Nel
1947 Italo Calvino pubblica da Einaudi il suo primo romanzo, Il
sentiero dei nidi di ragno.
Oggetto della narrazione è l'esperienza partigiana vista con gli
occhi di un bambino, Pin. / la voce che narra traduce le sensazioni
di Pin, Scarpa, 68 / Questo è vero fino all'ottavo capitolo del
romanzo. Nel capitolo successivo irrompe un secondo personaggio
centrale, Kim, un giovane studente di medicina, partigiano anche lui,
più esattamente commissario (politico) della brigata alla quale
appartengono Pin e i suoi compagni. Non si può dire che questo
personaggio sia visto con gli occhi di un bambino, Kim tiene discorsi
che un bambino non è neppure in grado di capire veramente e d'altra
parte lo scrittore, un volta che il giovane occupa la scena, non si
limita a riprendere le sue parole, accenna anche, ogni tanto, a ciò
che egli pensa e a ciò che in cuor suo avverte. Nei capitoli che
vengono dopo il nono, il romanzo riprende il suo corso abituale. Noi
sappiamo che la sospensione del discorso con il passaggio a un altro
genere di narrazione è stato a suo tempo segnalato come un difetto
dai primi lettori del testo non ancora pubblicato e poi dai critici.
Calvino, pur prestando ascolto alle osservazioni, non ha mai cambiato
idea. Nelle successive edizioni del testo ha sempre mantenuto il
capitolo al suo posto. A un certo punto, esegeta di se stesso, ha
preferito considerarlo alla stregua di una prefazione dentro il
libro. In fondo, non per la sua collocazione, ma per il ruolo che
svolge, il capitolo didascalico funge da cornice, arriva solo a un
certo punto, questo è vero. Una volta letto, tuttavia, riduce al
rango di specificazione tutto ciò che viene prima. Il mondo di Pin è
solo un aspetto del mondo così come viene delineato da Kim. I
partigiani che formano il distaccamento posto sotto il comando del
Dritto sono tutti dei paria, variamente combinati e disposti:
"ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi"
(105). La stessa fauna sociale che torna in buona parte dei racconti
pubblicati dallo scrittore negli anni successivi. / Ultimo
viene il corvo, 1949 /
Non ci sono tra loro né operai, né studenti o intellettuali.
E non parliamo dei contadini che, come lo stesso Calvino lascia
intendere, erano piuttosto sostenitori (o a volte nemici) del
movimento partigiano che partecipanti a pieno titolo. Anche i
contadini, insieme ai pastori, tornano nei racconti degli anni
successivi.
Il
doppio punto focale conferisce al romanzo una natura duplice,
prevalentemente fantastica nell'ampia parte imperniata sulla figura
di Pin, nettamente filosofica (o politica) nel capitolo nono,
dominato dalla presenza e dalla parola di Kim. Partiamo quindi
dall'introduzione, dalla cornice, e cerchiamo di capire come si
presenta l'universo partigiano nel romanzo.
Il
capitolo nono si apre con l'arrivo di due superiori gerarchici tra i
partigiani del distaccamento a cui appartiene Pin: il comandante
Ferriera e il commissario Kim. C'è stato un incendio e vengono a
vedere. Intanto però i due vengono accuratamente descritti e
presentati al lettore anche nel loro profilo intellettuale. Ferriera
è un operaio, vive la guerra partigiana come una cosa esatta,
perfetta per lui come una macchina" (98). Kim è uno studente di
medicina, futuro psichiatra: "ha un desiderio enorme di logica,
di sicurezza sulle cause e gli effetti, eppure la sua mente s'affolla
a ogni istante di interrogativi irrisolti" (ibidem). In una
certa misura, il commissario somiglia allo stesso Calvino per questo
aspetto: "Tutto deve essere logico, tutto si deve capire, nella
storia come nella testa degli uomini ma tra l'una e l'altra resta un
salto, una zona buia dove le ragioni collettive si fanno ragioni
individuali, con mostruose deviazioni e impensati agganciamenti"
(99; l'intercapedine su cui insiste Scarpa, 66-77). Qui non c'è solo
il profilo intellettuale di Kim, in sintesi, ma si intravede come
prefigurata l'opera narrativa dello scrittore dalla Speculazione
edilizia a Marcovaldo e
alla Giornata di uno
scrutatore.
Intanto,
dopo la loro apparizione sulla scena, i due visitatori si mettono a
discutere sull'organizzazione della guerra partigiana. Ferriera
vorrebbe che i vari reparti avessero una composizione mista e che
quindi comprendessero al loro interno gli elementi più sicuri
accanto a quelli meno affidabili in linea di principio. Kim ritiene
invece rimane fedele alla sua impostazione che è quella adottata per
il momento sul terreno. I paria formano un distaccamento a parte
sotto il comando del Dritto: è il distaccamento in cui si è venuto
a trovare Pin. Due concezioni diverse si affrontano, come nei
dialoghi di Platone. Qui però gli interlocutori non sono solo nomi
associati alle opinioni in campo. Sono persone fisiche dotate di
emozioni che si traducono in gesti. Kim "si morde i baffi",
si soffia nei baffi", "scuote il capo". Ferriera "alza
gli occhi freddi e si gratta la fronte", "arriccia la barba
bionda", . Nel caso di Kim, poi, c'è spazio anche per i
pensieri che attraversano il cervello ma non vengono espressi.
