venerdì 21 novembre 2025

Lo zampino russo

Francesco Grignetti
Cicchitto: "Garofani? C'è odore di 007 russi" 

La Stampa, 21 novembre 2025

Dietro l’affaire Garofani, uno che se ne intende di 007, specie quelli cresciuti alla scuola del Kgb, vede un metodo inequivocabile. «C’è stata troppa attenzione alle ricadute di politica interna, ma la vera partita si gioca sulla politica estera. Perché Francesco Saverio Garofani sarà pure un consigliere politico del Capo dello Stato, ma è soprattutto il segretario del Consiglio supremo di Difesa, quel consesso che si riunisce al Quirinale con Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, ministri, e vertici delle forze armate. E in questa veste il segretario del Consiglio supremo di Difesa è ovviamente all’attenzione dei russi», dice Fabrizio Cicchitto, una storia lunghissima nel Psi e poi in Forza Italia, parlamentare per molte legislature, profondo conoscitore dei misteri sovietici emersi con il dossier Mitrokhin e poi membro del Copasir.

Cicchitto, dunque lei non s’è appassionato alle presunte trame politiche?

«Mi meraviglia la meraviglia. Garofani è uno di quegli esponenti della dc di sinistra che d’istinto diffida di un governo di destra, ma allo stesso tempo è allarmato da Elly Schlein, e non solo perché sta schiacciando il Pd a sinistra, ma perché ondeggia in politica estera, ha evidenti esitazioni sul riarmo della nostra Difesa, sulla Nato, sull’Ucraina. Sicuramente Garofani è stato imprudente a parlarne in pubblico, ma il problema vero è che qualcuno deve aver registrato segretamente le sue parole. Perché ai miei occhi è evidente che è stato registrato. Infatti non ha potuto smentire lo scoop del quotidiano La Verità. Ma gli aspetti di politica interna sono soltanto un pezzo di questa storia e nemmeno la più importante».

Chi avrebbe registrato il colloquio?

«Io non posso saperlo. Ma intuisco che Garofani, per la sua posizione al Consiglio supremo di Difesa, dove è di prassi che ci sia un militare e invece lui è un uomo politico, per il sostegno che il Quirinale con Sergio Mattarella non sta facendo mancare alla Nato, all’Europa, e all’Ucraina, è automaticamente un target dei russi. Ricordiamoci le varie uscite della portavoce Maria Zakharova. Come si dice in gergo, Garofani sarà stato “attenzionato”. E quando il dossier è stato maturo, ecco la mail anonima e un canale sicuro: è evidente che il quotidiano La Verità cavalca posizioni putiniste e perciò è anche il più critico con il Quirinale».

E dunque?

«Dopo l’uscita a sorpresa di Matteo Salvini che stava mandando in crisi il sostegno all’Ucraina, al Quirinale s’era tenuta una riunione del Consiglio supremo di Difesa che ha rimesso in carreggiata la nostra politica estera. Era di lunedì pomeriggio e Garofani era al tavolo a gestire i lavori. Ebbene, un attimo dopo che è stato emesso il comunicato che riduceva Salvini all’angolo, ecco che parte la botta. Martedì mattina esce lo scoop del direttore Maurizio Belpietro, che giornalisticamente ci sa fare. Ed è da notare che il pranzo incriminato avveniva diversi giorni prima».

Che cosa conclude?

«È gravissimo che il consigliere Garofani fosse seguito e che le sue conversazioni siano state registrate. È stato creato a tavolino un dossier che poi è arrivato sulla scrivania giusta».

Lei ci vede lo zampino russo.

«Guardi, in Italia si fa proprio finta di non vedere. Il ministro Guido Crosetto che cosa ha appena denunciato? Che i russi si muovono dentro l’Italia e contro l’Italia. Nella denuncia di Crosetto c’è già tutto. Ci sono spie russe all’opera, italiani insospettabili che vengono arruolati dall’intelligence di Mosca, operazioni di disinformazione e di provocazione, tentativi di minare la solidità delle nostre istituzioni. Il ministro della Difesa quel che doveva dire, l’ha detto».

E lei, che ha studiato il nostro passato più oscuro, ci vede i meccanismi classici del Kgb?

«Non si è voluto fare i conti con quel passato. Ma il conto alla fine te lo presenta la storia».


