mercoledì 17 settembre 2025

Sospetti senza prove


Mario Di Vito
Congetture, non indizi. Così il riesame stronca l'inchiesta di Milano

il manifesto, 17 settembre 2025

Senza prove le inchieste hanno vita breve. Senza «gravi indizi» nemmeno riescono a partire. Il filone inaugurato quest’estate dalla procura di Milano sul sacco urbanistico della città, quello a base di corruzione oltre che di abusi edilizi, si è schiantato davanti ai giudici del riesame: l’annullamento di tutte le misure cautelari richieste dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dai sostituti Paolo Filippini, Marina Petruzzella e Mauro Clerici, e in un primo momento approvate dal gip Mattia Fiorentini, era notizia di Ferragosto e il discorso era rimasto appeso a una domanda: mancavano gli indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari? La risposta è arrivata ieri, con le motivazioni: erano assenti sia i primi sia le seconde.

I PROVVEDIMENTI depositati dal collegio Pendino-Ghezzi-Papagno riguardano due dei sei arrestati di luglio – l’architetto e membro della Commissione paesaggio del Comune Alessandro Scandurra e il costruttore Andrea Bezziccheri -, gli altri arriveranno, ma l’orientamento è già chiaro: indizi deboli, conclusioni arbitrarie, congetture, salti logici, nessi mancanti. Forse il passo fatto dagli inquirenti in direzione della corruzione è stato più lungo della gamba e quella che sembrava l’offensiva finale contro il «sistema» urbanistico alla fine rischia solo di aver trasformato gli indagati in martiri. O almeno – e questo è certo – è così che loro stessi si descriveranno da qui in avanti.

PER SCANDURRA, accusato di aver preso soldi per portare la Commissione paesaggio ad approvare alcuni progetti , i giudici evidenziano come l’ipotesi della corruzione difetti dei suoi «elementi essenziali». Perché «le complessive emergenze processuali non hanno dimostrato» che tra lui e gli imprenditori (in particolare Bezziccheri e Manfredi Catella) «si sia formata e fosse persistentemente operativa una convenzione». Di più, i termini di questa «convenzione» sarebbero stati solo «dedotti dal gip con ragionamento congetturale». In altre parole: aver ricevuto un incarico non prova di per sé la corruzione. Anzi, «tutte le corresponsioni di denaro sono correlate ad attività professionale effettivamente prestata e regolarmente contabilizzata». Scandurra, insomma, «ha svolto i suoi incarichi per i quali ha ricevuto il giusto compenso» e «non vi è traccia di sovrafatturazioni o di fatture false».

DA QUESTA evidenza, dunque, non può in alcun modo derivare «la vendita della funzione pubblica e l’atto contrario ai doveri d’ufficio». E quindi il ragionamento del gip, secondo il quale «il rapporto economico diviene automaticamente prova del dovere di astensione e la sua violazione diventa prova dell’accordo corruttivo», per il riesame è una «semplificazione argomentativa svilente».

Il piano fattuale allora è un percorso sconnesso, «confuso»: manca, per Scandurra, «l’elemento soggettivo del reato» e «non sono stati affatto dimostrati» i modi con cui l’architetto avrebbe orientato il parere del resto della Commissione paesaggio. Non risultano infatti «evidenze di indebite pressioni».

ALTRE BORDATE arrivano sul profilo formale dell’inchiesta: i giudici concedono che «la disciplina del conflitto di interessi» è di certo «connotata da indubbi profili di lacunosità e ambiguità» ma aggiungono che il gip avrebbe del tutto trascurato questa circostanza e «anziché affrontare il tema con argomentazioni più ficcanti, ha biasimato gli indagati accusandoli di volersi trincerare dietro il regolamento edilizio del Comune».

Demolita anche la parte dell’indagine sul Pirellino, dove è coinvolto anche il sindaco Giuseppe Sala. «La ricostruzione del giudice di prime cure non è corretta», dice il riesame, perché «il prezzo della corruzione» tra Scandurra e la Coima di Catella, e cioè una fattura da 29mila euro per una consulenza, era relativa a lavori pregressi, tanto che la difesa dell’architetto è anche riuscita a produrre numerosi solleciti di pagamento inoltrati all’azienda. In conclusione, «tutta l’attività di Scandurra viene ammantata da un velo di opacità e la sua condotta definita smaccata e perniciosa senza alcuna evidenza probatoria». Stesso discorso per il costruttore Bezziccheri: gli elementi a sostegno dell’accusa di corruzione sono «poco esaustivi», se non «ricorrendo a congetture». Da qui anche la conclusione che spedirlo in carcere – unico dei sei – è stata una misura «del tutto sproporzionata», anche rispetto alla sua posizione processuale.

ADESSO si attendono le motivazioni dell’annullamento delle misure cautelare degli altri quattro indagati di luglio (l’ex assessore Giancarlo Tancredi, Catella, l’ex presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni e il manager Federico Pella), ma il percorso è segnato. Anche se la procura, come ultimissima carta, tenterà il ricorso in Cassazione, la questione urbanistica meriterebbe di essere portata fuori dalle aule di giustizia. Perché non è davanti a un giudice che si può decidere in quale tipo di città si vuole vivere.

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