lunedì 22 settembre 2025

Lui mi picchiava

Giuseppe Guastella
"Io picchiata dal mio ex. Non riusciva a tollerare la mia indipendenza"

Corriere della Sera, 22 settembre 2025

In casa di Solange Marchignoli è tutto bianco, i pavimenti, le pareti e i mobili, tranne il pianoforte a mezza coda e quello elettronico, il violoncello, il flauto traverso e il labrador cioccolato che gironzola per le stanze. Dopo i due figli e la professione di avvocato, la musica è la sua grande passione, che ha rischiato di non poter più coltivare prima che il suo compagno fosse arrestato per maltrattamenti e lesioni. Ora il bianco le dà di nuovo pace.

Come vi siete conosciuti?

«Per questioni professionali. Era stato arrestato dall’interpol per una condanna in Iran. L’ho fatto liberare, non gli chiesi neppure di pagarmi».

Perché? Alireza Roodsari è un uomo d’affari iraniano di 52 anni molto facoltoso.

«Faccio fatica a dare un valore economico alla libertà. Sono fatta così».

Cosa l’ha conquistata?

«Il suo bisogno di avermi vicino, era quasi dipendente da me. Per me, tre anni fa si è trasferito dalla Germania in Italia».

Nel 2022, relazione appena cominciata, in vacanza all’Elba tentò di strangolarla.

«È un soggetto che passa dalla fase dell’innamoramento per conquistarti, che inebria anche una donna autonoma come me, a quella in cui ti distrugge e ti deve punire. Il narcisismo che è in lui è connesso ad una psicosi amplificata dall’uso della cocaina. Non è un ricco che si droga per divertirsi nei festini, è uno che si chiude in casa al buio e si distrugge dalla disperazione chiedendo aiuto».

E come spesso accade, lei lo aiutava. La chiamano vocazione da crocerossina.

«Ho fatto volontariato al Sert e dieci anni nelle ambulanze. Mi dicevo che non potevo abbandonarlo».

Le faceva regali?

«Anche molto costosi, ma che in qualche modo riguardavano lui stesso. Ho due figli, una casa e uno studio da mandare avanti, non mi ha mai chiesto se avessi bisogno di aiuto. Però mi ha regalato gioielli importanti e vestiti».

Come se lo spiega?

«Diceva che ero la sua immagine: “Il mondo mi giudica attraverso te, ti guardano e capiscono chi sono io”. Da una parte mi mostrava come un bene prezioso, dall’altra veniva eroso dal fatto che lui fosse per gli altri il fidanzato dell’avvocato, perché quando andavamo a cena parlavano con me. Impazziva per il fatto che una donna potesse esprimere la sua opinione e il suo disappunto. I primi scontri nascono da questo, poi piangeva, si scusava, diceva che quando si arrabbiava perdeva il senno e che mi amava».

Un narcisista non riesce a sopportarlo.

«Se andavo in tv, mi denigrava, diceva che non valevo niente, mentre io gli ero devota e l’amavo profondamente».

Nell’ordinanza dei domiciliari ci sono una decina di episodi in quasi tre anni, l’ultimo due mesi fa quando a Dubai l’ha picchiata fratturandole la mandibola.

«Ho avuto molta paura. Prima pensavo che la violenza fosse conseguenza della dipendenza, che tutto si sarebbe risolto se l’avesse superata, ora ho capito che è cattivo».

Da cos’altro?

«Durante quel litigio violentissimo mi ha morso il viso ed ha tentato di rompermi l’indice della mano sinistra. In quell’istante ho pensato al flauto, al piano e al violoncello che non avrei potuto più suonare e che se mi avesse sfigurata non sarei più potuta andare in tv. Era quello che lui voleva».

Prima aveva chiesto aiuto?

«Un anno e mezzo fa mi sono rivolta al centro antiviolenza della Mangiagalli. Mi hanno aiutata molto e sono ancora seguita. Non avendo io riconosciuto la sua pericolosità, sostenevano che fossi esposta ad un rischio altissimo. Oggi ho molta paura perché Alireza dimostra di non aver alcun rispetto né timore della giustizia visto che dai domiciliari usa Instagram per diffamarmi e farmi sentire sotto minaccia. Detto questo, sono in prima linea con determinazione».

In che modo?

«Mettendoci la faccia come vittima e difendendo le donne maltrattate come avvocato».

Invita a denunciare?

«L’ho fatto più volte, ci sono vari procedimenti in corso, ma non ho spinto a causa di un meccanismo psicologico di risposta a molteplici traumi che ho subito. Non comprendere la gravità del pericolo significa rischiare la vita».


Nessun commento:

Posta un commento