Valentina Dirindin
Dieci formaggi da assaggiare a Cheese
la Repubblica, 18 settembre 2025
Cheese è di certo l’occasione per imparare, informarsi, conoscere e ascoltare, ma anche — ovviamente — per assaggiare e acquistare. C’è l’imbarazzo della scelta, tra piccoli produttori e prodotti caseari più noti, ma questi dieci, a nostro parere, sono i formaggi davvero da non perdere.
Il primo è un nuovo Presidio Slow Food, il Tombea, un formaggio a latte crudo di razza Bruna Alpina e Pezzata Rossa prodotto nelle malghe di Magasa, in provincia di Brescia, al confine tra la Lombardia e il Trentino. Questo formaggio, prodotto in grandi forme, deve il proprio nome alla cima che domina la Valvestino e gli alpeggi dove pascolano le vacche: il monte Tombea, appunto.
Debuttano a Cheese come Presidio Slow Food anche i caprini dell’Aspromonte: diverse tipologie di caci ottenuti dal latte di animali rustici e capaci di vivere allo stato semi brado accontentandosi delle essenze più povere che crescono sui pendii del massiccio montuoso calabrese.
Sempre da assaggiare il Montebore, formaggio piemontese antichissimo (si dice che nella sua tipica forma a torta nuziale ci sia addirittura lo zampino di Leonardo da Vinci) prodotto a mano come da tradizione, e recuperato negli ultimi anni anche grazie al lavoro di tutela fatto da Slow Food.
Tra i Presidi storici da non perdere c’è il particolarissimo Caciofiore della campagna romana, una sorta di antenato del Pecorino Romano realizzato immergendo nel latte crudo, intero, il caglio vegetale ottenuto dal fiore di carciofo o di cardo selvatico.
Quinto assaggio con la Provola delle Madonie, deliziosa e saporita, di cui esiste anche una versione leggermente affumicata.
Si torna in Piemonte con un morso di Castelmagno d’alpeggio, antichissimo e realizzato da malgari che usano ancora il latte delle vacche portate a più di 1600 metri, dove la grande varietà delle erbe e dei fiori dona al prodotto caratteristiche organolettiche speciali.
Particolarissimo è poi il Maiorchino, formaggio dalla lavorazione lenta e paziente, usato in alcuni comuni siciliani nella ruzzola di Carnevale, in cui i pastori gareggiano facondo rotolare lungo la via principale alcune forme stagionate.
Da fuori Italia arrivano invece i formaggi irlandesi a latte crudo, prodotti nelle zone rurali secondo una tradizione antichissima, che risale all’ottavo secolo.
Sempre dall’estero arrivano a Cheese 2025 due novità, che valgono un assaggio. La prima sono i Presìdi Slow Food dei formaggi tradizionali degli Alti Vosgi prodotti in Francia con il latte delle vacche di razza Vosgienne, molto rare perché negli anni abbandonate a favore di razze più produttive. Oggi ce ne sono circa 10mila capi, con il cui latte vengono realizzati tre diversi caci: il Munster fermier, affinato su assi di abete per almeno 21 giorni e talvolta aromatizzato con semi di cumino; il Bargkass, che si presta a lunghe stagionature e che talvolta viene affumicato; il Siaskass, che è una preparazione dolce di Munster molto fresca, servita come dessert con panna, zucchero e kirsch.
Ultimo assaggio per il presidio austriaco del formaggio d’alpeggio della valle del Gail, dove si produce il Gailtaler Almkäse, formaggio stagionato e caratteristico, realizzato con metodi tradizionali tramandati di generazione in generazione.

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