venerdì 28 marzo 2025

Il colosso dai piedi d'argilla





Fabio Pavesi
John Elkann ha perso il fiuto per gli affari: Stellantis giù, delude la performance di Exor
Domani, 28 marzo 2025

Nell’anno della crisi più nera di Stellantis, John Elkann ha perso un vanto cui tiene molto. È stato surclassato nella performance aziendale della sua Exor dall’indice di Borsa globale l’Msci World, con cui da sempre si confronta, per dimostrare la sua capacità di creare valore più di altri per la finanziaria della famiglia Agnelli che gestisce dal 2009.

Nel 2024 infatti il Nav (l’attivo netto della holding) è cresciuto di solo il 9 per cento, a 38,2 miliardi, a fronte di un rialzo di quasi il 25 per cento dell’indice borsistico mondiale. Un sorpasso che non accadeva dal 2020 e che nei 16 lunghi anni da cui John Elkann siede in plancia di comando della finanziaria olandese era successo solo altre 4 volte.

Di sicuro uno smacco per l’uomo che della creazione di valore ha fatto un simbolo. Ma anche a livello di Borsa Exor ha deluso, restando di fatto ferma sul listino quando l’obiettivo fissato a inizio anno era di un ritorno totale, compresi i dividendi, dell’8 per cento.

Numeri che non sono solo mere statistiche, ma punti di riferimento per l’assegnazione o meno delle ricche stock option di cui gode il capo-azienda. Che però si è subito consolato aumentando la sua remunerazione, la quale, tra stipendio fisso e variabile, lo scorso anno ha raggiunto ben 11,29 milioni di euro, contro gli 8,4 milioni del 2023, con un incremento del 34 per cento in soli 12 mesi.

Continuo décalage


E a rendere non esaltante l’annata appena trascorsa è stata proprio Stellantis che ha fatto perdere all’attivo netto della finanziaria 3,84 miliardi di valore. A inizio del 2024 la casa automobilistica valeva a bilancio 9,5 miliardi, un valore sceso ora a solo 5,65 miliardi. Il gruppo automotive conta nel tesoro di partecipazioni di Exor solo per il 13,3 per cento, contro quasi il 24 per cento di inizio 2024.

E per fortuna che Elkann può contare sulla Ferrari, vero gioiello del gruppo e non da ieri, che dopo la solita corsa in Borsa del titolo vale ormai 18,3 miliardi per la quota del 24 per cento detenuta fino all’altro ieri prima della recente cessione del 4 per cento.

Il Cavallino a fine 2024 valeva quindi tre volte di più del colosso dai piedi d’argilla franco-italiano e oltre la metà dell’intero portafoglio delle quotate di casa Exor, che oltre a Ferrari e Stellantis comprendono Philips, Cnh, una piccola quota di Iveco, oltre che la storica Juventus e la neo arrivata Clarivate. Ma a breve, come ha annunciato ieri Elkann agli analisti, Exor potrebbe puntare su altre nuove società, per operazioni del valore di due miliardi, escludendo però il settore della difesa.

A oggi il solo valore del 17,5 per cento di Philips, che sta dando buoni frutti, e il 26,9 per cento di Cnh, che insieme pesano per 8 miliardi, superano ampiamente il valore del quarto produttore mondiale di veicoli, che ha visto crollare le quotazioni nel 2024 e ridurre pesantemente ricavi e utili.

Ferrari-centrica

Ormai Exor è Ferrari-centrica, e non è un caso che, dovendo fare provvista di liquidità, pochi giorni fa Elkann abbia venduto il 4 per cento del Cavallino intascando 3 miliardi. Una scelta, per altro, poco apprezzata dagli investitori visto che dal 26 febbraio – data in cui è stata annunciata la vendita – a oggi il titolo si è smagrito del 21 per cento.

Colpa, probabilmente, anche della politica dei dazi di Trump contro l’automotive se prodotto fuori dagli Usa. Si vende dove c’è la polpa, rimanendo comunque primi azionisti della casa di Maranello. Una provvista di cassa che servirà, secondo il capo della holding, a fare nuove acquisizioni sempre in quei settori come il lusso, il tech e la sanità che da anni sono il mantra degli impieghi remunerativi del nipote dell’Avvocato.

Ma intanto, di quei 3 miliardi, ben un miliardo sarà impiegato subito in una sorta di buy back. O meglio, come specificato in una nota di Exor, in un’offerta pubblica di acquisto (reverse Dutch auction Tender Offer) – avvenuta il 27 marzo 2025 – di azioni ordinarie per un controvalore complessivo fino a un miliardo di euro da cosiddetti azionisti qualificati, con ovviamente in prima fila la controllante, la Giovanni Agnelli Bv che di Exor possiede il 57 per cento. La controllante, che riunisce i vari rami della dinastia «ha fornito – prosegue la nota – un impegno irrevocabile a partecipare per un importo complessivo di 570 milioni, con l’obiettivo di ridurre la propria posizione debitoria netta».

E così una parte della liquidità proveniente dalla vendita del 4 per cento del Cavallino finirà ai piani alti della galassia, evidentemente a caccia di denaro per calmierare i propri debiti. Una situazione che andrà messa a fuoco in attesa del bilancio della cassaforte che sta tra Exor e la Dicembre degli Elkann che è una società semplice. Tra l’altro, Exor staccherà il consueto dividendo da 99 milioni, che per quasi 60 milioni finiranno alla cassaforte olandese, la quale governa sulla finanziaria industriale.

Per il resto dalle partecipate, Exor ha ricevuto l’anno scorso dividendi per poco più di un miliardo. Per il resto continua la strategia di espansione sugli investimenti curati a Londra, e che hanno raggiunto masse in gestione per 6 miliardi. Il valore del settore investimenti via fondi e venture corre con i fondi Lingotto saliti a 2,7 miliardi da 2 miliardi di fine 2023, mentre il venture capital porta in dote 800 milioni dai poco meno di 700 di 12 mesi prima. Il business degli investimenti finanziari vale quindi oltre 3,5 miliardi, di fatto quasi il 10 per cento del portafoglio complessivo di Exor.

Non quotate

Restano poi le quote nelle società non quotate con alterne fortune. Un portafoglio da 3,4 miliardi che vede in prima fila la francese specializzata nel biomedicale Merieux che pesa per 890 milioni. Bene la creazione di valore di Welltec, azienda danese di tecnologie per oil & gas, passata da 280 milioni a 424 milioni. In salute l’Economist che ha aumentato il valore a 416 milioni.

Mentre zoppica il marchio del lusso per eccellenza, il produttore di scarpe glamour Loboutin, che è stato svalutato di 125 milioni in un anno. Male anche la neo acquisita tra le quotate, l’americana Clarivate. Exor a maggio del 2024 è entrata nel capitale del produttore di dati, che da allora è crollato in Borsa del 40 per cento Facendo segnare già una perdita di valore di 100 milioni per Exor.

Non sempre gli investimenti nella nuova frontiera del tech e del lusso, tanto decantati da Elkann, danno i frutti sperati.

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