Luigi Manconi
La destra che rifiuta i valori del Colle

la Repubblica, 20 novembre 2025

In un sistema democratico e — per sua stessa natura — laico, nessuna figura d’autorità è sacra: e sottratta alla critica e alla contestazione. Eppure, secondo l’elaborazione della scienza politica e della filosofia, c’è un tratto di sacralità che si può rinvenire nelle istituzioni civili e nei loro più alti rappresentanti. È quella sacralità laica che discende dalla capacità di incarnare un sentire comune, un patto sociale e una concordia civile che rendono un popolo il più possibile simile a una comunità. Nonostante e oltre le tensioni, i contrasti, perfino le lacerazioni. Sergio Mattarella rappresenta, oggi in Italia, questa possibilità. L’opportunità, cioè, di una unità nazionale più forte e salda di tutti i conflitti sociali e politici (che, per quanto mi riguarda, sono sempre salutari). Di questo, la stragrande maggioranza degli italiani sembra essere fermamente convinta. E, tuttavia, anche in questo caso — nella faticosa costruzione di una sorta di religione civile — le critiche possono essere fertili. Ma tutto ciò che cosa ha a che vedere con la virulenza dell’attacco che in questi giorni una parte della destra sta scatenando contro il Quirinale di Mattarella? Giova ribadirlo: qui non si vuole pregiudicare il diritto di critica, anche asperrima, nei confronti della più alta autorità dello Stato. Si vuole, piuttosto, sottolineare quale sia la trama politica in cui quella critica si colloca.

I fatti sono noti: un importante consigliere del capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, nel corso di una cena in un ristorante, si lascia andare a considerazioni sul quadro politico presente e su quello futuro e manifesta le sue opinioni e i suoi auspici. Davvero nulla di più. Ma ecco che quelle presunte rivelazioni vengono presentate come “Il piano del Quirinale per fermare la Meloni”: questo è il titolo di prima pagina, su sei colonne, del giornale che ha promosso una simile campagna. È un quotidiano italiano di estrema destra, La Verità, e dunque — coerentemente, assai coerentemente — filorusso. Il che, ovviamente, non è un reato: basta saperlo. Lo stesso foglio, per capirci, ha pubblicato interamente l’intervista al ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e le sue parole da eccitato agit-prop, molto ragionevolmente rifiutate dal Corriere della Sera. Non si vuole, con ciò, squalificare quel quotidiano di estrema destra, ma solo evidenziare lo scenario in cui opera. Le parole del consigliere Garofani vengono rese note a poche ore da uno dei momenti più significativi dell’attuale stagione politica. Lunedì scorso si è svolta la seduta del Consiglio supremo di difesa, del quale lo stesso Garofani è segretario, presieduto da Sergio Mattarella. In quella riunione, presenti la premier, il ministro della Difesa Guido Crosetto e il Capo di Stato maggiore, Luciano Antonio Portolano, sono stati affrontati temi cruciali: si è confermato “il pieno sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà” e si è denunciato “l’accanimento della Russia nel perseguire, a ogni costo, i propri obiettivi di annessione territoriale”.

Inoltre, il ministro Crosetto ha presentato un documento informale in cui si chiede di esercitare la massima vigilanza contro le minacce ibride provenienti dalla Russia e da altri soggetti stranieri ostili. La riunione, durata quattro ore, è stata secretata, a conferma della estrema delicatezza delle questioni trattate e del fatto che sia stato un incontro particolarmente importante, profondamente inserito nell’attuale quadro geopolitico e strettamente correlato agli allarmi, presi molto sul serio, che tale quadro suscita. Da questo punto di vista l’esposizione del capo dello Stato e del segretario del Consiglio supremo di difesa a una attività di denigrazione è stata assai più — e assai più pericolosa — di una legittima critica, anche la più aggressiva. Si può agevolmente immaginare la soddisfazione di Vladimir Putin, di Lavrov e della spiritosissima portavoce Marija Zacharova di fronte alla notizia che in Italia si sarebbe tutti alacremente impegnati nell’“occultare le trame del Colle” (cito ancora testualmente). D’altra parte, Mattarella si è qualificato, da tempo, per una pacata e pur rigorosissima posizione europeista; e si trova, dettaglio tutt’altro che secondario, tra le personalità più invise a una certa componente della destra, ma anche ad alcuni segmenti della sinistra, per le sue reiterate parole nitidamente favorevoli a un approccio scientifico alla questione della salute individuale e pubblica. Cosa poco apprezzata, va da sé, dal popolo variopinto e irritabile dei NoVax (peraltro anche loro attratti, bizzarramente, dal “fantastico mondo di Putin”).

Viva, dunque, la più incondizionata libertà di critica, ma — oltre che al diritto — badiamo un po’ al rovescio.

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