Diego Motta
"L'attacco al Qatar deve preoccuparci. Netanyahu è fuori controllo"
Avvenire, 11 settembre 2025
«Il mondo ha vissuto per 80 anni in pace grazie a un accordo tra le grandi potenze che era basato sulla prevedibilità dei loro comportamenti. Oggi tutto questo non esiste più. Perciò i fronti di guerra si moltiplicano». Franco Bernabé è stato uno dei più grandi manager italiani e ammette di essere molto preoccupato dall’incertezza globale. «Non è chiaro cosa vogliano gli Usa di Trump, che da uomo d’affari continua a muoversi nello scacchiere internazionale secondo l’unico schema che conosce: l’imprevedibilità. L’esatto contrario, appunto, di ciò che accadeva in passato nelle relazioni tra grandi potenze». In cima ai suoi timori c’è quel che è accaduto due giorni fa in Qatar, che «ha riflessi anche sull’Italia». Poi l’instabilità ormai manifesta sul fronte est dell’Europa, confermata dall’intimidazione russa in Polonia. Dopo, soltanto dopo, la vecchia Europa, con le nuove convulsioni d’Oltralpe, «la situazione molto difficile della Francia di Macron» e la debolezza strutturale della Germania e dell’Europa. «Ma vorrei partire – premette Bernabé - da quel che è accaduto a Doha, che può portare a conseguenze nefaste per il mondo».
Perché?Perché ci sono rischi drammatici di un ampliamento dell’instabilità nella regione. Il raid di Tel Aviv ha una portata molto vasta. Su quell’azione, mi è chiarissimo quel che vuole Israele, cioè la distruzione fisica dei leader di Hamas ovunque essi si trovino. Non mi è invece chiaro cosa vogliano gli Stati Uniti. È impossibile che non sapessero di un’operazione come quella voluta da Netanyahu, che ha portato i suoi F35 a bombardare un bersaglio che si trova a pochissimi chilometri di distanza dalla più grande base Usa in Medioriente. Do per scontato che ci sia stata un’autorizzazione americana all’operazione, nonostante i distinguo della Casa Bianca. C’è però un altro punto ed è quello messo in luce da un’analisi pubblicata dall’American Enterprise Institute.
Cosa dice questa analisi?
Afferma che se l’obiettivo era distruggere qualsiasi soggetto che abbia rapporti con Hamas, allora il piano di Israele non è terminato e bisogna guardare in direzione della Turchia, più volte accusata di sostenere il movimento fondamentalista palestinese. Il capo di Hamas, Ismail Hanyeh, è stato ricevuto da Erdogan diverse volte prima di essere ucciso. È evidente però che, a quel punto, un’eventuale offensiva contro Istanbul ci porterebbe davvero sull’orlo della Terza guerra mondiale, perché la Turchia reagirebbe con tutta la forza del suo apparato militare.
Perché l’attacco in Qatar rischia di chiamare in causa anche l’Italia?
Perché parliamo di un Paese fondamentale per le strategie di Eni, che gestisce una parte della più importante struttura geologica del mondo in termini di potenzialità legate al gas. Proprio Eni ha siglato nell’ottobre 2023 un accordo per lo sviluppo di un progetto gigantesco, il Northfield East, che vale solo per la quota italiana 1,5 miliardi di metri cubi di Gnl. Peraltro, nel mercato dei nostri fornitori, il Qatar sarà paradossalmente in concorrenza con il gas americano. È una situazione molto delicata per i nostri approvvigionamenti.
Questo scenario all’insegna della massima incertezza si può spiegare solo con la follia bellica di Netanyahu e il collateralismo americano, o c’è dell’altro?
Senza dubbio, il leader israeliano è fuori controllo. Però la sua strategia di annientamento, a partire da Gaza, si inserisce in un contesto del tutto nuovo. Qui torniamo alla logica della deterrenza, che non c’è più, con un sistema a due blocchi che era pensato in modo tale che tutti i soggetti coinvolti sapessero preventivamente come reagire in caso di attacco. Una volta, i servizi segreti americani e gli 007 sovietici si parlavano, strategie e regole d’ingaggio militari venivano dichiarate preventivamente. Era un modo per garantire la pace e il Qatar, se veniamo ai giorni nostri, si è mosso ancora in quella prospettiva: ha regalato un super-aereo a Trump, ha fatto investimenti colossali negli Stati Uniti, università comprese, pur mantenendo un’ambiguità strategica. Trump ha rovesciato completamente quella impostazione e gli altri attori si sono adeguati. Il risultato è che oggi, in Medioriente, è stata cancellata definitivamente la formula dei “due popoli e due Stati” senza peraltro avere un’idea della fine che faranno i due milioni di palestinesi di Gaza e i tre milioni della Cisgiordania.
È una discontinuità storica di cui anche la vecchia Europa sembra essere vittima.
L’Europa attraversa una fase di massima debolezza strategico-politica. Von der Leyen non ha un grande sostegno, è stata voluta da Macron quando i tedeschi stessi non la volevano. Oggi, come vediamo, la Francia è in una situazione politicamente ed economica molto difficile e anche la Germania è malmessa. I droni russi in Polonia, che colpiscono un’area non coinvolta dalla guerra nel Donbass, fanno il paio con gli incidenti sospetti ai cavi sottomarini delle aziende di telecomunicazioni e con le interferenze nelle comunicazioni aeree di cui è stata vittima la stessa presidente della Commissione. Se uniamo le tensioni sul lato Est del Vecchio continente alle pressioni in corso nel Baltico, è evidente la tentazione russa di sondare la capacità di reazione europea, sullo sfondo di una possibile guerra globale.
.webp)
Nessun commento:
Posta un commento