettiva sembra impossibile. Fino a poco tempo fa però, pareva altrettanto impossibile che i titoli di Stato francesi potessero essere considerati più rischiosi di quelli italiani.

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