martedì 5 agosto 2025

Soldati. La moglie infedele

Non c'è amore che non dia dolore
Non c'è amore che non ferisca
Non c'è amore che passi invano

Non esistono amori felici
Ma esiste l'amore di noi due

Louis Aragon, 1944

La moglie, e prima la fidanzata, infedele fu dopo la Grande Guerra in Francia il tema di un famoso romanzo, Il diavolo in corpo, di Raymond Radiguet. Per i soldati al fronte l'idea del tradimento subito per via della lunga assenza da casa poteva diventare un'ossessione. In uno tra i più famosi romanzi sulla guerra, Il Fuoco di Henri Barbusse, l'ossessione si fa realtà. Il soldato Poterloo riesce in modo fortunoso ad attraversare le linee del fronte, si ritrova dall'altra parte, nella Francia occupata, raggiunge sul far della sera il suo villaggio che non è lontano dal campo di battaglia e si ritrova davanti a casa sua. Tornato alla base, racconta a un commilitone ciò che ha visto:
A casa nostra, sai, come dappertutto nel Pas-de-Calais, le porte dell'ingresso sono tagliate in due. In basso c'è una specie di barriera fino a mezza altezza e sopra c'è una specie di battente; è fatto in modo che puoi chiudere la metà sotto e stare coperto per metà. La metà sopra era aperta, e nella stanza - che come è ovvio è sala da pranzo e anche cucina - la luce era accesa e ho sentito delle voci.
Sono passato lì di fianco con il collo tutto tirato da un lato. Si vedevano teste di uomini e donne illuminate da una luce rossa, seduti attorno al tavolo rotondo e alla lampada. E l'ho vista, la mia Clotilde. L'ho vista come adesso vedo te. Era seduta fra due militari, dei graduati, credo, che le parlavano. E lei che faceva? Niente... sorrideva piegando dolcemente in avanti la faccia, incorniciata dai capelli biondi, quasi dorati alla luce della lampada. Sorrideva. Era contenta. Sembrava a suo agio, accanto a quella marmaglia di ufficiali crucchi; la lampada e il fuoco nel camino mi stavano soffiando addosso un tepore che non riconoscevo più come quello di casa mia. 
Siamo nel bel mezzo di una allucinazione fantastica. Come fa una persona che si trova all'esterno della casa ad avvertire il tepore del camino, oltre che della lampada, cosa ancora più improbabile, non si capisce. Come se non bastasse, lo scrittore conduce il personaggio ad aggiungere particolari che rendono la vicenda ancora più straziante. Nella stanza illuminata la figlia tende le braccia verso un militare grosso e gallonato, per salirgli sulle ginocchia, e con la madre c'è pure un'altra donna, la moglie di Vandaërt, un commilitone ucciso l'anno prima sulla Marna. ce ne sarebbe abbastanza per provocare una reazione furiosa nello spettatore involontario: mi sarei messo a gridare, avrei fatto un casino! Così mi avrebbero ucciso e l'avrei fatta finita con questa porca vita! Più in là, dopo una serie di sconsolate riflessioni, subentra un atteggiamento molto più conciliante: Sai è piuttosto giovane, ha ventisei anni. Non può reprimere la sua gioventù [...] E lo stesso vale per la bambina
Alla fine un altro ordine di pensieri si fa avanti. Il dopo: E se non tornassi? [...] Però io voglio ritornare. Dovremo darci da fare tutti e due, e non parlo solo del lavoro di braccia. Sarà necessario ricostruire tutto. [...] E insieme ricostruiremo la nostra vita e la nostra felicità. Rifaremo i giorno e rifaremo le notti. Sarà così anche per quelli che stanno dall'altra parte. Ricostruiranno il loro mondo. E sai cosa ti dico? Forse ci vorrà meno di quanto crediamo... 
Su scala ridotta, e solo a metà libro, l'intera parabola della vicenda narrata si delinea con i suoi tratti distintivi. La differenza radicale tra il fronte e le retrovie. La sofferenza seguita dalla riconciliazione finale nel quadro di un mondo rigenerato. 


