Lorenzo Lamperti
Taiwan
"Stabilità globale", si presenta la Cina anti-Maga
il manifesto, 6 marzo 2025
«La Cina è pronta a collaborare con gli altri membri della comunità internazionale per promuovere un mondo multipolare equo e ordinato e una globalizzazione economica universale e inclusiva». A Pechino, la plenaria annuale dell’Assemblea nazionale del popolo si apre con quello che pare un richiamo all’irriducibile presa di distanza dagli Stati Uniti. Dalle 32 pagine del rapporto di lavoro del governo, presentate al via delle “due sessioni” dal premier Li Qiang emergono due parole chiave: stabilità e sicurezza. Quasi come a voler dare un’immagine opposta a quella imprevedibile della Casa Bianca guidata da Donald Trump.
La stabilità è anche nell’obiettivo di crescita del pil, fissato «intorno al 5%» così come era accaduto l’anno scorso. Una stima più cauta rispetto alla rapida corsa di qualche anno fa, a conferma che ora si punta sulla qualità più che sulla velocità. D’altronde, da tempo Pechino punta a trasformare il suo modello di sviluppo per renderlo meno dipendente dall’esterno, aumentando il peso di quelle che Xi Jinping chiama «nuove forze produttive». Si tratta di chip, intelligenza artificiale, industria tecnologica verde, che trovano ampio spazio tra gli obiettivi del 2025, l’ultimo anno coperto dal piano quinquennale lanciato nel 2021.
Ma intanto bisogna rispondere alle necessità immediate. Il governo ammette l’esistenza di diversi problemi. «Le basi per una ripresa economica sostenuta e una crescita della Cina non sono abbastanza solide. La domanda è debole e i consumi sono stagnanti. Alcune imprese affrontano difficoltà nella produzione e nelle operazioni, e i pagamenti in ritardo restano un problema rilevante. Vi sono pressioni sulla creazione di posti di lavoro e sulla crescita dei redditi», si legge nel report. In risposta, vengono promesse politiche «più proattive». In particolare, verrà innalzato il deficit di bilancio dal 3 al 4% del pil, per la prima volta dopo diverso tempo. Saranno emessi un totale di 1,3 trilioni di yuan di obbligazioni speciali del tesoro a lunghissimo termine, 300 miliardi in più rispetto al 2024, con ulteriori 500 miliardi per sostenere le grandi banche commerciali statali nella ricapitalizzazione e 4,4 trilioni per le amministrazioni locali. Allo stesso tempo, in arrivo il primo allentamento della politica monetaria dopo 14 anni. L’aumento della spesa pubblica è destinato a mettere in sicurezza settori in crisi come l’immobiliare, ma anche ad ampliare i fondi per ricerca e sviluppo, nel tentativo di accelerare il perseguimento dell’autosufficienza tecnologica. Un obiettivo che la Cina vuole raggiungere per schermarsi dalle sanzioni e dalle restrizioni alle catene di approvvigionamento imposte da Washington.
Stabile anche il budget militare, il cui tasso di crescita per il 2025 resta al 7,2%, come nei due anni precedenti. Nell’ultimo decennio, la spesa totale è comunque raddoppiata, arrivando a 246 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra oltre quattro volte più grande di quanto speso dal Giappone, ma ancora solo un terzo di quanto spendono gli Usa. Per il 2025, il governo chiede di rafforzare l’addestramento militare e la prontezza a combattere, ma anche di intensificare l’implementazione di «grandi progetti» legati alla difesa. Il pensiero va al nuovo vasto comando generale per i tempi di crisi, in costruzione nei pressi di Pechino, ma anche allo sviluppo di portaerei a propulsione nucleare.
Li ha ribadito la «fermezza» della Cina nel portare avanti la «riunificazione» con Taiwan, anche se rispetto al 2024 i toni non segnalano una maggiore urgenza e paiono anzi leggermente meno duri. Anche qui effetto Trump, forse.
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