mercoledì 19 novembre 2025

Gombrich e la sua Storia dell'arte

e Gombrich ci insegnò a vedere il mondo

Libri che hanno fatto la storia. Bill Sherman, direttore del Warburg, spiega che «The Story of Art» insegna ancor oggi la scienza della visione, soprattutto ai ragazzi che diventano esploratori esperti

The Story of Art nasce a Londra, nel 1950 e il Festival dell’Arte di Vicenza offrirà il perfetto birthday party per i suoi 75 anni. È stato un bestseller globale, il libro sull’arte più venduto al mondo e anche il primo libro in lingua inglese di spessore scritto da un esule austriaco. Giunto alla sua sedicesima edizione, con oltre 8 milioni di copie vendute in trenta lingue, The Story of Art conserva tutt’ora la capacità di introdurre lettori di ogni età e provenienza alla storia dell’arte, spaziando dalle pitture rupestri fino alla fotografia. L’autore, Ernst Gombrich, sarebbe poi stato, lungo il corso della sua vita e fino alla morte avvenuta nel 2001, uno degli intellettuali più popolari in Gran Bretagna. Il suo obiettivo era quello di rendere la storia dell’arte comprensibile e avvincente per un vasto pubblico. Le parole che aprono il libro dichiarano: «Questo libro è destinato a tutti coloro che sentono il bisogno di un primo orientamento in un campo strano e affascinante».

Ad un attento esame il libro ora comincia a mostrare piccoli segni dell’età. Vediamo quali.

Gombrich era specializzato nel Rinascimento Italiano, ed è per questo che l’arte rinascimentale domina nel suo racconto. L’arte del Novecento, definita “Arte sperimentale”, viene relegata solo al ventisettesimo capitolo, l’ultimo del libro, e il racconto ne scalfisce solo la superficie. Se il libro fosse stato scritto oggi la parziale omissione degli artisti non europei sarebbe inaccettabile. Una evidente dimostrazione della sua età è anche la completa assenza di artiste donne che fu criticata persino dai contemporanei dell’autore e che è stata denunciata più di recente nella provocatoria risposta di Katy Hessel, The Story of Art Without Men (2022), una rassegna della storia dell’arte in cui non compare neppure un uomo artista. Tuttavia, per altri versi, l’opera di Gombrich appare ancora giovane, fresca e più attuale che mai.

Spiegherò più in dettaglio perché la penso così in occasione del discorso che terrò il 14 novembre al Festival dell’Arte di Vicenza, Artis, ma qui – come anteprima – anticipo due osservazioni, una che riguarda i bambini e i ragazzi, e una la scienza.

L’ironia crudele dei nostri tempi è che, mentre ai giovani viene presentata una quantità infinita di immagini (dai social media alla pubblicità e a internet), la formazione scolastica necessaria per “leggere” tali immagini è stata notevolmente ridotta. Nel Regno Unito, il numero di scuole secondarie in cui si insegna ancora la storia dell’arte è sceso a una sola cifra. La conseguente crisi di alfabetizzazione visiva è proprio quello che The Story of Art intendeva prevenire.

Il racconto della gestazione del nostro importante libro risale a quindici anni prima della sua pubblicazione, ed è legata a un precedente progetto di Gombrich. Nel 1935, quando aveva solo 26 anni, un editore austriaco gli diede sei settimane per tradurre dal tedesco all’inglese un libro per bambini sulla storia del mondo. Gombrich rispose che preferiva scriverne uno cominciando da zero, e che ci avrebbe impiegato lo stesso tempo. Così fu. Nacque, dunque, il suo Eine Kurze Weltgeschichte für Junge Leser, una breve storia del mondo per giovani lettori. Il libro ebbe un notevole successo e l’editore invitò l’autore a scriverne un altro simile, questa volta sulla storia dell’arte.

Questo succedeva nel 1936, proprio l’anno in cui Gombrich fu costretto all’esilio a Londra dove fu assunto al Warburg Institute (prodigioso istituto di ricerca dedicato allo studio della storia culturale globale e al ruolo delle immagini nella società, anch’esso salvato dalla Germania quando i nazisti andarono al potere nel 1933).

Del nuovo libro Gombrich scrisse alcuni capitoli di prova in lingua tedesca, facendone fare la traduzione in inglese a Elizabeth Senior, curatrice del vicino British Museum, e anche editor della collana King Penguin. La stessa King Penguin avrebbe poi pubblicato nel 1940 un breve libro di Gombrich ed Ernst Kris sulla storia della caricatura. Allo scoppio della guerra, Gombrich fu arruolato dalla Bbc per monitorare le trasmissioni tedesche, e Senior fu uccisa da una bomba che colpì la sua casa nel 1941. Ma l’opera di Gombrich non si fermò qui. Un altro esule viennese a Londra, Béla Horvitz, lo incoraggiò a rilanciare il progetto per la Phaidon Press, casa editrice da lui fondata a Vienna nel 1923 insieme a Ludwig Goldscheider con l’obiettivo iniziale di produrre libri d’arte di alta qualità ma accessibili a tutti. Horvitz chiese alla figlia quindicenne, Elly, di leggere i capitoli di Gombrich. Elly fornì al padre un’entusiastica recensione e nel 1944 fu stipulato il contratto per The Story of Art. Quando il libro fu finalmente pubblicato nel 1950, Gombrich spiegò nella prefazione: «I lettori a cui avevo pensato prima di tutto erano ragazzi e ragazze adolescenti che avevano appena scoperto il mondo dell’arte in prima persona». Qualche anno dopo, nel 1959 Gombrich fu nominato direttore del Warburg Institute e mantenne la carica fino al 1976.

Oggi, gli adolescenti sono meno propensi a scoprire e scegliere l’arte come materia di studio, nonostante vi abbiano accesso più che in qualsiasi altro momento storico. Credo che ciò sia dovuto in gran parte a una seconda crisi dell’istruzione, quella dello spostamento da materie umanistiche verso quelle scientifiche note con l’acronimo inglese Stem, riferito a discipline quali Science, Technology, Engineering e Mathematics. Le Stem attraggono i giovani con la promessa di lavori migliori e stipendi più alti. Tuttavia, come ci ricordano gli eroi rinascimentali di Gombrich, Leonardo e Michelangelo, le arti e le scienze sono fondamentalmente connesse e le sfide per comprendere e migliorare il mondo dipendono da entrambi i lati del divario disciplinare. Separare le arti dalle scienze è un’operazione riduttiva e regressiva. Il progresso, io credo, è legato a ciò che ci insegna il libro di Gombrich che è molto più di un esercizio di apprezzamento dell’arte, poiché fornisce un’introduzione approfondita non solo alla storia dell’arte ma anche alla scienza della visione. Come ha affermato Neil MacGregor, direttore del British Museum dal 2003 al 2015, gli insegnamenti di Gombrich «sono centrati su questioni di percezione, su come organizziamo le informazioni ottenute usando lo sguardo, come trasformiamo il visuale in visione [sight into insight]». Come Elly Horvitz, anche MacGregor aveva letto The Story of Art a quindici anni e «aveva avuto la sensazione di aver ricevuto la mappa di un grande paese».

Da parte mia, credo fermamente che The Story of Art abbia ancora il potere di trasformare i nostri figli in esploratori esperti del mondo visivo. Questo non solo rende il libro atto a essere celebrato in occasione di questa prima edizione di Artis, Festival dell’Arte, ma offre anche un filo rosso che potrebbe potenzialmente collegarlo a un festival della scienza, poiché in esso arte e scienza convivono, così come succedeva per i grandi artisti del passato.

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