Gianluca Mercuri
Il Punto del Corriere della Sera
27 settembre 2025
Buongiorno.
«Il valore della vita umana, che sembra aver perso ogni significato a Gaza, dove viene gravemente calpestato con disumane sofferenze per la popolazione, richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona. A questo scopo e al fine di salvaguardare il valore dell’iniziativa assunta - valore che si è espresso con ampia risonanza e significato - appare necessario preservare l’obiettivo di far pervenire gli aiuti raccolti alla popolazione in sofferenza.
Mi permetto di rivolgere con particolare intensità un appello alle donne e agli uomini della Flotilla perché raccolgano la disponibilità offerta dal Patriarcato Latino di Gerusalemme - anch’esso impegnato con fermezza e coraggio nella vicinanza alla popolazione di Gaza - di svolgere il compito di consegnare in sicurezza quel che la solidarietà ha destinato a bambini, donne, uomini di Gaza».
È bene leggerlo tutto, come sempre, Sergio Mattarella, i cui interventi non hanno mai nulla di scontato e tantomeno di notarile. Il presidente della Repubblica si conferma il leader capace di fare sintesi e rappresentare tutti, senza mai rinunciare alla difesa dei principi fondamentali e alla loro traduzione in atti che li salvaguardino.
E dunque il capo dello Stato, nel ricordare le «disumane sofferenze» della popolazione di Gaza, ha voluto sottolineare ancora una volta l’inaccettabilità del massacro e della deportazione di massa che sta attuando Israele.
Ha aggiunto che quella della Flotilla non è l’avventura irresponsabile di qualche esaltato, ma un’iniziativa di «valore», purché si attenga alla missione di (fare) recapitare alla popolazione gli aiuti raccolti. E dunque, la vita dei volontari non sarà in pericolo se accetteranno l’offerta di intervento del cardinale Pizzaballa, il Patriarca di Gerusalemme, che ha tutte le capacità diplomatiche per gestire una situazione incandescente.
L’appello di Mattarella è stato inizialmente respinto dalla Flotilla, ma sono in corso colloqui che potrebbero portare a una soluzione. Intanto, è fondamentale notare che la mossa del presidente ha stemperato la polemica tra governo e opposizione dopo oltre due settimane di scambi durissimi, iniziate con l'onda dell'omicidio di Charlie Kirk in Amerca e culminate nella grande protesta di piazza pro-Palestina e negli scontri provocati da frange violente organizzate. Un clima che tornerebbe con ogni probabilità a surriscaldarsi in caso di attacco israeliano alla Flotilla.
Benvenuti alla Prima Ora di sabato 27 settembre.
L’appello di Mattarella e i suoi effetti
Le reazioni, gli scenari, i rischi: punto per punto.
- Il retroscena della telefonata È quella tra i due presidenti. Mattarella e Meloni si sono sentiti per cercare di scongiurare le conseguenze drammatiche che potrebbe avere l’ingresso della flotilla nelle acque di Gaza. «I volontari rischiano di brutto», ha detto nei giorni scorsi nelle riunioni di governo il ministro della Difesa Guido Crosetto, paventando reazioni di Israele e strumentalizzazioni di Hamas. La premier, furiosa con i volontari, teme però per le loro vite e le conseguenze interne e internazionali di eventuali incidenti. Preoccupazioni perfettamente condivise dal Quirinale.
- Ma chi ha chiamato chi? Può sembrare un dettaglio pettegolo, ma è importante. Da una parte Palazzo Chigi nega di avere sollecitato l’intervento del capo dello Stato, ma «fonti dell’esecutivo - rivela Monica Guerzoni - accreditano invece che la premier abbia chiamato Mattarella, consapevole che un appello del governo verrebbe respinto dai vertici della Flotilla senza alcuna speranza di ripensamenti».
- Perché è importante? Perché fino a due giorni fa Meloni aveva usato toni durissimi, definendo la missione dei volontari «irresponsabile» e affermando che «quello che accade in Italia non ha come obiettivo alleviare la sofferenza della popolazione di Gaza, ma attaccare il governo italiano». Ieri, invece, la premier ha cambiato registro: «In questa fase è fondamentale lavorare per garantire l’incolumità delle persone coinvolte e non assecondare chi vuole forzare il blocco navale israeliano. Una scelta che sarebbe estremamente pericolosa». Toni molto più misurati, giudicabili da diverse angolature: la leader della destra fatica sempre a calarsi nel ruolo di leader della Nazione; oppure: nel giro di 24 ore ha capito che doveva spegnere il fuoco e non attizzarlo, la statista ha prevalso sulla capo-fazione.
- L’ammorbidimento dell’opposizione Fatto sta che l’appello di Mattarella ha placato anche le sinistre, fino a ieri partecipi dello scontro con i loro principali leader, la segretaria del Pd Elly Schlein («A Meloni dico che è irresponsabile aver trascinato l'Italia sulle posizioni di Netanyahu») e il capo dei 5 Stelle Giuseppe Conte («Meloni patriota al contrario»). Ieri, toni diversi. Per il Pd ha parlato Peppe Provenzano: «Le parole del presidente sono importantissime, riconoscono l’alto valore della missione e rinnovano la condanna per le disumane sofferenze della popolazione di Gaza». E Conte ha invitato i volontari italiani «a un supplemento di riflessione sull’appello di Mattarella. In ogni caso qualunque decisione prenderanno avranno sempre il mio sostegno».
