Che c’entra Tony Blair con la Striscia di Gaza
Il Post
Nel suo piano per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza, presentato lunedì, il presidente statunitense Donald Trump ha previsto la creazione di un “Consiglio di pace” internazionale che dovrebbe di fatto governare ad interim l’intera Striscia. Questo Consiglio dovrebbe essere presieduto da Trump stesso, ma poiché è probabile che la sua carica sia soprattutto onorifica, molte attenzioni si sono concentrate sull’unica altra persona che Trump ha nominato come parte del gruppo: l’ex primo ministro britannico Tony Blair.
Se il piano dovesse avere successo c’è la possibilità che Blair, in quanto membro più importante del Consiglio dopo Trump, potrebbe finire per esercitare una notevole influenza sulla Striscia di Gaza. A seconda di quanto ampi saranno i poteri del Consiglio (i dettagli sono ancora scarsi), potrebbe finire perfino per governarla ad interim. Sarebbe una svolta peculiare, visto che le iniziative di Blair nella regione sono spesso state criticate e discutibili.
Blair ha 72 anni ed è stato primo ministro britannico tra il 1997 e il 2007, con il partito laburista, di centrosinistra. Si è occupato di Medio Oriente per gran parte della sua carriera politica, quasi sempre tra grosse controversie. Quando era al governo nel Regno Unito sostenne le guerre in Afghanistan e in Iraq iniziate dall’allora presidente americano George W. Bush. Oggi quelle guerre sono generalmente considerate un fallimento. Il fatto che Blair, un politico di centrosinistra, abbia seguito in ogni modo il Repubblicano Bush in quei fallimenti è ancora un problema per la sua reputazione internazionale, soprattutto a sinistra.
Lo stesso giorno in cui diede le sue dimissioni da primo ministro, nel giugno del 2007, Blair annunciò che sarebbe diventato “inviato speciale” del Quartetto per il Medio Oriente, un gruppo creato qualche anno prima e composto dai rappresentanti di Nazioni Unite, Stati Uniti, Unione Europea e Russia. Il Quartetto aveva il compito di trovare soluzioni per il conflitto israelo-palestinese e Blair ne divenne l’esponente più prestigioso e il capo negoziatore.
Lasciò l’incarico nel 2015, e in quasi dieci anni di attività non ottenne particolari successi, e anzi fu contestato dalla leadership palestinese per la sua vicinanza a Israele.
Negli anni successivi Blair ha continuato a occuparsi di Medio Oriente, e in particolare di conflitto israelo-palestinese, tramite la sua organizzazione non profit, il Tony Blair Institute for Global Change. Approfondì anche i contatti con vari paesi arabi e stabilì una relazione personale con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che governa in maniera autoritaria il suo paese e tra le altre cose è stato accusato dell’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi.
Nell’ultimo decennio Blair si è anche avvicinato all’amministrazione Trump. Ha lavorato soprattutto con Jared Kushner, il genero di Trump che durante il primo mandato (2017-2021) era stato suo consigliere per il Medio Oriente. Nel secondo mandato ha un ruolo più secondario ma ha comunque continuato a occuparsi della regione, dove la sua famiglia ha notevoli interessi economici. Il coinvolgimento di Blair nel “Consiglio di pace” di Trump è il risultato di questo avvicinamento.
Dopo che Trump, assieme al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha annunciato lunedì il suo piano per Gaza, Blair l’ha definito «coraggioso e intelligente». I giornali britannici hanno scritto che lui sarebbe disposto ad assumere un ruolo a Gaza.
Benché l’attuale primo ministro britannico Keir Starmer, un laburista, abbia approvato il piano di Trump, c’è un certo scetticismo dentro al partito su Blair. «Penso che sia un’idea terribile, e molti colleghi che come me hanno a cuore la Palestina pensano che sia un’idea terribile», ha detto al Financial Times un deputato laburista, parlando del coinvolgimento dell’ex primo ministro.
https://www.theguardian.com/world/2025/sep/30/fatal-flaws-analysts-cast-doubt-on-tony-blair-plan-for-future-of-gaza

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