martedì 12 agosto 2025

Il fascino discreto della scioltezza

Eugenia Nicolosi

Cosa significa essere "cool", i tratti della personalità che indicano i pionieri, e le pioniere, di una società migliore
la Repubblica, 12 agosto 2025

Parlando di coolness, è iniziato tutto con la ribellione dei beatniks, poi è continuato con il fascino distaccato delle rockstar, per spingersi fino alla creatività iconoclasta di artisti/e a celebrità leggermente outsider. Secondo Treccani, oggi, è "cool" una persona  "che riflette le ultime tendenze della moda, che riscuote meraviglia e approvazione". Ma è grazie a un ampio studio internazionale pubblicato dall’APA Journal of Experimental Psychology, che abbiamo una risposta più solida e, sorprendentemente, universale. 

I sei tratti della coolness

I sei tratti che definiscono la “coolness”, secondo lo studio, delineano un profilo psicologico dinamico e magnetico. L’estroversione consente alle persone cool di dominare socialmente ma senza prepotenza o aggressività: sono espressive, spontanee, capaci di catalizzare l’attenzione. L’edonismo riflette la loro tendenza a godere del presente e a trasmettere energia vitale. Il potere, inteso come influenza e leadership, dà loro un’aura di controllo e autorevolezza.

L’avventurosità li rende curiosi, propensi al rischio e all’esplorazione. L’apertura mentale li distingue per tolleranza, capacità di ragionamento e creatività, mentre l’autonomia sottolinea la loro indipendenza dalle convenzioni: sono persone, insomma, che seguono il proprio ritmo, senza bisogno di approvazione. Insieme, questi tratti fanno emergere una figura non necessariamente perfetta, ma profondamente libera e culturalmente incisiva. Per questo, spesso, indimenticabile.

Cosa significa che "coolness" e "bontà" non coincidono

Secondo la ricerca, le persone percepite come “cool” non sono semplicemente gentili o popolari, anzi: sono individui che sfidano le convenzioni con il loro edonismo e apertura mentale (e autonomia). Insomma muovendosi fuori dai binari del comportamento convenzionale è facile che non vengano considerate "buone" anche dal momento che la bontà, secondo la stessa ricerca, risiede in persone con altri tratti.

I “buoni” vengono percepiti come coscienziosi, tranquilli, umili e rispettosi delle regole imposte senza problematizzarle mai: dall'abbigliamento alle norme sociali.  I “cool” sono più propensi a osare, a trasgredire, a vivere secondo i propri parametri. Questo non li rende amorali ma piuttosto interpreti di un’etica personale che sfida quella collettiva, quando quella collettiva non risponde più alle esigenze di una società complessa.

L'impatto trasformativo delle persone considerate cool 

E questa tensione tra norma e deviazione è proprio ciò che li rende rilevanti. Essere cool, insomma, non significa piacere a tutti. Significa essere abbastanza autentici e sicuri da restare fedeli a sé stessi, anche a costo dell’incomprensione. Significa saper usare il proprio fascino non per dominare, ma per stimolare e ragionare. È un atto di espressione, certo, ma ha un impatto sociale clamoroso, anche nelle piccolissime cerchie di amici e amiche. Ed è proprio questo l’aspetto più sottovalutato, e più potente, della coolness: il suo impatto trasformativo. I “cool” anticipano i cambiamenti culturali, spostano l’asse delle norme, rendono accettabili nuove idee, comportamenti e visioni del mondo. Nel farlo, svolgono un ruolo cruciale nell’evoluzione collettiva. Se il mondo cambia, spesso è perché qualcuno ha avuto il coraggio – e lo stile – di parlarne. In un’epoca che oscilla tra conformismo digitale, iperindividualismo e crisi identitarie, essere cool non è solo desiderabile: è necessario. 


CriticaLibera: Intervista a Michel Onfray

18 agosto 2012


Riproduciamo un estratto dall’intervista di Aliocha Wald Lasowki a Michel Onfray pubblicata sul n. 520 (giugno 2012) del Magazine Littéraire. 

Michel Onfray è uno scrittore e filosofo francese (nato nel 1959) proveniente da una modesta famiglia della provincia normanna. Donna delle pulizie la madre e bracciante agricolo il padre, Onfray ha studiato al collegio dei salesiani, ha fatto l’operaio stagionale in un caseificio, per poi laurearsi in filosofia e intraprendere l’insegnamento nelle scuole superiori. 

È autore di molti libri, per lo più incentrati su un approccio materialistico, edonistico e antiaccademico alla storia della filosofia. Ha fondato nel 2002 l’università popolare di Caen, tuttora operante ed è impegnato in una diffusione della cultura e dell’insegnamento al di fuori dalle istituzioni ufficiali e a disposizione delle categorie sociali di solito escluse dall’accesso alla cultura superiore. 

