martedì 4 marzo 2025

Il futuro di Zelensky

 Valery Zaluzhny


Davide Maria De Luca
Ucraina, appello all'Ue: 
«Uniti per avere garanzie»
Per Zelensky si apre il fronte politico interno

Domani, 4 marzo 2025

Dopo la debacle di Washington, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha raccolto la solidarietà e l'appoggio dei leader europei e di quello canadese riuniti a Londra domenica. «Siamo tutti uniti su un punto principale: la vera pace richiede vere garanzie. E questa è la posizione dell’intera Europa, dell’intero continente». Il presidente ucraino non si arrende e dice che è disposto a firmare l’accordo sui minerali, ma in cambio chiede ancora garanzie di sicurezza da parte degli Stati Uniti. Non solo: Zelensky ha ribadito che sarebbe pronto a lasciare in cambio dell’ingresso del suo Paese nella Nato, facendo capire che successivamente potrà sempre ricandidarsi.

Ma la posizione dell’amministrazione Trump rimane rigida e ora sembra che firmare l’accordo minerario non sia più sufficiente. Zelensky deve essere disposto a firmare un trattato di pace. Dall’Ucraina, però, si moltiplicano le richieste a Zelensky di riparare i rapporti con Trump, costi quel che costi. Dal mondo degli affari all’opposizione, le pressioni sulla leadership di Kiev perché trovi rapidamente un percorso che porti alla pace si fanno sempre più pesanti. Se Zelensky non porterà risultati, rischia di trovarsi con un problema non solo all’estero, ma anche in casa.

Intanto, a Dnipro, un missile russo colpisce un centro di addestramento militare, causando la morte di almeno 150 soldati e 30 addestratori stranieri, secondo le prime affermazioni diffuse dai media ucraini. In risposta all’attacco, il comandante in capo dell’esercito ucraino, il generale Oleksandr Syrsky, ha già rimosso due alti ufficiali ritenuti responsabili di non aver adottato adeguate misure di sicurezza. È stata aperta un’indagine sulla possibile fuga di notizie che avrebbe reso possibile l’attacco.

“Rally around the flag

Per il momento, l’attacco di Trump e del suo vice, J.D. Vance, ha finito con l’aiutare Zelensky. Dopo aver visto la fiducia dei suoi concittadini calare per quasi due anni, le ultime rilevazioni indicano che, dopo i primi attacchi della scorsa settimana, la fiducia nel presidente ucraino è salita: dal 52 per cento di inizio gennaio al 65 per cento, secondo un sondaggio dell’Istituto di sociologia di Kiev. E c’è da immaginare che quanto accaduto venerdì farà aumentare ancora gli indici.

Nel frattempo, i social media abbondano di dichiarazioni di solidarietà al presidente, e tutti i corrispondenti da Kiev raccontano aneddoti di persone scettiche o persino critiche sul presidente che, privatamente, sono tornati ad appoggiarlo in risposta agli attacchi ricevuti. «Zelensky mi ha fatto tornare a essere orgoglioso del mio presidente», dice ad esempio Oleksii Grusha, ingegnere del suono che nel 2019 aveva votato per il rivale dell’attuale presidente.

Si tratta di un classico effetto rally around the flag, il radunarsi attorno alla bandiera (o al leader) che caratterizza i gruppi sotto attacco o in situazioni di pericolo. Ma, secondo molti, se Zelensky non porterà presto risultati concreti, non è detto che questo fenomeno sia destinato a durare. «Il ritorno del sostegno a Zelensy è effimero – dice un parlamentare della fazione del presidente – Dietro le quinte l’opposizione sta già affilando le armi». La prospettiva di una possibile prossima fine della guerra ha rimesso in moto la macchina politica, e l’imboscata di Washington ha avuto l’effetto dell’odore di sangue su un banco di squali. In molti hanno notato che tra i commenti di solidarietà è mancato quello dell’ex comandante dell’esercito, il generale Valery Zaluzhny, oggi ambasciatore a Londra, indicato come il più probabile avversario del presidente alle prossime elezioni e dato di gran lunga favorito da tutti i sondaggi.

Zaluzhny potrebbe trovare un facile alleato nell’ex presidente Petro Poroshenko, leader della principale fazione parlamentare di opposizione. Poroshenko ha una faida personale aperta con Zelensky, che lo ha messo sotto sanzioni economiche accusandolo di tradimento per il suo ruolo nei governi pre rivoluzione di Maidan. Dopo lo scontro nell’ufficio ovale, Poroshenko ha promesso di «non attaccare» Zelensky. Poi, però, ha detto che gli ucraini «vogliono la pace e non ci possiamo più nascondere dalle garanzie di sicurezza», che gli ucraini non si possono permettere «atteggiamenti antiamericani» e che spera che Zelensky «abbia un piano B».

PACE E AFFARI

Da quando nel dibattito ucraino si è iniziato a discutere seriamente di pace, le aspettative nei confronti di Zelensky sono cambiate. Secondo gli ultimi sondaggi, più di metà degli ucraini è favorevole a una rapida fine delle ostilità, e per ottenerla un terzo è disposto a significative concessioni territoriali. È sulla sua capacità di ottenere una pace sostenibile e che non si trasformerà in nuovi combattimenti nel giro di sei mesi o un anno che molti ucraini giudicano il loro presidente.

Il mondo del business e degli affari è della stessa opinione. Bisogna mettere fine alle ostilità il prima possibile e mantenere una buona relazione con gli Usa, costi quel che costi. «L’Ucraina è ancora pronta a firmare l’accordo, la pace è ciò di cui abbiamo più bisogno», ha detto ieri al Kyiv Independent Oleksiy Stavnitser, titolare della più importante società di logistica portuale del paese. Anche se l’accordo sui minerali non è perfetto, lo si potrà migliorare strada facendo, è l’opinione dell’industria e della finanza ucraina.

Zelensky, almeno per il momento, non ha di che temere. La legge marziale impedisce lo svolgimento di elezioni, e la stragrande maggioranza degli ucraini, opposizione compresa, è contraria a eccezioni alla regola. «Farmi dimettere è solo il primo passo – ha detto ieri ai suoi avversari – Dovranno trovare il modo di non farmi partecipare alle prossime elezioni». Ma è proprio qui il problema. Tutti i sondaggi lo danno perdente, e di gran lunga, contro l’ex generale Zaluzhny.

Nessun commento:

Posta un commento