domenica 30 marzo 2025

La scimmia nuda


Claudia Morgoglione
Desmond Morris: "Ragazzi, ora balla la scimmietta nuda"
la Repubblica, Robinson, 30 marzo 2025

Non c’era bisogno del
 tormentone di Francesco Gabbani al Sanremo 2017, con quel verso cult in cui «balla», per dimostrare che La scimmia nuda di Desmond Morris è più di un saggio zoologico e antropologico. È un bestseller da oltre venti milioni di copie vendute nel mondo. Un’icona pop, conosciuta anche da chi non lo leggerà mai. E un monito, attualissimo, sulla necessità di riconnetterci alla Natura: perché noi non siamo fratelli degli animali, siamo animali.

Infatti quando uscì, nel 1967, fece scandalo. Ma diventò un classico. Che ora l’autore, a 97 anni, riscrive in una versione per i giovanissimi intitolata La scimmietta nuda, in uscita per Bompiani in anteprima mondiale. In questa intervista, a cui risponde personalmente – e con tanto humour – malgrado l’età avanzata, svela che il suo capolavoro nacque per caso, «da uno scherzo durante una festa». E lancia un messaggio forte ai ragazzi: «Non smettete mai di porvi domande. Nemmeno quando sarete molto anziani come me». 

Mister Morris, il suo “The Naked Ape” non invecchia mai: ce ne racconta l’origine?

«All’epoca stavo studiando il comportamento degli scimpanzé e riferii a un giovane editore, incontrato a un party, la mia intenzione di diventare il primo zoologo della storia a scrivere un libro su quella strana specie, l’animale umano. E dissi che l’avrei intitolato La scimmia nuda. Stavo solo scherzando, ma lui mi prese sul serio e continuò a scrivermi, anno dopo anno, dicendo: “Dov’è la scimmia nuda?”».

Illustrazione di Sergio Ruzzier da La scimmietta nuda di Desmond Morris (Bompiani)

Illustrazione di Sergio Ruzzier da La scimmietta nuda di Desmond Morris (Bompiani)

 

Lei però non era convinto?

«Avevo paura di scriverlo perché sapevo che mi avrebbe messo in ogni sorta di guai. Ma poi, un giorno, decisi di occuparmene. Avevo quattro settimane di ferie a novembre del 1966, lavorai senza sosta e lo consegnai al mio editore a Natale. Era la mia prima (e ultima) bozza del testo e non ne esisteva alcuna copia. Lui la prese, la lesse e mi chiamò per dirmi “questo saggio ti cambierà la vita”. Sul momento non gli credetti, ma dopo che ne sono state vendute 20 milioni di copie ho dovuto ammettere che aveva ragione».

Il libro aiuta a capire da dove veniamo e cosa siamo: per questo ha deciso di scriverne una versione per giovanissimi?

«Se comprendiamo la nostra natura biologica, allora abbiamo gli strumenti per affrontare la vita. Siamo ancora influenzati dai nostri antichi impulsi animali, e li ignoriamo a nostro rischio e pericolo. Abbiamo trascorso un milione di anni evolvendoci come animali tribali e siamo ancora tribali oggi, anche se viviamo in grandi città. Oggi la tua tribù si trova nella tua rubrica, ma il senso resta lo stesso».

Illustrazione di Sergio Ruzzier da La scimmietta nuda di Desmond Morris (Bompiani)

Illustrazione di Sergio Ruzzier da La scimmietta nuda di Desmond Morris (Bompiani)

 

A proposito di rubriche, oggi i ragazzi trascorrono tanto, troppo tempo al cellulare e al computer: come possiamo attirare la loro attenzione su qualcos’altro?

«Uno dei vantaggi di passare il tempo al cellulare o al computer è che si evitano gravidanze indesiderate! Lo svantaggio è che si perde il contatto con le gioie del cinema, della tv, dei libri, delle riviste e dei giornali, e il divertimento di stare con altre persone. Ma queste altre attività sopravviveranno, proprio come il teatro è sopravvissuto al cinema e il cinema è sopravvissuto alla televisione. E poiché baciare un computer ha un fascino limitato, anche la vita sociale sopravviverà. Il computer è una meravigliosa fonte di informazioni, ma non potrà mai sostituire l’emozione di un tenero abbraccio. Quindi non c’è bisogno di temerlo».

Com’è stata la sua giovinezza?

«Quando ero bambino, negli anni ’30 e ’40, non c’era la tv. Ma amavo il cinema, soprattutto durante la Seconda guerra mondiale, quando i film ti davano qualche ora di evasione. C’erano solo due canali radiofonici e li usavo per ascoltare musica pop, swing e jazz. Ho guadagnato i miei primi soldi suonando la batteria in una jazz band all’età di 16 anni. Tutti i batteristi adulti erano in guerra, quindi ho avuto la mia occasione».

Una vita dura, sotto il fuoco aereo nazista...

«Più di cento bombe furono sganciate sulla mia città. Uno dei miei ricordi d’infanzia più vividi è di quando andai al municipio per leggere le liste dei resti di corpi non reclamati dal bombardamento della notte precedente. Il padre del mio migliore amico a scuola era un becchino, quindi andavamo nella stanza dell’imbalsamazione per vedere tutti i corpi che bombe e pistole avevano fatto a pezzi. Trovavo questo profondamente scioccante, ma ero affascinato dalla bellezza delle parti interne del corpo. Ho iniziato a dipingere da adolescente e i miei quadri degli anni ’40 erano fortemente influenzati da queste bizzarre esperienze infantili. Mi facevano anche pensare che gli esseri umani adulti fossero impazziti. In una relazione scolastica scrissi che gli esseri umani erano “scimmie con il cervello malato”».

Ha poi cambiato idea?

«Da studente riuscii ad avere la mia prima ragazza e decisi che gli esseri umani non erano poi così male, dopotutto».

Ma l’assunto che non discendiamo dagli animali come sosteneva Darwin, lo siamo e basta, resta rivoluzionario.

«Da zoologo, considero gli esseri umani una specie animale affascinante. Non riesco a vederci come qualcosa di diverso dalle altre specie. Per alcune persone questo è una sorta di insulto, ma io amo gli animali: per me è un grande complimento».

Come ha accennato in una risposta precedente, oltre che scienziato lei è da sempre un pittore: quanto è importante l’arte nella sua vita?

«A 97 anni dipingo ancora nel mio studio ogni notte, da mezzanotte alle 4 del mattino. Non potrei andare a letto senza aver realizzato qualcosa di creativo».

Per concludere, dall’alto della sua esperienza, c’è un messaggio che vuole lasciare alle prossime generazioni?

«Non smettere mai di fare domande. La curiosità per l’affascinante mondo in cui viviamo è ciò che mi tiene in vita. Potrò anche aver vissuto 97 anni, ma ho ancora il cervello di un bambino curioso che si rifiuta di crescere. E che per questo non correrà mai il rischio di diventare un adulto annoiato e ottuso».

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