L’uomo, un po’ dandy, sorridente e cordiale, elegante e discreto, nel ricevervi ha l’aspetto disteso. Non fidarsi delle apparenze: lui è uno dei rari filosofi d’oggi che sia anche un cittadino attivo, impegnato. Carismatico, gioviale, intellettuale antiliberale, ateo, edonista e libertario, ha un forte impatto sull’attualità. Sono appena usciti La costruzione del superuomo, settimo volume della Controstoria della filosofia, il Manifesto edonista, che raccoglie le principali tesi della sua filosofia, L’ordine libertario, dove Michel Onfray traccia un bel ritratto di Albert Camus, e La saggezza delle api, grande poema in prosa scritto da Onfray e messo in scena da Jean Lambert-Wild alla Comédie de Caen. Per aggiungere un mattone all’edificio, il filosofo lavora attualmente a un’antologia pagana. E, quest’anno, l’Università popolare che ha fondato a Caen festeggia dieci anni. 

Nell’Ordre libertaire. La vie philosophique d’Albert Camus, lei incrocia l’opera dello scrittore con lo svolgersi della sua esistenza, con la vita dell’uomo, le sue prese di posizione, il suo sguardo vivo e personale sul mondo. Quale insegnamento filosofico ne ricava? Secondo lei, Camus incarna lo spirito libero?

Lui è il libertario per eccellenza, altrimenti detto: l’uomo libero, specie rispetto a coloro che fanno professione di libertà libertaria, come gli anarchici guardiani del tempio che parlano tra loro in conformità a un catechismo della libertà che li aliena. Costoro hanno sempre bisogno di compulsare Bakunin o Kropoktin per sapere cosa devono pensare…Camus, figlio di poveri, fedele al suo ambiente d’origine, non intercala mai la sua biblioteca tra il mondo e se stesso, al contrario della maggior parte degli intellettuali e dei filosofi che vanno per la maggiore. Se deve ragionare sulla miseria, non si chiede cosa ne dicessero Marx e Engels, perché lui l’ha vista a casa sua, in una famiglia senza padre e con una madre disabile. Non commenterà un commentario, ma dirà cosa ha visto: quale metodo migliore per un filosofo? Sartre rappresenta il contrario: prodotto dai libri e dalle biblioteche, il ragazzotto che vuole essere celebre grazie alla letteratura pensa il mondo come un campo di battaglia dove lui lotta per diventare celebre – Spinoza e Stendhal, come afferma immodestamente. 

Camus è l’erede carnale dei Greci o uno spirito inquieto sempre all’erta, alla maniera di Nietzsche?

Così come Nietzsche fu un grande filosofo perché non fu un prodotto dell’università, ma un autodidatta (ebbe una formazione da filologo, non da filosofo), Camus incarna la tradizione del pensiero libero, indipendente, autonomo, padrone di sé, un uomo che non dipende dalla tribù, che non si costruisce guardandosi nello specchio della storia, che non deve niente a nessuno, che si è costruito da solo, senza i vantaggi degli ascensori tribali parigini, ma vivendo sotto l’occhio di un padre assente depositario dei valori della gente semplice e modesta: la verità e l’equità che è giustizia. 

(…)

Tra i valori essenziali di Camus, ci sono anche l’entusiasmo, la simpatia per il corpo, la carne, la sensualità. Qual è il bersaglio della sua parodia teatrale del 1947 La commedia dei filosofi? Si fa beffe della pesantezza speculativa?

È proprio un testo contro Sartre, l’esistenzialismo e la frivolezza degli ambienti intellettuali di quell’epoca. Camus ha conosciuto la meschinità di questo mondo arrivando a Parigi. È la squadra degli autori Gallimard, che è anche il suo editore. È il Gotha intellettuale, ovvero un gruppetto di persone che detta legge. A quell’epoca, Sartre è il governatore: tutto ciò che dice è dissezionato e diventa, a seconda dei gusti, una parabola del Vangelo o le parole del diavolo. Quando arriva la celebrità, essa conferisce doveri, non diritti. Sartre, diventato più che lui grazie al successo, è stato meno che lui per decenni. Sartre aveva talento, se non genio, ma nella sua capacità creatrice non ha mai misurato il peso delle parole e ha parlato alla leggera schierandosi dalla parte del totalitarismo marxista-leninista, legittimando ogni violenza a patto che fossero esercitate in nome della sinistra, appoggiando il terrorismo, i regimi corrotti, i paesi dell’Est. Camus prende in giro il Sartre che recita il ruolo del guru a suo esclusivo vantaggio. Sul modello della Commedia dell’Arte, o del Molière delle Furberie di Scapino, Camus mette in scena il «Signor Niente», un personaggio libidinoso, panciuto, verboso, con un bel librone sotto il braccio, che gioca con le parole, servendosene per arrivare ai suoi scopi che sono, una volta, divorarsi un prosciutto, e un’altra, sedurre una giovinetta. Alla fine si scopre che il personaggio era scappato dal manicomio. Quest’improvvisazione è rimasta inedita e non è mai stata rappresentata. Peccato! Ma potrebbe ancora succedere [In Italia ne è uscita nel 2010 un’edizione numerata a cura di A. Castronovo con il titolo La commedia dei filosofi per le edizioni Via col vento, N.d.T. ]. 

