sabato 1 marzo 2025

Kim e Pin, volti dell'esperienza partigiana




Verso sera arrivano il comandante Ferriera e il commissario Kim. ... I due fanno passare il pacchetto di sigarette tra gli uomini finché non si vuota. Sono di poche parole: Ferriera è tarchiato, con la barbetta bionda e il cappello alpino; ha due grandi occhi chiari e freddi che alza sempre a mezzo guardando di sottecchi; Kim è allampanato, con una lunga faccia rossiccia, e si mordicchia i baffi. 

Nel 1947 Italo Calvino pubblica da Einaudi il suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno. Oggetto della narrazione è l'esperienza partigiana vista con gli occhi di un bambino, Pin. / la voce che narra traduce le sensazioni di Pin, Scarpa, 68 / Questo è vero fino all'ottavo capitolo del romanzo. Nel capitolo successivo irrompe un secondo personaggio centrale, Kim, un giovane studente di medicina, partigiano anche lui, più esattamente commissario (politico) della brigata alla quale appartengono Pin e i suoi compagni. Non si può dire che questo personaggio sia visto con gli occhi di un bambino, Kim tiene discorsi che un bambino non è neppure in grado di capire veramente e d'altra parte lo scrittore, un volta che il giovane occupa la scena, non si limita a riprendere le sue parole, accenna anche, ogni tanto, a ciò che egli pensa e a ciò che in cuor suo avverte. Nei capitoli che vengono dopo il nono, il romanzo riprende il suo corso abituale. Noi sappiamo che la sospensione del discorso con il passaggio a un altro genere di narrazione è stato a suo tempo segnalato come un difetto dai primi lettori del testo non ancora pubblicato e poi dai critici. Calvino, pur prestando ascolto alle osservazioni, non ha mai cambiato idea. Nelle successive edizioni del testo ha sempre mantenuto il capitolo al suo posto. A un certo punto, esegeta di se stesso, ha preferito considerarlo alla stregua di una prefazione dentro il libro. In fondo, non per la sua collocazione, ma per il ruolo che svolge, il capitolo didascalico funge da cornice, arriva solo a un certo punto, questo è vero. Una volta letto, tuttavia, riduce al rango di specificazione tutto ciò che viene prima. Il mondo di Pin è solo un aspetto del mondo così come viene delineato da Kim. I partigiani che formano il distaccamento posto sotto il comando del Dritto sono tutti dei paria, variamente combinati e disposti: "ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi" (105). La stessa fauna sociale che torna in buona parte dei racconti pubblicati dallo scrittore negli anni successivi. / Ultimo viene il corvo, 1949 /   Non ci sono tra loro né operai, né studenti o intellettuali. E non parliamo dei contadini che, come lo stesso Calvino lascia intendere, erano piuttosto sostenitori (o a volte nemici) del movimento partigiano che partecipanti a pieno titolo. Anche i contadini, insieme ai pastori, tornano nei racconti degli anni successivi.   
Il doppio punto focale conferisce al romanzo una natura duplice, prevalentemente fantastica nell'ampia parte imperniata sulla figura di Pin, nettamente filosofica (o politica) nel capitolo nono, dominato dalla presenza e dalla parola di Kim. Partiamo quindi dall'introduzione, dalla cornice, e cerchiamo di capire come si presenta l'universo partigiano nel romanzo. 
Il capitolo nono si apre con l'arrivo di due superiori gerarchici tra i partigiani del distaccamento a cui appartiene Pin: il comandante Ferriera e il commissario Kim. C'è stato un incendio e vengono a vedere. Intanto però i due vengono accuratamente descritti e presentati al lettore anche nel loro profilo intellettuale. Ferriera è un  operaio, vive la guerra partigiana come una cosa esatta, perfetta per lui come una macchina" (98). Kim è uno studente di medicina, futuro psichiatra: "ha un desiderio enorme di logica, di sicurezza sulle cause e gli effetti, eppure la sua mente s'affolla a ogni istante di interrogativi irrisolti" (ibidem). In una certa misura, il commissario somiglia allo stesso Calvino per questo aspetto: "Tutto deve essere logico, tutto si deve capire, nella storia come nella testa degli uomini ma tra l'una e l'altra resta un salto, una zona buia dove le ragioni collettive si fanno ragioni individuali, con mostruose deviazioni e impensati agganciamenti" (99; l'intercapedine su cui insiste Scarpa, 66-77). Qui non c'è solo il profilo intellettuale di Kim, in sintesi, ma si intravede come prefigurata l'opera narrativa dello scrittore dalla Speculazione edilizia Marcovaldo e alla Giornata di uno scrutatore