- E Meloni ringrazia Sì, fino a ieri sarebbe apparso un titolo di fantapolitica e invece l’ha fatto davvero, su X: «Rivolgo un ringraziamento ai partiti e agli esponenti di opposizione che, raccogliendo le sagge parole del presidente Mattarella - al quale siamo grati - hanno invitato gli attivisti della Flotilla ad accettare le soluzioni alternative proposte e in particolare a consegnare gli aiuti a Cipro, al Patriarcato di Gerusalemme».
- È tutto effetto Mattarella? Senza ombra di dubbio: sì. Spiega Monica: «L’appello del presidente è stato per ora respinto dai naviganti della Flotilla, ma ha raggiunto un primo obiettivo per nulla scontato: far scendere di parecchi decibel il livello dello scontro politico. Prova ne sia la dichiarazione finalmente distensiva messa nero su bianco da Meloni. La tensione politica aveva toccato acuti insostenibili e averne abbassato il livello è già, per il Quirinale, un buon risultato».
- La Flotilla dice no ma tratta La missione internazionale, che – è bene ricordarlo – non è una missione italiana ma raduna 500 persone di 44 Paesi sparse in 51 imbarcazioni – ha ufficialmente respinto l’appello di Mattarella: «Noi siamo pronti a valutare delle mediazioni – ha fatto sapere la portavoce Maria Elena Delia, 55 anni, torinese, insegnante di matematica e fisica – ma non cambiando rotta perché significa ammettere che si lascia operare un governo in modo illegale senza poter fare nulla». Ma in serata Delia è partita per l’Italia «al fine di condurre un dialogo diretto con le istituzioni per garantire l’incolumità dei membri italiani dell’equipaggio e il raggiungimento degli obiettivi della missione nel rispetto del diritto internazionale». Il negoziato va avanti, insomma. Ma su cosa?
- La mano della Chiesa C’è l’iniziativa del capo dei vescovi italiani, Matteo Zuppi, e del Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, due grandi cardinali, già papabili, due grandi uomini di pace. L’idea è quella di fare sbarcare gli aiuti della Flotilla a Cipro e da lì nel porto israeliano di Ashdod e poi a Gaza. E’ un meccanismo collaudato, che ha già fatto arrivare tonnellate di aiuti nella Striscia.
- Perché la Flotilla dice no? Perché lo scopo della missione è umanitario (gli aiuti) ma anche politico: costringere i governi a prendere iniziative di protezione dei propri cittadini e misure economiche contro Israele, uscire dallo stallo delle condanne di routine e delle stragi che continuano, tenere viva l’attenzione mondiale sulla tragedia di Gaza. Dice Delia a Monica Sargentini:
«Noi siamo dispostissimi a trovare un corridoio umanitario, che vorremmo fosse permanente, però questo non può essere un’alternativa a poter percorrere liberamente delle acque internazionali. Stiamo cercando di mettere in evidenza una stortura».
E ancora: «Israele potrebbe garantire che una volta al mese si apra un corridoio navale affinché le navi dell’Onu, non quelle della Flotilla, possano portare via mare degli aiuti».
Ma cosa chiede la Flotilla al governo? «Che ci ascoltino un po’ di più, magari così capirebbero che non siamo dei provocatori ma stiamo cercando di un puntare un faro sul genocidio che è in atto da due anni. Noi nasciamo da questo».
- Quali sono i rischi? L’Italia ha mandato due navi che ovviamente non forzeranno il blocco israeliano, ma presteranno soccorso in caso di scontri. Quelli che paventa il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Non li faranno passare. Ho parlato con il ministro degli Esteri israeliano. Abbiamo detto che con gli scanner garantiremo che non hanno armi a bordo. Ma loro pensano che sulle navi ci sia gente legata ad Hamas. E noi possiamo garantire per gli italiani, non per gli altri. Anche se siamo pronti ad aiutare le navi non italiane». Il rischio è alto: «La nostra Marina è pronta a intercettare la Flotilla», avvertono le Forze di difesa israeliane.
- Il precedente del 2010 Quindici anni fa, la Mavi Marmara, una delle navi di un’altra flottiglia di aiuti, fu abbordata dagli israeliani e dieci attivisti furono uccisi. Benedetta Scuderi, europarlamentare di Avs sentita da Alessandro Trocino per la nostra Rassegna, pare tranquilla: «Il caso del 2010 è isolato. Allora gli attivisti non erano formati e reagirono alle forze israeliane. Noi siamo addestrati, c'è stato un training. E nel corso degli ultimi anni ci sono stati solo abbordaggi e arresti».
- L’attesa in Italia È chiaro che in caso di incidenti nel Mediterraneo il clima tornerebbe pericolosamente teso. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi prefigura proteste massicce: «Mancano pochi giorni perché la Flotilla arrivi in zona critica. Ci stiamo organizzando per le principali piazze italiane».
D’altra parte, il segretario della Cgil Maurizio Landini, spiazzato dal grande successo dello sciopero per Gaza organizzato lunedì dai sindacati di base Usb, vuole riprendere l’iniziativa: «Se la Flotilla verrà attaccata scatenerò lo sciopero generale». Ma l’Usb non intende certo lasciargli la scena: il suo prossimo sciopero generale sarà «senza preavviso».

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