Maxime
Forest Réjane Sénac
Trump
e Putin contro Zelensky: verso una nuova era coloniale
Libération,
2 marzo 2025
Forse la storia ricorderà che tra l'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022 e il tentativo di estorsione pubblica condotto da Trump e dal suo vicepresidente J.D. Vance a spese di Zelensky, il 28 febbraio 2025, si è aperta una nuova era coloniale. Sebbene le precedenti non abbiano mai cessato di produrre effetti dopo le ondate di decolonizzazione della seconda metà del XX secolo, concluse con il crollo del sistema sovietico. L'architettura internazionale post-1945 aveva mantenuto vecchie potenze coloniali (la Francia e il Regno Unito) nel Consiglio di sicurezza dell'ONU, mentre gli Stati Uniti e l'URSS brandivano falsi stendardi (quelli della difesa dei valori occidentali e del sostegno ai movimenti di liberazione nazionale, per vestire i loro rispettivi impulsi imperialisti). Il commercio mondiale ha fatto continuare i flussi delle risorse dei paesi ex colonizzati a vantaggio dei paesi del Nord, mentre il FMI o la Banca mondiale hanno mantenuto la dicotomia tra paesi sviluppati e «terzo mondo», senza preoccuparsi di attenuare il sapore delle loro pozioni amare.
Tuttavia,
tra la metà degli anni '70 e la fine degli anni '80, l'epilogo delle
ultime guerre d'indipendenza in Angola o in Mozambico, il ritiro
degli Stati Uniti dal Vietnam e poi il loro sostegno alle dittature
del sudamericani, l'atto finale della conferenza di Helsinki o il
fallimento della guerra coloniale dell'URSS in Afghanistan hanno dato
il via a una rinascita del multilateralismo. Accelerata dai conflitti
e genocidi che accompagnarono il crepuscolo di un mondo bipolare,
Questa uscita progressiva dall'era coloniale è stata caratterizzata
dall'estensione del sistema delle Nazioni Unite attorno a obiettivi
di sviluppo sostenibile e a sfide climatiche definite con i paesi del
Sud e dal riconoscimento di interdipendenze globali. In Europa, la
critica del paradigma neoliberale e dei diversi sistemi di
dominazione all'opera nelle relazioni internazionali ha portato anche
all'avvio di un dibattito pubblico sull'eredità coloniale.
MEZZI
IBRIDI
Questo inizio di riflessione autocritica avrà contribuito a mascherare il risveglio di un colonialismo appena sconfitto: quello della Russia. Già nel 1999, questa schiaccia brutalmente il separatismo ceceno. Annunciata fin dalla conferenza di Monaco nel 2007, questa impresa di riconquista si estende alla Georgia nel 2008 e poi si intensifica in seguito alla rielezione fraudolenta di Putin alla presidenza nel 2012, utilizzando anche mezzi ibridi: «fabbriche di troll», strumenti di propaganda come il canale RT o il canale Sputnik, larghe concessioni a favore dei leader politici occidentali e ricatto energetico, per culminare con l'annessione della Crimea e di una parte del Donbass ucraino nel 2014. Nonostante i costanti sforzi dell'aggressore per presentare l'Ucraina come un vassallo corrotto e negare la sua esistenza culturale mentre si impadronisce delle sue risorse minerarie, agli occhi di molti, questa politica ha rivelato il suo volto coloniale solo durante il tentativo di invasione condotto dal 2022.
UNA TERRIFICANTE DISTOPIA
Eletto
comodamente nel novembre 2024 sulla promessa di una politica
protezionistica e di controllo migratorio, Donald Trump, dal suo
secondo incarico, ha articolato l'esecuzione di questa politica a una
denuncia delle alleanze multilaterali concluse dal 1949 dagli
StatiUniti, ad eccezione del sostegno incondizionato a Israele.
Diretto contro l'Europa e il Canada, alleati storici, questo
aggiornamento è accompagnato da rivendicazioni territoriali che
superano di gran lunga quelle soddisfatte a spese della Spagna e
della Russia alla fine del XIX secolo. Questo capovolgimento e la
nuova divisione del mondo che esso preannuncia sono formulati in nome
di diritti storici, di una missione messianica, della restaurazione
dei valori patriarcali, di una forma di razzismo e
dell'appropriazione delle risorse. Questo breviario colonialista
trova la sua estensione fino alla negazione di una soluzione a due
Stati al conflitto israelo-palestinese, a vantaggio di una distopia
terrificante, superando le proiezioni dei coloni israeliani più
estremisti.
Accompagnata,
sul piano nazionale, da un'estensione senza limiti dei poteri
presidenziali dalle sembianze di colpo di stato, la trasformazione
degli Stati Uniti in nazione predatrice esente da qualsiasi
responsabilità nei confronti di un ordine giuridico internazionale
di cui è stata uno degli architetti e il grande beneficiario, sta
finendo di mettere il mondo su una traiettoria neocoloniale. Una
traiettoria tanto pericolosa quanto le avventure colonialiste del XVI
e XIX secolo: sfruttamento fino all'esaurimento delle risorse finite
del pianeta, ormai esteso allo spazio e al patrimonio genetico
dell'umanità, costituzione di oligarchie fuori controllo alle nuove
frontiere del progresso tecnologico, oppressione dei corpi razzisti o
minorati, delle donne e di tutti i vinti dell'ordine coloniale. E per
schiavizzare gli esseri viventi e gli ecosistemi, questo insaziabile
moloch, che ora risiede anche alla Casa Bianca, attacca i diritti
fondamentali promulgati negli habeas corpus delle democrazie liberali
e nelle convenzioni internazionali, antidoti fragili per la dose
mortale di nichilismo che infetta. Ironia della sorte, è a Londra,
capitale di un antico impero protettivo [tutélaire], che domenica 2
marzo è toccato ai paesi occidentali rimasti fedeli al
multilateralismo, trarre con urgenza le prime conseguenze di questo
capovolgimento per l'Ucraina, e all'Europa, «impero post-egemonico»
descritto da Ulrich Beck, di prendere la misura delle sue
responsabilità in questa nuova era coloniale.
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