José Saramago, Tutti i nomi, traduzione di Rita Desti, Einaudi, Torino 1998
incipit
Sopra la cornice della porta c'è una placca metallica lunga e stretta, rivestita di smalto. Su sfondo bianco, le lettere nere annunciano Conservatoria Generale dell'Anagrafe. Lo smalto è crepato e sbrecciato in alcuni punti. La porta è antica, l'ultimo strato di vernice marrone si sta scrostando, le venature del legno, visibili, ricordano una pelle striata. Ci sono cinque finestre sulla facciata. Appena si varca la soglia, si sente l'odore della carta vecchia. Certo è che non passa giorno senza che in Conservatoria entrino incartamenti nuovi, degli individui di sesso maschile e di sesso femminile che fuori continuano a nascere, ma l'odore non cambia mai, in primo luogo perché il destino di ogni foglio nuovo, subito dopo l'uscita dalla fabbrica, è quello di cominciare a invecchiare, in secondo luogo perché, di solito più spesso sui fogli vecchi, ma tante volte su quelli nuovi, non passa giorno che non si scrivano cause di decessi e relativi luoghi e date, ciascuno apportando i propri particolari odori, non sempre offensivi per le mucose olfattive, come dimostrano certi effluvi aromatici che di tanto in tanto, impercettibilmente, attraversano l'atmosfera della Conservatoria Generale e che i nasi più fini identificano come un profumo composto metà di rosa e metà di crisantemo.
Subito dopo la porta compare un alto paravento a vetri con due battenti da cui si accede all'enorme sala rettangolare dove lavorano gli impiegati, separati dal pubblico da un lungo bancone che unisce le due pareti laterali, a eccezione, a una delle estremità, del ripiano mobile che permette il passaggio all'interno. La disposizione dei posti nella sala rispetta naturalmente le priorità gerarchiche, ma essendo, come ci si aspetterebbe, armoniosa da questo punto di vista, lo è anche dal punto di vista geometrico, il che serve a dimostrare che non esiste alcuna insanabile contraddizione fra estetica e autorità. La prima fila di tavoli, parallela al bancone, è occupata dagli otto scritturali ausiliari a cui compete ricevere il pubblico. Dietro questa, altrettanto centrata rispetto all'asse mediano che, partendo dalla porta, si perde giù in fondo, negli oscuri confini dell'edificio, c'è una fila di di quattro tavoli. Questi appartengono ai funzionari. Dopo di loro, si vedono i vice, che sono due. Infine, isolato, da solo, come doveva essere, il conservatore, a cui quotidianamente si rivolgono chiamandolo capo.
IL MISTERO OLTRE IL QUOTIDIANO
Il Signor José è un modesto impiegato presso la Conservatoria Generale dell'Anagrafe, il cui unico svago è quello di collezionare notizie su persone famose ritagliate dai giornali. Un giorno, tuttavia, decide di andare alla fonte delle notizie e di verificare i dati di ciascuno dei personaggi collezionati: si introduce di notte negli immensi e polverosi archivi della Conservatoria e casualmente scopre che fra le varie pratiche si è intrufolata la scheda di una donna sconosciuta. Da quel momento, la sua vita cambia. Come una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde il mite impiegato si trasforma, fuori dall'ufficio: mente, falsifica, ruba. (presentazione editoriale)

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