giovedì 28 agosto 2025

L'opposizione che non c'è


Claudio Tito / Romano Prodi
la Repubblica, 27 agosto 2025

... Il centrosinistra cosa dovrebbe fare in Italia per fermare questa deriva?

«Esistere. Basterebbe questo».

Ora non esiste?

«Potrebbe esistere perché il malcontento nei confronti del governo è crescente. Ma senza un’opposizione, il governo può fare qualsiasi cosa e vince sempre. L’incertezza allontana l’elettore».

E l’Ue è fuori da questo gioco complessivo? Ha ragione Draghi nel sostenere che l’illusione sta svanendo?

«Non sta giocando. In pochi sulla stampa hanno dipinto l’incontro di Washington nelle cifre giuste. Ossia lo scolaretto Europa che prende lezione dal professore in cattedra. Non ho mai visto un incontro internazionale in cui fisicamente non si fosse attorno a un tavolo in una situazione di uguaglianza tra partecipanti. E invece gli europei stavano lì, contenti di andare a prendere ordini. Per invertire la situazione è necessario un salto politico europeo».

Di che tipo?

«Draghi fa un’analisi perfetta, ma si sofferma solo sulle soluzioni di tipo economico. Bisogna fare debito comune? Certo. Ma ancor più servono la difesa comune e la politica estera comune. Altrimenti restiamo vassalli. Dobbiamo fare politica».

L’attuale classe dirigente europea è in grado di riformare l’Unione in questo senso?

«Con i governi di coalizioni sempre più complesse, è possibile avere una leadership? No».

Facendo un passo indietro, sull’Ucraina cosa dovrebbe fare l’Europa?

«Appoggiare l’Ucraina e nello stesso tempo operare per un accordo sulla pace. Il punto è che la guerra è in Europa, ma l’Europa non ha svolto nessun ruolo».

Lei farebbe entrare l’Ucraina nell’Unione europea?

«L’Ucraina può certo entrare nell’Unione, ma oggi non è possibile perché è in guerra. Occorre un disegno di lungo periodo come fu per l’allargamento, ma non si deve ripetere lo stesso errore quando tutti mi avevano promesso un cambiamento delle Istituzioni comunitarie. Invece nulla è cambiato perché con l’unanimità l’Europa è paralizzata».

Fa piangere il cuore quello che sta succedendo a Gaza?

«Fa piangere il cuore e il cervello si rifiuta di credere a ciò che vede. Pensiamo solo alla trappola di ieri: si spara sull’ospedale, si aspetta che arrivino i soccorsi. È stato calpestato tutto, non solo le regole internazionali. Ho sempre ammirato le prime generazioni d’Israele per la loro grande capacità di unire modernità a sacrificio e solidarietà. Questo patrimonio, oggetto di ammirazione della gran parte dell’umanità, è ora del tutto perduto».

L’Ue potrebbe bloccare gli accordi con Israele e riconoscere lo Stato di Palestina?

«Dovrebbe, ma l’Europa non è in grado di decidere nulla. Finché non finisce l’unanimità non si esiste. È il suicidio dell’Europa».

Cosa bisogna fare per evitarlo?

«Facciamo un grande referendum informale e chiediamo alle persone: volete un’Europa in grado di decidere? Volete togliere l’unanimità che è nemica della democrazia? Di fronte alle grandi scelte, la passione per l’Europa ritorna perché si fa politica solo se si affrontano i veri problemi. Bisogna scegliere di decidere, oppure andare a casa e fare dell’Unione europea un semplice trattato commerciale».

Però diventeremmo dei vasi di coccio tra dei vasi di ferro.

«Lo siamo già, continueremmo ad esserlo. Eppoi abbiamo perso il pensiero europeo».

In che senso?

«Non c’è un intellettuale europeo riconosciuto. L’Internazionale socialista non conta più nulla. Il dialogo fra i cattolici dei diversi paesi — che a me tanto preme — non c’è più. La Conferenza episcopale europea non ha ruolo significativo. L’Europa non lavora sul suo pensiero».

Ci sarà pure un’ancora di salvezza?

«Va cambiato il modo di stare insieme nell’Ue altrimenti non nasceranno nemmeno le leadership. Esistono solo leader barometrici che reagiscono ai temporali. Ma chi risponde solo al cambiamento di pressione o del tempo non è un leader. Al massimo è un orologio a cucù».

