venerdì 21 marzo 2025

Il manifesto di Ventotene: una lettura




Guido Melis
Fb

Ho visto in tv le battute del presidente del Consiglio Meloni sul Manifesto di Ventotene e francamente sono rimasto stupefatto. Ho voluto rileggere il testo del Manifesto. Nell'edizione che ho io si tratta di una quindicina di pagine.
Siccome vedo che sui giornali e nei talk show se ne discute un po' a vanvera, provo a farne un breve sunto.
Il Manifesto, agosto 1941, scritto nel confino di Ventotene, è opera di tre antifascisti, pluricarcerati e condannati dal regime: Spinelli, Rossi, Colorni. Nessuno di loro è comunista. Spinelli lo è stato ma fu espulso nel 1937 per le sue posizioni antistaliniste. Fondò nel 1943 il Movimento federalista europeo. Il Manifesto è considerato, non solo in Italia, come uno dei testi base dell'europeismo democratico. Rossi fu radicale e liberale di sinistra. Colorni, destinato a morire nella lotta di resistenza, fu giellista e socialista.
Il Manifesto si apre con un denso paragrafo sulla "Crisi della civiltà moderna", che inizia con un apprezzamento del concetto di indipendenza nazionale così come si formò nell'età dei risorgimenti liberali. Riconosciuto così il valore della sovranità nazionale, il testo critica la sua degenerazione in volontà di dominio verso altri Stati liberi, che si risolve spesso nel culto del solo proprio Stato contro la comunità degli altri Stati.
Non è scritto, ma l'eroe di queste pagine (lo si legge in trasparenza) è Garibaldi, che combattè tutta la vita non solo per l'indipendenza italiana ma per quella di tutte le nazioni: popoli oppressi dell'America latina, polacchi, francesi durante l'occupazione prussiana ecc. In questo paragrafo si condanna anche il dogmatismo autoritario e si sostiene la causa dello spirito critico. Sono condannate le tre potenze dell'Asse (siamo ancora nel 1941) Germania nazista, Italia fascista, Giappone imperiale.
Il secondo paragrafo si intitola "I compiti del dopoguerra: l'unità europea". Qui si legge una affermazione che calza perfettamente al caso attuale: "nessun Paese d'Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione. È ormai dimostrata la inutilità, anzi la dannosità, di organismi come la Società delle Nazioni, che pretendono di garantire un diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti. Assurdo è il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo Stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri Paesi europei".
Segue la prima menzione nel documento della Federazione Europea, cioè dell'unione tra gli Stati basata sui principi della libertà e dei diritti democratici-
Terzo paragrafo: "I compiti del dopoguerra- La riforma della società". Prima frase: "Un'Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l'era totalitaria rappresenta un arresto". Qui appare per la prima volta la parola "rivoluzione", che tanto disturba Giorgia Meloni: "La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita. La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione, non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita, o tollerata solo in via provvisoria (...). La statizzazione generale dell'economia è stata la prima forma utopistica in cui le classi operaie si sono rappresentate la loro liberazione dal giogo capitalista; ma, una volta realizzata in pieno, non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell'economia". Segue una critica esplicita alla Russia di Stalin.
Quarta parte: "La situazione rivoluzionaria: vecchie e nuove correnti". Qui si illustra il principio di autodeterminazione dei popoli e si fa menzione per la prima volta della Assemblea costituente (che in Italia sarà eletta nel 1946 e concluderà i suoi lavori nel 1948, dandoci la attuale Costituzione democratica della Repubblica). Continua il testo: "Un vero movimento rivoluzionario dovrà sorgere tra coloro che hanno saputo criticare le vecchie impostazioni politiche. (...) Il partito rivoluzionario non può essere dilettantescamente improvvisato nel momento decisivo, ma deve cominciare a formarsi almeno nel suo atteggiamento politico essenziale, nei suoi quadri generali e nelle prime direttive d'azione. Esso non deve rappresentare una coalizione eterogenea di tendenze riunire solo transitoriamente e negativamente, cioè per il loro passato antifascista, (...) pronta a disperdersi ciascuna sulla sua strada (...).Il partito rivoluzionario deve sapere invece che solo allora comincerà veramente la sua opera e deve perciò essere costituito di uomini che si trovino d'accordo sui principali problemi del futuro". E poi: "dalla schiera dei suoi simpatizzanti deve attingere e reclutare nell'organizzazione del partito solo coloro che abbiano fatto della rivoluzione europea lo scopo principale della loro vita".
Sin qui il Manifesto (che ho largamente sunteggiato). Due le idee base: 1) l'Europa unita come punto di arrivo della solidarietà e reciproca comprensione degli Stati, bandito ogni nazionalismo e ogni velleità di asservire gli altri Stati; 2) il "partito rivoluzionario" come soggetto di questa "rivoluzione europea", portatore di valori liberali, rappresentante dei diritti dei diseredati, capace di guidare l'Europa.
La Meloni non ha visibilmente letto il Manifesto. Piena com'è di daffare, avrà incaricato qualche collaboratore del suo staff di trovarle una frase ad effetto da chiudere il suo discorso alla Camera. E quello si sarà imbattuto nella espressione "partito rivoluzionario" e avrà creduto che si trattasse del Partito comunista nella sua versione più marxista-leninista possibile. Viceversa i tre autori del Manifesto pensavano a un partito rivoluzionario perché europeo, pervaso dei valori dell'Europa unita, capace di portarli avanti in quanto tali.
Inattuale il Manifesto? Vedo che persino uno storico di destra come Pier Luigi Battista (che io stimo) tale lo proclama. Può darsi: quel partito voluto da Spinelli, Rossi e Colorni in effetti è esistito solo lo spazio di un mattino (io lo identifico col Partito d'Azione, uno dei movimenti chiave della Resistenza ma poi subito discioltosi per i suoi conflitti interni). Ma rilegga, Battista che è un intellettuale onesto, i principi di fondo del Manifesto; e lo faccia storicizzandoli come deve fare il bravo storico. Vedrà che sono ancora attuali: senza una Europa unita, nell'età delle tre grandi potenze (Usa, Russia, soprattutto Cina) gli Stati europei scompariranno, alla stregua degli staterelli italiani prima del nostro Risorgimento.
Quanto a Giorgia Meloni, poi: legga, legga e rilegga. Non fa male a nessuno, tanto meno a chi vuole fare politica.


Nessun commento:

Posta un commento