Decisamente la voce narrante che nel resto del romanzo si identifica
con Pin è fuori gioco.
Quello
sull'organizzazione si rivela come un aspetto di un dissenso più
vasto, in realtà. Ferriera è più incline a credere nella
perfettibilità del genere umano. Kim è più realistico, non ritiene
facilmente modificabili gli esseri sociali impegnati nella guerra
partigiana. Si chiede quali possono essere le loro motivazioni.
Distingue allora tra persone motivate a partire dalla loro condizione
sociale e ribelli in un senso più profondo ma anche più oscuro. Per
tutti è determinante il ruolo svolto dal furore: "Gli uomini
combattono tutti, c'è lo stesso furore in loro, cioè lo stesso,
ognuno ha il suo furore" (103). E tuttavia la scelta che ognuno
compie di schierarsi con i partigiani può essere rimessa in
discussione da un fatto in apparenza trascurabile: "Basta un
nulla un passo falso, un impennamento dell'anima e ci si trova dalla
parte, come Pelle, della brigata nera, a sparare con lo stesso
furore" /osservazione simile in Pavone, 34: "Se la notte
del 25 luglio mi fossi fatto picchiare, oggi sarei dall'altra parte",
è Nuto Revelli che parla / Allora si tratta di puntare sulla più
oscura e forte delle motivazioni: la rabbia, che si traduce in
furore, rabbia per una ferita segreta, voglia di riscatto, vale anche
per Pin, che senza neppure saperlo combatte per non essere più
fratello di una prostituta. Ferriera puntava sulla coscienza di
classe da "dare a chi non l'ha", nientemeno. Kim invece
guarda all'amore di sé, all'esigenza forte di sanare una ferita.
Perché, come Calvino ha chiarito in un precedente racconto, l'odio
per i fascisti può essere "la stessa cosa del sangue", una
repulsione incorporata nell'organismo.
Ci
sono poi le ragioni più nobili della scelta partigiana. La patria la
libertà, il comunismo sono degli ideali, e gli ideali "tutti
sono buoni ad averli, anche dall'altra parte ne hanno di ideali"
(103). Rimane sempre qualcosa che si colloca più in basso, qualcosa
che vale per tutti ed ha una risonanza immediata. Si torna al
furore e più esattamente a ciò che motiva il furore: la volontà di
riscatto. Per questo bisogna porsi sul terreno della storia ("allora
c'è la storia",106). I partigiani stanno dalla parte del
riscatto, "loro", i nemici, dall'altra: "Da noi,
niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro,
m'intendi? va perduto, tutto servirà se non a liberare i nostri
figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena" (106).
Questo stato di beatitudine peraltro è già proprio di alcune
categorie sociali e perfino di un intero paese, la Russia. "Sereni
sono i proletari che sanno quello che vogliono, sereni sono i
contadini che vegliano di sentinella ai loro paesi, sereni sono i
sovietici che hanno deciso tutto e ora fanno la guerra con
accanimento e metodo, non perché sia bello, ma perché bisogna. I
bolscevichi!", 108) / Pavone, 403-412).
Il
discorso non sarebbe completo se non comportasse un ritorno sulla
persona del commissario. Kim non si crede superiore a Ferriera,
vorrebbe poter ragionare come lui, ma sa di essere per sua natura
diviso tra due tipi di atteggiamenti. Uno è quello che riesce ad
esibire nell'esercizio delle sue funzioni: "scompone ogni
problema in elementi distinti, "a, bi, ci", dice; tutto
chiaro, tutto deve essere chiaro negli altri come in lui" (99;
a, bi ci, anche 107 e 111\). Questo è il versante logico, freddo del
personaggio. Altra cosa sono le idee che gli balzano in testa mentre
cammina da solo per i sentieri. Ogni tanto allora si sente circondato
da un mondo di simboli, proprio come accade al piccolo eroe di
Kipling suo omonimo. Ed ecco la domanda: "Kim? chi è Kim?".
Alla fine il commissario è uno e duplice come si addice al
personaggio di un romanzo moderno. Su tutto plana come una nube
salvifica la storia e alla storia viene associato l'amore come legame
che va oltre la dimensione del quotidiano e che conferisce al destino
una impronta di carattere superiore. La grande battaglia prevista per
l'indomani, un animo sereno e un pensiero che ritorna: ti amo,
Adriana e questo nient'altro che questo, è la storia" (111).
Sono le ultime parole del capitolo. La guerra giusta delle nazioni
volgeva alla fine. Non è facile trovare in letteratura un brano in cui la storia venga elevata a un livello tanto alto di plenitudine e significazione.
https://machiave.blogspot.com/2025/03/pin-bambino-tra-gli-adulti.html
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