Ce l’ha anche con Ursula von der Leyen?

«In recenti occasioni si è creato un grande scontento. Ma debbo dire che anche un eventuale sostituto dovrebbe fare comunque il cucù».

Questa Commissione fa più il cucù di quella precedente?

«Non può fare altrimenti. Perché più l’Europa si frammenta, più i leader, per durare, sono costretti al compromesso al ribasso. La caduta di autorevolezza della Commissione è figlia di questa evoluzione. Pensavo che la seconda legislatura avrebbe avuto molta più forza. Ma la frammentazione fa prevalere la paura di cadere ed è così che il potere barometrico diventa fragile non solo di fronte alle tempeste, ma anche alle piccole folate di vento. E questo vale anche da noi».

A chi si riferisce?

«Quel che dice Salvini in politica estera è una continua tempesta. Però, con un’opposizione così frammentata, si trasforma semplicemente in un venticello fastidioso, ma innocuo».


Quando si voterà in Italia la prossima volta? Nel 2028 o forse anche nel 2027, se la scadenza dovesse essere anticipata. Chi sarà il vincitore probabile della contesa, stando alle prospettive attuali? La destra. Da qui bisogna partire se si vuole ragionare sul modo in cui l'opposizione si sta preparando a quell'appuntamento. Si sta preparando o non si sta preparando. La seconda ipotesi è la più verosimile. Siamo tuttora in una società dello spettacolo. Che cosa ci è dato vedere? La destra occupa la scena, mentre la sinistra - o l'opposizione - si limita a un modesto controcanto. Si può andare avanti così? Certo che si può. Bisogna però sapere che se si va avanti così, la sconfitta per l'opposizione è più che probabile, certa. È quanto ha detto ieri Prodi nell'intervista a Claudio Tito per la Repubblica. L'ex presidente del Consiglio mette sotto accusa la frammentazione e l'incertezza. Elly Schlein fa quello che può per uscire dal pantano. Lei che era una movimentista e doveva dar voce alle esigenze della società passa gran parte del suo tempo a svolgere una azione diplomatica di ricucitura nei rapporti tra alleati e nelle beghe interne del suo partito. Tutto questo andrebbe comunque fatto e qualcuno deve pur farlo. Ma il paese? Chi si rivolge al paese con una voce autorevole avanzando proposte risolutive per i problemi sul tappeto? Forse il Partito democratico in  questa fase non aveva bisogno soltanto di un segretario, aveva bisogno di uno stratega capace di guardare oltre le scaramucce del momento e di dare forma alla possibilità del ricambio al vertice del governo e dello Stato. 
Significa questo porre il problema della leadership, di chi deve saper comandare, guidare il partito e lo schieramento? Forse il problema vero non è questo. Lo schieramento ha certo bisogno di una testa politica e questo suppone un chiarimento di idee quanto ai contenuti e agli obiettivi della sua azione. Non si tratta di mettere il carro davanti ai buoi, si tratta di vedere quale è il difetto più vistoso, quale sarebbe allora il rimedio più urgente da adottare se si vuole cambiare musica. 
Il difetto più vistoso dell'opposizione sta nella sua assenza dalla scena. Formalmente nei dibattiti televisivi c'è molto spesso qualcuno che parla a nome degli altri, di quelli che non sono al governo. Di fatto questa persona non arriva a configurarsi come un individuo responsabile. Sembra un delegato o un esperto che formula una sua opinione più o meno qualificata. Un attore debitamente preparato e addestrato farebbe meglio. In fondo, da un punto di vista teatrale, quella che manca è proprio la presenza scenica che viene definita come la capacità carismatica e comunicativa di catturare e mantenere l'attenzione del pubblico attraverso un uso efficace di corpo, voce ed espressioni. Chi possiede questa abilità riesce, stando sul palco, a concentrare gli sguardi su di sé e a creare un legame con gli spettatori, trasformando l'energia emotiva in gesti ed espressioni che coinvolgono. Immagini le obiezioni che un discorso simile può suscitare. Se l'oratore deve apparire responsabile, deve esserlo davvero, non può essere una marionetta per quanto affascinante. E qui interviene un ulteriore requisito del portavoce ideale. Deve essere qualcuno che realmente incarna il suo ruolo. Una persona animata da una vocazione. Una persona non solo convinta di ciò che dice ma credibilmente persuasa di poter assicurare il trionfo delle sue idee. 

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