In Italia diventare adulti richiede sempre più tempo e il percorso di transizione all’età adulta si allunga. Oggi ci si laurea in media a 25 anni (26,3 per la magistrale), si lascia la casa dei genitori a 30,1 anni, il primo matrimonio arriva a 36,9 e il primo figlio ai 32,6 della donna. Sulla timeline della vita, in pratica, tutte le tappe fondamentali che scandiscono la crescita si sono spostate più in là di qualche anno. Un posticipo dei passaggi che conducono alla vita adulta che si è trasformato in un ritardo cronico dei giovani italiani e ostacola la piena realizzazione di migliaia di ragazzi nel nostro Paese.
I trend demografici disegnano una curva inesorabile: la popolazione tra i 25 e i 34 anni è passata dagli 8,5 milioni del 2005 agli attuali 6,2 milioni di residenti. In vent’anni l’Italia ha perso il 26,6% dei giovani, in particolare di coloro che vivono gli anni clou per il raggiungimento dell’indipendenza. Per avere un benchmark di riferimento, nello stesso arco di tempo il calo demografico che ha caratterizzato la fascia d’età immediatamente precedente, tra 15 e 24 anni, è stato del 2,5 per cento. E l’intera popolazione, invece, è addirittura aumentata dell’1,6% rispetto al 2005. Numeri che individuano, senza equivoci, le generazioni più colpite.
In questo contesto il posticipo dell’età adulta aggrava ulteriormente lo squilibrio generazionale. «Sono sempre meno i giovani che riescono a raggiungere tutte le tappe fondamentali della vita entro i 35 anni», spiega Maria Testa, docente di demografia all’università Luiss Guido Carli di Roma. Nel 2024 il 44% dei giovani tra 25 e 34 anni viveva ancora con la famiglia di origine, una percentuale che sale al 63,3% se si considerano tutti i maggiorenni under 35. In pratica tra i 25 e i 34 anni solo il 56% aveva lasciato la casa dei genitori. A stupire, inoltre, è il trend: nonostante le politiche attive e i sostegni alle giovani coppie per l’acquisto di un’abitazione, rispetto al 2005 il peso di chi vive ancora in famiglia tra i 25 e i 34 anni è aumentato dell’1,8 per cento; tra tutti gli under 35 l’aumento è stato addirittura del 3,8 per cento.
Il percorso verso l’indipendenza, insomma, per molti diventa più lungo. E in parallelo diminuisce vertiginosamente il quoziente di nuzialità: il tasso di sposi maschi nella fascia d’età tra 25 e 34 anni è passato da 36 a 22 ogni mille residenti negli ultimi vent’anni; le giovani spose, invece, nel 2024 sono state 24 contro le 38 ogni mille convolate a nozze nel 2005.
Cresce poi, in linea con gli standard internazionali, la quota di chi conquista la laurea nella fascia d’età tra 24 e 34 anni (erano il 16,2% nel 2005, oggi sono il 31,6%) e aumentano in media gli anni passati sui libri.
Spesso l’istruzione contribuisce ad allungare il percorso verso l’età adulta, anche se gli ultimi dati Almalaurea segnalano «una tendenziale riduzione nell’ultimo decennio dell’età media dei laureati, un aumento del tasso di occupazione a un anno dal titolo e una riduzione dei tempi medi di inserimento nel mercato del lavoro». A testimoniare l’urgenza di “tagliare i tempi”, però, si afferma un altro dato: la quota di laureati già inseriti nel mercato del lavoro prima del conseguimento del titolo di laurea è in tendenziale aumento nel tempo, dal 36% tra i laureati di primo livello del 2015 al 42% nel 2023 (da 27,5% a 36,1% tra i laureati di secondo livello).
Infine è il passaggio al mondo del lavoro che diventa cruciale. Il tasso di occupazione giovanile non è molto variato rispetto a quello di vent’anni fa, ma è in costante aumento negli ultimi anni, dopo il record negativo toccato nel 2014. Oggi a lavorare è il 68,7% dei ragazzi tra 25 e 34 anni, ma solo il 22,7% di questi giovani lavoratori è un genitore: si tratta di circa 965mila su 4,2 milioni di occupati, un’enclave in continua flessione dopo la pandemia nonostante l’aumento del tasso di occupazione giovanile (nel 2021 i giovani lavoratori con figli erano 986mila). «In questo contesto si stima che oggi solo il 13% degli italiani tra 18 e 34 anni abbia già un figlio, un dato coerente con il calo delle nascite in corso negli anni più recenti», spiega la demografa.
Nel sempre più difficile percorso a tappe, infatti, la scelta di mettere al mondo un figlio diventa la più difficile e a compierla, appunto, sono sempre meno giovani. Nelle grandi città più popolose - Milano, Firenze e Roma - l’età media della donna al parto del primo figlio ha toccato i 33,4 anni nel 2024, la più alta su scala nazionale. «Il posticipo dei progetti di vita di fatto comprime il tempo riproduttivo per una donna», spiega la professoressa Testa.
Il risultato è che, in base ai dati Istat, tra i 12 milioni di residenti giovani (25-34 anni) oggi si incontrano circa 184mila genitori soli under 35 e 851mila donne con figli che vivono in coppia. Si tratta dell’8,6% dei giovani presi in esame, a cui andrebbero sommati anche gli eventuali padri under 35 che vivono in coppia (di cui però l’Istat non fornisce il dato). Nel 2005 erano il 10,8%, una percentuale calante che testimonia come la vera emergenza - che si nasconde dietro la denatalità - sia piuttosto la progressiva “de-genitorialità” che emerge dalle statistiche.

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