Antonello Caporale
"Trump, un odiatore seriale, è l'antidepressivo degli Usa"
Il Fatto quotidiano, 10 marzo 2025
Sarantis Thanopulos, lei presiede la società psicoanalitica italiana ed è stato osservatore attento delle gesta del presidente degli Stati Uniti. Cos’ha in testa Donald Trump?
È l’interprete assoluto dell’idea persecutoria della realtà. Esiste una minaccia attuale e definitiva che attenta allo stile di vita, all’identità, alla stessa proiezione collettiva del suo popolo.
Questo pericolo esiste nella sua mente o anche nella mente degli americani?
Esiste nella mente degli americani ma lui lo enfatizza, lo fa deflagrare. È una personalità sofferente che dà voce a una società in sofferenza.
L’idea del capro espiatorio quali effetti produce?
Da un punto di vista clinico produce una visione paranoica del mondo. L’uso incontinente del proprio ruolo funge da efficace farmaco antidepressivo.
Trump è un farmaco antidepressivo per gli Usa?
Gli Usa sono una società variamente depressa e lui, “comandante in capo”, ritrova nei suoi sentimenti, nella propria condizione psicologica, le medesime afflizioni.
E reagisce con il bullismo di Stato?
Al fondo Trump assomiglia a un hater: denigra colui che ritene avversario e lo ingiuria. Si comporta da hater.
Gli elettori amano questo atteggiamento così odioso?
Chi ha letto il Mein Kampf sa che l’odio è un aggregatore fantastico. Si autoalimenta, tinge nel profondo il cuore sociale. L’odio assoluto è purtroppo vincente.
Trump odia parecchia gente.
Trump è un pirata, altrimenti non direbbe mai al presidente di un altro Stato frasi del tipo: “Tu non hai carte in mano”. È un vocabolario tecnicamente banditesco, così estraneo alla misura, alla ragione, ma così tanto dentro la personalità di un pirata. Al di là dei fatti, subisce una valutazione piuttosto deviata della realtà. Al fondo di questa prova di forza con Zelensky, sa cosa c’è?
Cosa c’è?
L’odio profondo, definitivo e inesauribile nei confronti di Joe Biden. Trump rivede in Zelensky Biden e prosegue la sua guerra distruttiva contro l’ex presidente, colpevole di avergli rubato la vittoria alla Casa Bianca.
Zelensky non collaborò per incastrare Hunter, il figlio dell’ex presidente, nei fatti accaduti in Ucraina.
Esatto. Il carattere persecutorio è così vivo nella mente di Trump da spingerlo a non trovare rimedio a quella rabbia.
‘‘ Il presidente interpreta l’idea persecutoria che abita la mente sofferente degli americani
Lo scontro come bisogno quotidiano.
Lo scontro assoluto lo fa vivere e lo tempra, gli conferisce fiducia, lo alleggerisce, lo allieta finanche.
Dove può arrivare? Quando ascolta i commentatori dire che Trump usa con amici e avversari il bastone e la carota, intenda questo giudizio come il continuo moto ondoso dei suoi atteggiamenti. Lui sa bene di non poter oltrepassare il limite della convenienza con chi è visto come nemico e quindi si ferma, si placa. Ma poi torna a bastonare perché non ne può fare a meno. Il bastone e la carota sono elementi ricorrenti del suo pensiero.
Ogni giorno una nuova, Trump ipnotizza il mondo.
È sistematico. Apre un fronte poi un altro, poi un altro ancora. Sempre nella logica del bisogno funzionale.
Non si fermerà mai?
La reattività, il bisogno dello scontro è un pensiero tipicamente antidepressivo. Galvanizza, produce fiducia e induce alla fiducia. Gli Usa sono una società in piena sofferenza e cercano un tipo come lui.
Chi lo potrà fermare?
Chi ha fondato la propria civiltà sul rispetto delle regole se avrà la forza di ingiungere a lui il diritto e non l’abuso.
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