mercoledì 10 settembre 2025

Il tennis spettacolo. Un lamento

Battista Gardoncini
Quando il tennis era eleganza

Oltre il ponte, 9 settembre 2025

Come è andata in campo l’abbiamo visto tutti: Alcaraz è stato devastante e Sinner, alle prese con una prima palla di servizio che proprio non voleva entrare, ha commesso errori per lui insoliti. Con la vittoria a Flushing Meadows lo spagnolo è tornato con pieno merito  in vetta alla classifica ATP, ma all’italiano resta la consolazione di essere l’unico tennista al mondo in grado di batterlo come ha fatto a Wimbledon, e scusate se è poco.

Detto questo, visto che in gioventù ho passato molte ore a maltrattare palline sulla terra rossa e ad ammirare dalle tribune i grandi del mio tempo — Rod Laver, credetemi, non era male —  consentitemi qualche considerazione sul tennis di oggi, che personalmente mi lascia un po’ perplesso.

Per prima cosa è troppo veloce, quasi violento. Con le nuove racchette, le nuove incordature e le nuove superfici di gioco si è trasformato in uno sport dove la potenza conta più del tocco, il servizio è diventato fondamentale e i giocatori alti sono molto avvantaggiati: non è certo un caso che nella top cento i giocatori sotto il metro e ottanta siano pochissimi. Non c’è niente di male in questo, anzi è nella logica delle cose. Un fisico prestante aiuta in tutti gli sport.  Ma io non riesco a togliermi dalla testa che nel tennis attuale perfino un artista della racchetta come Laver, che superava di poco il metro e settanta, avrebbe rischiato di perdere contro un rozzo “bombardiere” come Shelton. E mi dispiace che nelle scuole venga insegnato ai ragazzini l’orribile rovescio a due mani, invece di prendere ad esempio la straordinaria eleganza del rovescio di Federer.

Purtroppo nel tennis attuale l’eleganza non è più di casa. Senza arrivare agli estremi di Wimbledon, che impone agli atleti di vestire il classico bianco delle origini, un po’ di misura non guasterebbe. Invece in tutti gli altri tornei, complici le pressioni degli sponsor, campioni e campionesse sfoggiano canotte sbracciate e audaci accostamenti di colori improbabili. Molti giocatori, poi, provvedono anche a un adeguato commento sonoro, accompagnando i colpi con urla, gemiti e gridolini che secondo alcuni dovrebbero favorire il coordinamento del gesto atletico. Resta da spiegare come facessero i tennisti di un tempo a coordinarsi altrettanto bene senza grugnire, senza improvvisare balletti in mezzo al campo e senza sollecitare gli applausi di un pubblico che non ha bisogno di essere aizzato per dare il peggio di sé. I VIP di Flushing Meadows, che camminavano sugli spalti durante il gioco, erano molto fastidiosi, ma anche al Roland Garros e al Foro Italico se ne vedono delle belle. 

Del resto, è normale che il tennis trasformato in spettacolo attragga anche persone incompetenti, che non hanno mai preso in mano una racchetta e si comportano come il più becero dei tifosi del calcio. Meno normale è che siano accecati dal tifo anche molti di coloro che scrivono di tennis sui giornali, e che dovrebbero fornire al pubblico gli strumenti per capire quello che accade in campo, anziché glorificare sempre e comunque l’idolo di casa. Questo però è un problema che riguarda la stampa italiana nel suo complesso, non soltanto il giornalismo sportivo.

Una diretta conseguenza del tennis spettacolo è che si gioca troppo, perché i soldi fanno gola e un calendario fitto è nell’interesse dei giocatori, dei manager, degli organizzatori, degli sponsor, e anche della programmazione televisiva. Ma l’usura dei campioni è sempre in agguato: gli infortuni sono diventati la norma, e non c’è torneo dove i risultati non vengano falsati dai ritiri. Nei team dei più forti ci sono i preparatori atletici con i loro sofisticati programmi di allenamento, gli esperti di tattica, i massaggiatori, a volte i guru della mente, ma la storia di altri sport insegna che dove c’è l’usura è anche forte la tentazione di combatterla ricorrendo a mezzi illeciti. Senza entrare nel merito della controversa vicenda che ha coinvolto Sinner, l’elenco dei giocatori famosi squalificati per periodi più o meno lunghi per l’uso di sostanze proibite è troppo lungo per non far pensare a una pratica più diffusa di quanto si creda.

Altri tempi quando l’aiutino arrivava dalla bottiglia di champagne bevuta al night la sera prima di una finale del Roland Garros. Finale che Nicola Pietrangeli, per la cronaca, vinse.

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