Se uno osserva con lucidità l'andamento attuale dello scontro politico in Italia, la prospettiva delineata da Marcello Sorgi appare quanto mai realistica. Ne dovrebbe derivare un sussulto vitale delle forze schierate all'opposizione del governo. Il risultato darebbe luogo a una decisa convergenza unitaria. Questa sarebbe la voce della ragione. Vista la mediocrità sconfortante dei protagonisti minori, da Conte a Calenda, un tale esito appare improbabile. Nelle condizioni date, due sembrano essere le risposte possibili a un arroccamento della maggioranza: un accordo di desistenza tra il Pd e i Cinque stelle; un grande movimento di popolo, una chiamata alle armi della società civile per dare vita a una alleanza per la repubblica da affiancare al Pd.
Marcello Sorgi
Il passaggio stretto per la premier
La Stampa, 28 marzo 2025
Non è che Meloni non si renda conto di quel che sta accadendo attorno a lei. E in particolare: non è che non capisca che l’andamento della trattativa tra Trump e Putin sulla tregua in Ucraina spinge l’Europa, pur con tutte le divisioni interne, a porsi in modo sempre più stringente il problema della propria difesa e di una ridefinizione, non solo di una riarticolazione, della Nato sul Vecchio Continente. Ma è come se tendesse ad allontanare da se l’amaro calice della mediazione impossibile con gli Usa, un ruolo che si era assegnato tempo fa sull’onda dei buoni rapporti impostati dall’inizio con il tycoon della Casa Bianca, e che via via, se non proprio sfumato, è diventato più difficile.
Così anche ieri “chez Macron”, al vertice dei "Volenterosi", la premier ha continuato a ripetere il suo “no” ai soldati italiani in campo e a spingere per la necessità di aprire un canale, se necessario invitandolo al tavolo, con lo stesso Trump. Ma ha dovuto constatare che tra i favorevoli all’iniziativa del presidente francese e del primo ministro inglese sta crescendo la convinzione che più che un negoziato di pace, quella che Putin vuole imporre a Zelensky sia una resa. E Trump a questo punto non possa né voglia cambiare l’esito del negoziato.
Anche Meloni lo sa bene. Ma sa altrettanto che se davvero il corso delle cose sarà questo, non farà che aumentare le difficoltà interne alla sua maggioranza, con Salvini apertamente schierato contro qualsiasi forma di iniziativa a livello europeo e a favore di quella che viene ormai definita la “soluzione Trump-Putin”. In questo quadro la premier può solo cercare di prendere tempo, sperando che ce ne sia davvero, senza farsi grandi illusioni sulla situazione politica italiana, che ha già preso, un po’ troppo in anticipo, un andamento da fine legislatura, e rischia di sfuggirle di mano. Tal che c’è chi comincia a chiedersi se la Meloni di questi giorni - all’attacco con l’opposizione, vedi Ventotene, ma tutto sommato remissiva con l’alleato più indisciplinato - preluda a una svolta, non del tutto imprevedibile, verso elezioni anticipate: con l’incognita, sì, di rimettere tutta la posta in gioco, ma sufficienti probabilità di poterle pure rivincere grazie agli ostacoli che l’opposizione continua a costruire al suo interno.
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