Raymond Radiguet
Il diavol
o in corpo (1923)

Nell'edizione Einaudi del 1989 il risvolto di copertina, alla fine, dice: Radiguet è un ibrido, un incrocio di letteratura e di cuore, che oscilla dal disprezzo della forma alla sua esaltazione. L’aria di disastro, di lucido egoismo che spira dal Diavolo in corpo viene proprio dal tentativo di fermare, per non perderlo, il senso delle cose e di sé, e non dallo scandalo di una storia d’amore, come si è sempre creduto.
In realtà, alla lettura del libro, l’ambivalenza dello scrittore non sembra tanto risolta a favore della freddezza stilistica. Radiguet era davvero duplice, come del resto sostiene Francesca Sanvitale nella postfazione: stilisticamente emergeva una pulsione vitale, prima di tutto, e la verità o crudeltà di sentimenti, dei quali si diceva che solo la giovinezza era capace. […] Raymond Radiguet risultava un ibrido ed era il suo nuovo fascino. Un disastrato centauro, un disperato incrocio di letteratura e di cuore, di disprezzo per lo stile e sua esaltazione.
Il libro contiene una storia, sia pure rielaborata per lunghi tratti nella forma di una riflessione fredda e distaccata. E la storia risponde a un intreccio solido e antico nella sua sostanza. La materia è la stessa che in Dafni e Cloe, con una aggiunta di trasgressione e ferocia. Un ragazzo sedicenne diventa l’amante di una giovane donna fidanzata e poi sposata a un soldato che si trova al fronte. Siamo tra il 1917 e il 1918; quando la guerra finisce, la ragazza muore lasciando un figlio dalla paternità incerta. L’esito tragico c’è tutto come in Romeo e Giulietta, come in Tristano e Isotta.
In questi casi la morte si impone come il suggello ultimo del dramma, dando a tutto il percorso precedente lo splendore degli eventi irreparabili e grandiosi. Nel Diavolo in corpo tuttavia la storia d'amore mantiene un suo significato al di là del rapporto con lo sbocco finale. Il romanzo ha una protagonista femminile, la diciottenne Marthe, mentre  il ragazzo che non ha un nome agisce come il narratore assoluto. Si inganna, cambia idea, tende a manipolare gli altri personaggi, senza venire mai contraddetto. Che fine fa Marthe in un tale contesto? È davvero quella figura debole che si sottomette soltanto alla volontà del narratore? Il linguaggio maschile nel romanzo mantiene una grande forza, si parla di avventura, di conquista, mentre dall’altra parte sembra esserci solo condiscendenza. Nello svolgimento minuto dei vari episodi, si vede invece che la rappresentazione schematica – ovvia e naturale – non funziona. Si comincia dalla cameriera matta che sale sul tetto e vuole buttarsi giù. Sembra un bizzarro incidente. Andrebbe visto come la manifestazione di un disagio che non osa esprimersi in modo netto e produce un lamento straziante: la cameriera aveva una voce … inumana, gutturale, di una dolcezza che faceva venire la pelle d’oca. È la donna come altro che irrompe nel racconto. C’era in lei una profonda malinconia rassegnata che dà alla voce la certezza di avere ragione, che tutti si sbagliano.
Ecco la dimensione femminile nel romanzo, già presente nelle prime pagine. Ci sono poi i comportamenti di Marthe. Lei sembra vivere in un’atmosfera trasognata dalla quale viene strappata dalle mosse strategiche di lui, del narratore. Ma è proprio così? È Marthe che propone al narratore di andare a scegliere insieme i mobili per la casa in cui abiterà dopo il matrimonio con il suo fidanzato. Lasciando stare altri particolari, è lei che si inventa l’astuzia della vestaglia da fare indossare a lui, in tal modo lo invita a prendere l’iniziativa nel rapporto tra i corpi. È lei che finge di dormire e gli lancia le braccia intorno al collo. E lui osa scrivere: Desideravo Marthe e non lo capivo. Stessa cosa per il primo bacio: La baciai, stordito dalla mia audacia mentre in realtà era stata lei ad attirare la mia testa alla sua bocca quando mi ero avvicinato. Di fronte a episodi simili, non ha molto senso invocare la sorveglianza stilistica, il distacco. 
Il diavolo in corpo contiene, oltre a tutto il resto, la storia di un primo amore vissuto tra adolescenti in un tempo nel quale la donna non rappresenta più l’oggetto misterioso, segreto del desiderio maschile. È questo che, al di là dello scandalo, il valore più prezioso del libro: una rappresentazione dell’amore giovane. 


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