sabato 1 novembre 2025

Il pane può aspettare

Patrizia Violi
Sette vite, il paese, la guerra. L'estate finisce l'8 settembre

Corriere della Sera, 1 novembre 2025

«La banda del fischio»: il nome di battaglia che, con orgoglio e sfrontatezza, si era affibbiato un gruppo di amici. Sette ragazzi che con la bella stagione diventavano padroni di montagne e sentieri, fra corse, scampagnate e spuntini fra i boschi. Siamo a Cabiaglio, un paese nei pressi di Varese a pochi chilometri dal Lago Maggiore e dal confine svizzero, negli ultimi anni che precedono lo scoppio del secondo conflitto mondiale. A quei tempi bastava riprodurre la sequenza di fischi inventata dagli amici per riconoscersi, per potersi fidare. Per non rischiare cattivi incontri. Poi però, quando l’Italia entra in guerra tutto cambia, tutto peggiora e spaventa. Anche le amicizie basate sulle promesse più solenni possono essere messe in discussione e diventare pericolose. Questo si scopre nell’incipit de Il pane non può aspettare (Neri Pozza), il nuovo interessante romanzo di Pier Vittorio Buffa che, tornando nello scenario dove è ambientato il suo libro precedente, La Casa dell’uva fragola, approfondisce e amplifica il microcosmo del paese delle sue origini, mentre descrive le sfaccettature drammatiche della quotidianità degli italiani che subirono tutte le tensioni e gli orrori del conflitto anche vivendo in un luogo all’apparenza idilliaco.

Arriva l’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio. A Cabiaglio, piccolo centro lontanissimo dai luoghi dove vengono prese le decisioni nevralgiche, la notizia giunge confusa e incompleta. I paesani festeggiano pensando che la guerra sia finalmente giunta al termine.

«Adesso c’è solo da cominciare una nuova vita: senza il fascismo e senza la guerra. Così la piazza diventa la pista di una balera, dove tutti sono allegri, proprio tutti, anche quelli che non avrebbero nessun motivo per esserlo».

Ma qualcuno scettico riguardo a questa buona notizia veramente c’è: Innocenta, la panettiera del paese che, dietro l’atteggiamento cortese con cui accoglie i paesani nel suo negozio, cela intransigenza, paura e rancore. Emozioni sedimentate nel suo cuore dopo l’uccisione del marito, picchiato vigliaccamente a morte dai fascisti. La donna sa che purtroppo non è ancora arrivato il momento di rallegrarsi, non è ancora possibile mettersi alle spalle tutto il male che è stato fatto.

In paese infatti ci sono grandi tensioni. Non tutti sono schierati dalla stessa parte: c’è chi ha scelto di seguire Mussolini e chi ha deciso di rischiare tutto per evitarlo. L’odio e la diffidenza sono germogliati, ci si apposta dietro le finestre per spiare quello che fa il vicino di casa e vendere le informazioni.

Poi ci sono famiglie che aspettano notizie dai figli che combattono chissà dove. Isidoro, il portalettere del paese, per non aumentare l’ansia dell’attesa di cartoline e missive che possono portare brutte nuove, ha deciso di cambiare l’itinerario quotidiano di consegna. Allunga e muta il suo giro per confondere: l’orario in cui recapita la posta non è mai fisso, così le madri fanno più fatica a rendersi conto da quanto non arrivano lettere dai figli e mitigano un po’ la loro ansia.

Come sappiamo l’armistizio non ha portato la pace, anzi ha aumentato il caos, in tutto il Paese e anche nella piccola Cabiaglio, dove la situazione diventa sempre più confusa e drammatica. La posizione geografica del luogo è strategica, per chi deve nascondersi e fuggire, in una manciata di chilometri percorsi fra i sentieri si può raggiungere la salvezza in Svizzera. In questo clima pesante anche la complicità dei sette amici che scorrazzavano fra i boschi è venuta a mancare, c’è chi ha scelto di fare il partigiano, chi decide di disertare e chi invece è diventato repubblichino, perdendo ogni pietà. Tanto che davanti a una fucilazione di alcuni ragazzi non ha esitazione: «Hanno pressappoco la sua età, avrebbero potuto essere i suoi amici, come gli altri della banda del fischio. Il vero fascista si vede in questi momenti, quando deve scegliere fra gli affetti e la vittoria della rivoluzione».

Buffa delinea un affresco drammatico del nostro recente passato, dove sa mischiare, grazie a una scrittura densa e coinvolgente, le vicende della gente comune agli eventi della storia ufficiale. Un dettaglio molto particolare che colpisce nella struttura del romanzo è la totale mancanza di dialoghi, una decisione dell’autore per restare il più fedele possibile al tessuto della narrazione, ispirato ai racconti tramandati in famiglia. Con questa scelta originale e talentuosa il ritmo del racconto procede intenso e avvincente fino all’ultima pagina.



Nessun commento:

Posta un commento