sabato 6 settembre 2025

Ringhio Gattuso ce la fa


Cinque gol all'Estonia. Ringhio parte a tutta
Avvenire, 6 settembre 2025

Buona la prima per Ringhio Gattuso sulla panchina dell'Italia. La Nazionale mette voglia e grinta in campo e si impone 5-0 con la manita*all'Estonia nella terza gara del gruppo I delle qualificazioni europee per i prossimi Mondiali 2026, portandosi a sei punti dietro a Norvegia e Israele, prossimo avversario degli azzurri. Una nazionale schierata dal ct a trazione anteriore, con un 4-2-4 molto offensivo, con Moise Kean al fianco di Retegui e con Zaccagni e Politano sugli esterni. Quindi nonostante l'assenza di Scamacca per infortunio, il ct mette dal 1' entrambi i centravanti a sua disposizione e proprio Kean sblocca la gara e Retegui sigla una doppietta, dopo tanta imprecisione nel primo e un portiere estone Hien grande protagonista. La gara viene poi sigillata da Raspadori, da poco entrato nella ripresa e da Bastoni nel finale. In mezzo al campo ottima la regia di Tonali e Barella, con una difesa attenta composta da Di Lorenzo, Bastoni, Calafiori e Dimarco a protezione di Donnarumma, superlativo nell'unica occasione dell'Estonia. Lunedì, in Ungheria (campo neutro), la nostra Nazionale sfiderà Israele.

* La "manita", il gesto con la mano che sta ad indicare le 5 reti, potrebbe divenire a breve un tormentone, con i calciatori atti a riprodurre il gesto nel caso in cui raggiungano l'incredibile cifra durante un match.

Giulia Zonca

Emozione, pazienza, sospiro.
Gattuso: “La prima è andata”
La Stampa, 6 settembre 2025

BERGAMO. Gattuso si sblocca insieme con la partita tra il gol e il palo di Kean, quando dà le spalle al campo e mulina con le braccia per alzare il volume del tifo: «Conta la felicità della gente, dobbiamo far tornare l’entusiasmo». Lì, si concede di essere quello che il pubblico si aspetta: un trascinatore, anche se il tecnico sa bene di non poter fare il deejay dell’Italia. Sarebbe bello stare lì a mixare le emozioni, necessarie per rianimare il coinvolgimento, verrebbe spontaneo interagire con le vibrazioni dei presenti, mostrare sentimenti invece Gattuso li dosa perché il lavoro è un altro.

Fino all’inno è tutto facile, sembra il 2006: Gattuso a occhi chiusi che urla, Buffon che al fischio di inizio gli si mette accanto, stretto stretto, il tifo che scandisce il nome dell’ultimo ct della nazionale come quando lui giocava e i cartelloni «Ringhio Star». Si coccola il passato, però con quello si resterebbe fermi, aggrappati ai ricordi e Gattuso prova subito ad aggiornare la sua immagine, in accordo con il ruolo. Basta dare una sguardo al primo lenzuolo che lo saluta: «Ringhio portaci al Mondiale» e lui questo deve fare. È il motivo per cui è stato chiamato, la missione dichiarata e non intende votarsi alla passione, alle rimesse in campo immediate, che pure sfoggia. Vuole guidare questo gruppo: «Bisogna ringraziare i ragazzi, gli va dato merito per il lavoro di questi giorni, mi hanno dato subito tanto, sono stati bravi».

Per l’intera serata sta in bilico tra il trasporto e il comando. Mani quasi sempre sui fianchi, accampato al limite della panchina, una certa insofferenza per quel groviglio di possesso che non diventa mai gol e infatti per tutto il primo tempo si trattiene, come se non volesse trasmettere una foga che non può essere la cifra della rincorsa alla qualificazione. Ha ereditato una classifica difficile da cambiare ed è più sano costruire un carattere che ribaltare la situazione. Più naturale sciogliere i dogmi e liberare il talento. A tratti esce la stizza per le occasioni mancate, quando Kean ha la palla buona per allentare la tensione, Gattuso saltella e fa ciondolare la serie di braccialetti: «Ho avuto paura, ci sono cose da aggiustare ma sono contento». Da lì sono solo applausi, per ognuno dei cinque gol perché a quanto pare gli azzurri sanno anche firmare una goleada. Non sta nel Dna eppure succede e capita all’esordio di un nuovo tecnico: «La prima è andata», Gattuso lo dice in un sospiro in cui liberare ogni preoccupazione accumulata.

Non è successo nulla, ma si è mosso qualcosa e gli si apre un sorriso di sicuro orgoglio quando i 20 mila iniziano a cantare «Dove è la vittoria». Un accenno di complicità che Gattuso smorza quasi subito con qualche indicazione. 

È il terzo allenatore dell’Italia che nei 2000, meglio stare alla statistica recente, vince all’esordio dopo Conte e Mancini. Loro avevano più tempo per organizzare gioco e squadra, a Gattuso serviva un successo così: smaccato, evidente, tondo, immediato. Era senza alternative e lui stesso trasferisce l’intesa con i giocatori sull’obbiettivo pressante: «Si prendono mazzate da due Mondiali... non è scontato vincere quando devi essere tanto offensivo». Tattica e psicologia perché non solo gli schemi in campo dovevano essere per forza votati al potenziale dominio, l’urgenza era diffusa. L’Italia l’ha placata. Che sia merito della serenità ritrovata nel gruppo, che l’Estonia non sia certo un avversario impossibile (ma ce ne sono stati tanti altri trasformati in paura) adesso non conta. Il primo passo è nella direzione giusta con l’andatura perfetta, dentro uno stadio gratificato dal risultato e va bene così. C’è un’altra partita a breve e si porta dietro ulteriori carichi di tensione: «Stanno succedendo cose incredibili che fanno male solo a sentirle, ma che possiamo fare? Abbiamo solo la sfortuna di giocare contro Israele».

Gattuso non si è scatenato come forse qualcuno si aspettava, probabile che non intenda farlo fino a che la missione non sarà compiuta: «Portarci al Mondiale». Il traguardo è distante (o vicino) quanto prima, solo che vedere cinque gol conforta. Sulla panchina azzurra adesso si sta un filo più comodi, però si continua a rimanere vicini vicini. Senza scomporsi. Non ora, «la prima è andata, però bisogna tornare a essere maestri».


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