domenica 10 agosto 2025

La parola di Dio


Marco Ventura
Il pastore valdese che piaceva ai cattolici

Corriere della sera, La Lettura, 10 agosto 2025

Ci sono cinquecento persone online il 12 aprile 2020. È la Pasqua della pandemia. S’è sparsa la voce che Paolo Ricca predicherà. Singoli, coppie, famiglie, comunità, protestanti, cattolici, ortodossi, non cristiani, non credenti, si sono connessi per ascoltare il pastore valdese. È nota la sua capacità di illuminare. C’è attesa, in quel momento buio, per la sua parola sulla Parola della Scrittura. Lui non tradisce. Ringrazia i tecnici per la trasmissione, poi racconta la Pasqua. Maria di Magdala che piange, sola davanti al sepolcro. Gli angeli che dall’interno della tomba le chiedono perché pianga. Lo sconosciuto che la interroga su cosa cerchi e quindi, chiamandola per nome, si rivela: Maria, io sono Gesù. Maria che si lancia verso di lui e viene tenuta a distanza perché non è ancora il tempo di abbracciare il risorto. Infine, Gesù che incarica Maria di annunciare la risurrezione, in una società in cui la testimonianza d’una donna non aveva alcun valore.
Quando termina, il pastore è riuscito a portarti oltre le pareti della stanza in cui la pandemia ti ha confinato e al contempo ti ha spiegato il senso cristiano di quel confinamento. La sua parola ha consentito alla Parola di chiarire, di rischiarare. Paolo Ricca è morto un anno fa, il 14 agosto 2024. Di antica famiglia valdese, nato a Torre Pellice nel 1936, si è affermato tra i grandi protestanti del nostro tempo quale teologo, storico, autore, ma soprattutto pastore al servizio di una parola che cambia la vita. L’ultimo scritto cui abbia lavorato è stata proprio la trascrizione di alcune sue predicazioni ora riunite nel volume Uniti dalle parole di Gesù (Edizioni Magister).
I testi sono stati selezionati e trascritti da Paolo Sassi che racconta la formazione del libro nella sua Nota del curatore. Si tratta di 23 predicazioni tenute nel corso di un decennio, tra il 20 gennaio 2014 e il 25 gennaio 2024, durante la preghiera serale della Comunità di Sant’Egidio di Roma, in tutti i casi tranne uno presso la basilica di Santa Maria in Trastevere. Nell’introduzione, redatta prima dell’aggravarsi della malattia, Paolo Ricca esplicita il nesso tra il contenuto del volume e la sua struttura triangolare fatta di predicazioni a una comunità cattolica da parte d’un protestante di una chiesa storica e poi affidate a un editore espressione del nuovo protestantesimo carismatico. «Come mai questo che ho predicato io, che sono un protestante di vecchia data, piace a una comunità cattolica?», si chiede l’autore, «come mai tutti e due piacciamo a questo editore pentecostale?». La risposta è netta: «La Sacra Scrittura, la Bibbia». Lì, scrive, sta «il vincolo che ci unisce», «la linfa vitale dell’unità cristiana». Le parole di Dio uniscono, come indica il titolo della raccolta, perché, ancora con l’autore, «Dio è più grande delle chiese» e anche «più buono delle chiese». In questo senso, l’unità generata da una parola umana fedele alla Parola divina non è un tema tra i tanti possibili, ma la cifra del pastore Ricca.
Negli interventi pubblicati, tutti a partire da citazioni bibliche, è costante la preoccupazione di consentire alla Scrittura di spiazzare, di liberare, di ispirare, di rivelare un Dio «sempre diverso da come lo immaginiamo». Per Paolo Ricca, infatti, non possediamo Dio «né nelle nostre chiese, né nelle nostre liturgie, né nelle nostre preghiere, né nelle nostre omelie» e dunque «non siamo il popolo che possiede Dio: siamo il popolo che lo invoca perché lo aspetta». La galleria di personaggi biblici, di domande e risposte spesso trovate nell’origine aramaica o greca dei termini chiave, porta sistematicamente al paradosso cristiano: «L’impossibile che diventa possibile, l’impossibile all’essere umano che con Dio diventa possibile». «Questa è la parola di Gesù», per il pastore, «osservarla è l’impossibile possibilità».
Paolo Ricca non teme di mettere il paradosso nella storia, dove l’onnipotenza di Dio si manifesta «non con la forza, non con la violenza, ma con la parola, niente altro che la parola». Il «bambino che ci condurrà» prefigurato da Isaia «non è uno stratega, non è un diplomatico», predica il pastore Ricca il 21 dicembre 2023, è il bambino che oggi «nascerebbe a Gaza» e non in un tunnel segreto di Hamas, né su un carro armato israeliano, ma tra le macerie, materiali e spirituali. In mezzo alla distruzione, «l’unico che spera ancora» è Gesù, e perciò nasce «completamente disarmato», perché «Dio ci vuole disarmare», e se «Gesù nasce a Gaza disarmato» è «per addomesticare Hamas e per addomesticare Israele».
Nella prefazione al volume, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, si sofferma sulla «forza debole» della parola e ricorda una predicazione di Paolo Ricca a Guardia Piemontese in cui il pastore commemorò la strage dei valdesi da parte dell’Inquisizione e citò il detto rabbinico «quando si pronuncia il nome di un defunto, questi là dove si trova muove le labbra». Il 27 marzo 2016 il pastore Ricca commentò le parole dei discepoli nel Vangelo di Luca: «Il Signore è veramente risuscitato». Come avrebbe fatto quattro anni dopo, nella Pasqua della pandemia, invitò a leggere il transito tra vita e morte nel senso della risurrezione. E concluse con l’annuncio: «La via di Dio non è dalla vita alla morte, ma dalla morte alla vita!».

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