Jacopo Jacoboni
Se ne va Anna Laura Braghetti, la "vivandiera" delle Br e del sequestro Moro, e l'omicida di Bachelet
La Stampa, 6 novembre 2025
Era, o volevano che sembrasse solo, “la vivandiera”. È morta a 72 anni dopo una malattia Anna Laura Braghetti, terrorista delle Br, che fu coinvolta, con un ruolo importante, nel rapimento di Aldo Moro e diversi altri omicidi. Era lei che si occupava del cibo del covo dove fu tenuto l’ex presidente della Democrazia cristiana, poi barbaramente assassinato dai terroristi. Ma da vivandiera era diventata una delle militanti più intransigenti dell’organizzazione terroristica.
L’appartamento di via Montalcini a Roma venne comprato dalle Br nel giugno del ‘77, l’annus horribilis dell’Autonomia, doveva servire per preparare la base che diventerà la prigione dell’ostaggio Aldo Moro. Secondo la ricerca storica attuale, l’appartamento fu probabilmente l’unica prigione di Moro per i 55 giorni del sequestro. La figura di Braghetti resta indissolubilmente legata a quell’appartamento, di cui lei al catasto risultò essere la proprietaria (le Br l’avevano intestato al membro della banda che sembrava più insospettabile come copertura, raccontò lei stessa).
L’immagine della vivandiera coprì a lungo il fatto che Braghetti fosse poi diventata a tutti gli effetti una delle più spietate brigatiste, una che sparava. Come gli altri, anche spiccando per temerarietà e crudeltà. Il 3 maggio del ‘79 partecipò a un’azione armata alla sede della Democrazia Cristiana in piazza Nicosia, Roma, e quel giorno rimasero uccisi due agenti, Antonio Mea e Piero Ollanu. Fu Braghetti, secondo i tribunali, ad aprire il fuoco assieme a un altro brigatista.
Soprattutto, il suo nome resta legato anche a uno degli atti più sanguinari della ricca storia brigatista: il 12 febbraio 1980, assieme a Bruno Seghetti, Braghetti partecipò all’omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ex presidente dell’Azione cattolica, Vittorio Bachelet. Braghetti spara per prima. Le modalità dell’assassinio, a pensarci oggi, sono barbare come poche. Bachelet ha finito una lezione alla Sapienza e sta parlando con Rosy Bindi, che era l’assistente del professore. I brigatisti lo aspettano totalmente indisturbati sulla scalinata che porta alle aule dei professori della facoltà di scienze politiche. Gli sparano con una calibro 32 Winchester, sette proiettili. Bachelet muore sul colpo, i criminali codardi girano i tacchi e se ne vanno. Braghetti ricordava con soddisfazione che «ai funerali di Vittorio Bachelet la famiglia perdonò gli assassini, pregò per me».
Negli anni della detenzione Braghetti ha scritto diversi libri, che hanno fatto anche discutere per una certa spregiudicatezza, la capacità mediatica, unita a una disperante mediocrità intellettuale, libri anche con la terrorista nera Francesca Mambro, ricchi di riflessioni pensose sulla violenza politica, il carcere, la memoria. In uno di questi libri a un certo punto scrive «i begli ideali di trasformazione … ho capito che prima vengono le persone e poi la politica». Anche nella presa di distacco, continuava a chiamarli «i begli ideali». Libri che però sono anche importanti come fonte documentale – sebbene contengano diverse contraddizioni che hanno affaticato gli storici e giornalisti – su dettagli soprattutto del sequestro Moro.
Fu sposata con un altro brigatista, Prospero Gallinari, che è stato condannato per 8 omicidi, tra cui quello di Moro e della scorta. Oggi la famiglia, dopo che Braghetti negli ultimi anni della sua lunga carcerazione è stata impegnata nel sociale, con la cura di detenuti e persone in difficoltà, dipinge un ritratto di questo stampo, «ci ha lasciati la nostra cara Anna Laura circondata dall'amore dei famigliari e degli amici. I funerali si svolgeranno in forma strettamente riservata». Ma evidentemente nulla può dar dimenticare il ricordo delle azioni terribili compiute da quella che doveva essere “la vivandiera”.

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