(…)

Nel Manifesto edonista lei prende partito per un’ontologia e per una metafisica materialiste. Per lei, la filosofia diventa una forma di saggezza, un’arte del vivere, una costruzione del sé. La sua lettura di Epicuro e Lucrezio come può aiutarci a capire meglio il mondo?

A lungo la filosofia è stata l’arte di vivere una vita filosofica. Io mi limito a chiedere alla filosofia precristiana i mezzi per costruire una filosofia postcristiana. Si può vivere una vita epicurea; anzi, il superuomo di Nietzsche è la proposta d’una figura epicurea per l’epoca nichilista. Il quadruplice rimedio d’Epicuro (non temere né gli dei né la morte, sopporta il dolore e credi possibile la felicità) è rielaborato da Nietzsche che propone a tutti di realizzare il superuomo. Leggere Lucrezio non avrebbe nessun senso se ci si accontentasse di effettuarne una pura e semplice lettura: dopo bisogna vivere secondo Lucrezio. 

(…)

La religione torna spesso nei discorsi politici. La sua etica edonista presuppone uno sforzo ateologico. Come far fronte oggi a questa sottomissione della morale a Dio o alla trascendenza?

È possibile pensare l’etica senza Dio e senza sacralità, senza religione e senza trascendenza. Basta pensare la morale solo come una regola del gioco destinata a rendere possibile la socialità e la vita comune. Per natura, noi siamo portati a marcare il territorio, all’orda, al branco, cose che s’accompagnano all’aggressione, al crimine, all’assassinio. Per cultura, noi possiamo costruire tutto ciò che impedisce la violenza, la brutalità, l’aggressività. Secondo Epicuro il contratto sociale nasce dal desiderio di scongiurare la legge della giungla, consustanziale allo stato di natura. Hobbes e Rousseau ne hanno fatto in seguito quello che sappiamo. L’etica è l’arte di tenere sotto controllo il cervello animale dell’uomo a partire dalle facoltà della corteccia celebrale. Roberspierre, Saint-Just, Lenin, Stalin, Hitler, Mao, Pol Pot hanno scelto di liberare l’animalità dell’uomo – Condorcet, Proudhon o Camus hanno fatto assegnamento sull’intelligenza, la ragione, la corteccia celebrale.                                         


Bibliografia italiana (esclusi la partecipazione a opere collettive, articoli per riviste o quotidiani e testi critici sulla sua opera):

La scultura del sé, Fazi 2007 (ed. orig. 1993);

Le saggezze antiche. Controstoria della filosofia. Vol. I, Fazi, 2007 [ed. orig. 2006];

Il cristianesimo edonista. Controstoria della filosofia. Vol. II, Fazi, 2007 ed. orig. 2006];

Teoria del corpo amoroso. Per un’erotica solare, Fazi, 2007 [ed. orig. 2000];

La politica del ribelle. Trattato di resistenza e insubordinazione, Fazi, 2008 [ed. orig. 1997];

L’arte di gioire. Per un materialismo edonista, Fazi, 2009 [ed. orig. 1991];

L’età dei libertini. Controstoria della filosofia. Vol. III, Fazi, 2009[ed. orig. 2007];

La potenza di esistere. Manifesto edonista, Ponte alle Grazie, 2009 [ed. orig. 2008];

Trattato di ateologia. Fisica della metafisica, Fazi, 2009[ed. orig. 2005];

Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia. Vol. IV, Ponte alle grazie, 2010, [ed. orig. 2007];

Filosofia del viaggio. Poetica della geografia, Ponte alle grazie, 2010 [ed. orig. 2007];

I filosofi in cucina. Critica della ragion dietetica, Ponte alle Grazie, 2011,[ed. orig.1989];

Crepuscolo di un idolo. Smantellare le favole freudiane, Ponte alle grazie, 2011 [ed. orig. 2010];

Estetica del Polo Nord, Ponte alle Grazie, 2011[ed. orig. 2002];

Il corpo incantato. Una genealogia faustiana, Ponte alle Grazie, 2012 [ed. orig. 2003];

- L'ordine libertario. Vita filosofica di Albert Camus, Ponte alle Grazie, 2013 [2012]


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