Intanto, dopo la loro apparizione sulla scena, i due visitatori si mettono a discutere sull'organizzazione della guerra partigiana. Ferriera vorrebbe che i vari reparti avessero una composizione mista e che quindi comprendessero al loro interno gli elementi più sicuri accanto a quelli meno affidabili in linea di principio. Kim ritiene invece rimane fedele alla sua impostazione che è quella adottata per il momento sul terreno. I paria formano un distaccamento a parte sotto il comando del Dritto: è il distaccamento in cui si è venuto a trovare Pin. Due concezioni diverse si affrontano, come nei dialoghi di Platone. Qui però gli interlocutori non sono solo nomi associati alle opinioni in campo. Sono persone fisiche dotate di emozioni che si traducono in gesti. Kim "si morde i baffi", si soffia nei baffi", "scuote il capo". Ferriera "alza gli occhi freddi e si gratta la fronte", "arriccia la barba bionda", . Nel caso di Kim, poi, c'è spazio anche per i pensieri che attraversano il cervello ma non vengono espressi. Decisamente la voce narrante che nel resto del romanzo si identifica con Pin è fuori gioco. 
Quello sull'organizzazione si rivela come un aspetto di un dissenso più vasto, in realtà. Ferriera è più incline a credere nella perfettibilità del genere umano. Kim è più realistico, non ritiene facilmente modificabili gli esseri sociali impegnati nella guerra partigiana. Si chiede quali possono essere le loro motivazioni. Distingue allora tra persone motivate a partire dalla loro condizione sociale e ribelli in un senso più profondo ma anche più oscuro. Per tutti è determinante il ruolo svolto dal furore: "Gli uomini combattono tutti, c'è lo stesso furore in loro, cioè lo stesso, ognuno ha il suo furore" (103). E tuttavia la scelta che ognuno compie di schierarsi con i partigiani può essere rimessa in discussione da un fatto in apparenza trascurabile: "Basta un nulla un passo falso, un impennamento dell'anima e ci si trova dalla parte, come Pelle, della brigata nera, a sparare con lo stesso furore" /osservazione simile in Pavone, 34: "Se la notte del 25 luglio mi fossi fatto picchiare, oggi sarei dall'altra parte", è Nuto Revelli che parla / Allora si tratta di puntare sulla più oscura e forte delle motivazioni: la rabbia, che si traduce in furore, rabbia per una ferita segreta, voglia di riscatto, vale anche per Pin, che senza neppure saperlo combatte per non essere più fratello di una prostituta. Ferriera puntava sulla coscienza di classe da "dare a chi non l'ha", nientemeno. Kim invece guarda all'amore di sé, all'esigenza forte di sanare una ferita. Perché, come Calvino ha chiarito in un precedente racconto, l'odio per i fascisti può essere "la stessa cosa del sangue", una repulsione incorporata  nell'organismo. 
Ci sono poi le ragioni più nobili della scelta partigiana. La patria la libertà, il comunismo sono degli ideali, e gli ideali "tutti sono buoni ad averli, anche dall'altra parte ne hanno di ideali" (103). Rimane sempre qualcosa che si colloca più in basso, qualcosa che vale per tutti ed ha una risonanza immediata.  Si torna al furore e più esattamente a ciò che motiva il furore: la volontà di riscatto. Per questo bisogna porsi sul terreno della storia ("allora c'è la storia",106). I partigiani stanno dalla parte del riscatto, "loro", i nemici, dall'altra: "Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m'intendi? va perduto, tutto servirà se non a liberare i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena" (106). Questo stato di beatitudine peraltro è già proprio di alcune categorie sociali e perfino di un intero paese, la Russia. "Sereni sono i proletari che sanno quello che vogliono, sereni sono i contadini che vegliano di sentinella ai loro paesi, sereni sono i sovietici che hanno deciso tutto e ora fanno la guerra con accanimento e metodo, non perché sia bello, ma perché bisogna. I bolscevichi!", 108) / Pavone, 403-412).  
Il discorso non sarebbe completo se non comportasse un ritorno sulla persona del commissario. Kim non si crede superiore a Ferriera, vorrebbe poter ragionare come lui, ma sa di essere per sua natura diviso tra due tipi di atteggiamenti. Uno è quello che riesce ad esibire nell'esercizio delle sue funzioni: "scompone ogni problema in elementi distinti, "a, bi, ci", dice; tutto chiaro, tutto deve essere chiaro negli altri come in lui" (99; a, bi ci, anche 107 e 111\). Questo è il versante logico, freddo del personaggio. Altra cosa sono le idee che gli balzano in testa mentre cammina da solo per i sentieri. Ogni tanto allora si sente circondato da un mondo di simboli, proprio come accade al piccolo eroe di Kipling suo omonimo. Ed ecco la domanda: "Kim? chi è Kim?". Alla fine il commissario è uno e duplice come si addice al personaggio di un romanzo moderno. Su tutto plana come una nube salvifica la storia e alla storia viene associato l'amore come legame che va oltre la dimensione del quotidiano e che conferisce al destino una impronta di carattere superiore. La grande battaglia prevista per l'indomani, un animo sereno e un pensiero che ritorna: ti amo, Adriana e questo nient'altro che questo, è la storia" (111). Sono le ultime parole del capitolo. La guerra giusta delle nazioni volgeva alla fine. Non è facile trovare in letteratura un brano in cui la storia venga elevata a un livello tanto alto di plenitudine e significazione.   

https://machiave.blogspot.com/2025/03/pin-bambino-tra-gli-adulti.html






  

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