Gli scacchi, si sa, sono una metafora della vita. Imperfetta, grossolana e forse tanto più efficace in quanto fa emergere aspetti che nella realtà si presentano in modo meno chiaro ed evidente. Nelle circostanze attuali della politica francese il presidente Emmanuel Macron poteva scegliere tra due strategie: l'arroccamento e la mossa del cavallo. Il Dizionario italiano De Mauro dà per "arroccarsi" questa definizione: "mettersi sulla difensiva, ostinarsi nelle proprie opinioni". Ecco, posto di fronte al compito di nominare un nuovo primo ministro, Emmanuel Macron ha scelto l'arroccamento. Il prescelto, Sébastien Lecornu, è un suo fedele seguace, quasi un suo doppio, l'intenzione sembra proprio essere quella di mantenere fede fino in fondo al programma politico già due volte bocciato dalle urne, puntare sull'offerta, alleggerire le tasse sui ricchi, mantenere alta la pressione fiscale sul resto della popolazione, linea dura di fronte all'immigrazione, allungamento dell'età pensionistica. Il consenso misurato dai sondaggi è sceso ai livelli più bassi mai toccati nei confronti di un presidente, le manifestazioni contrarie si sono moltiplicate dai cosiddetti gilet gialli ai sindacati, a nulla è valso questo fuoco di sbarramento, il presidente non ha ceduto di un millimetro, è rimasto sulle sue posizioni.
A nulla sono valsi gli stessi risultati elettorali negativi, prima alle europee, poi alle elezioni legislative. Ha avuto inizio il balletto dei primi ministri chiamati a capeggiare governi minoritari. Prima il gollista Barnier, poi il centrista Bayrou. Adesso siamo al macroniano (di ferro) Lecornu. Interrogato in proposito da Francesca Schianchi il politologo Yves Mény ha fatto osservare che una scelta simile per il presidente avrebbe significato "condannarsi alla ghigliottina" (La Stampa del 9 settembre): "Mi stupirebbe molto se Macron agisse in questo modo, perché rappresenterebbe una provocazione, anche agli occhi di chi è disposto a dare il proprio sostegno. Magari il presidente si orienterà verso profili del genere all’ultimo, quando si ritroverà isolato e non avrà altre possibilità". E invece Macron ha proprio deciso subito di reagire nel modo più drastico alla difficoltà in cui si è venuto a trovare. Ha praticato una forma di arroccamento. Mossa difensiva che non presenta solo vantaggi: sempre negli scacchi il re è il pezzo di gran lunga più importante, se cade, la partita è persa. Quando il giocatore non è più in grado di sbloccare la partita con una mossa sola e deve quindi subire la perdita del re, si ha lo scacco matto, con la vittoria dell'avversario. L'arroccamento corrisponde a un estremo tentativo di evitare questa eventualità. Il re si rifugia dietro la torre, sperando di salvarsi. Non è detto che la manovra riesca: l'avversario può ripartire all'attacco e, mossa dopo mossa, costringere il re già minacciato in una trappola mortale. Scacco matto, fine della partita.
Come mai Macron si è esposto a questo rischio? Deve aver valutato di non avere altre possibilità più vantaggiose. Ha attuato una strategia difensiva che gli permette di prolungare la resistenza agli attacchi senza grandi speranze di vittoria. Tutt'al più può sperare di logorare il Raggruppamento Nazionale di Le Pen e Bardella, cercando di stanarlo e spingerlo a scoprire la sua fragilità strategica. Machiavellismo estremo, che può raggiungere lo scopo come andare incontro a un clamoroso fallimento.
A sua volta, la mossa del cavallo avrebbe presentato dei rischi ma, se non altro, avrebbe condotto a una scommessa sul futuro, a un aggiramento dello scontro frontale per riaprire la partita su un terreno diverso. Questo spiegava Vittorio Foa in un suo testo famoso, Il cavallo e la torre, appunto: “Il titolo di questo libro richiama uno dei temi che mi stanno a cuore. È quello dei due modelli dell’agire, nella politica come in generale nella vita: il modello della Torre, che procede in linea retta, come confronto e scontro su un terreno imposto a cui non si può sfuggire, e quello del Cavallo, che salta lateralmente, come ricerca di terreni e livelli diversi. La mossa del Cavallo è molto più facile sulla scacchiera che nell’azione pratica. Ma si può tentare.” (Vittorio Foa, Il cavallo e la torre. Riflessioni di una vita, Einaudi, Torino 1997). C'era stata un'apertura dei socialisti, che avevano posto delle condizioni per un loro ritorno al potere. Macron avrebbe dovuto accettare una qualche coabitazione. Il suo partito avrebbe contribuito a formare la maggioranza di governo con una forza politica che alle ultime elezioni, nel primo turno, era schierata all'opposizione con la Francia Indomita di Mélenchon. Ne sarebbe emerso un tentativo onorevole di rilanciare le istituzioni repubblicane strette nella tenaglia formata dai populismi di destra e di sinistra. Niente. Macron ha preferito la chiusura accompagnata da subdole manovre di avvicinamento a questi e a quelli, punto per punto, in modo da permettere l'approvazione del bilancio. Ce la farà? Non ci sono molte ragioni per scommettere sul successo di una manovra così segnata dall'arroganza e dalla più tetragona testardaggine, in obbedienza al carattere del suo disgraziato promotore.
https://latorre.blog/2025/06/22/la-mente-dei-campioni-di-scacchi-famosi-analisi-delle-partite-storiche/

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