Marco Aime
Non politicizzare le diversità è la via per combattere i nazionalismi
La Stampa Tuttolibri, 6 novembre 2025 (3 giugno 2023)
Mahmood Mamdami, Né coloni, né nativi. Lo Stato-nazione e le sue minoranze permanenti, Meltemi
... Gli immigrati vengono in cerca di una patria, non di uno Stato; per i coloni non può esserci patria senza Stato. Per l'immigrato la patria può essere condivisa; per il colono, lo stato deve essere uno Stato-nazione, una riserva della nazione in cui tutti gli altri sono al massimo ospiti tollerati». Alla luce di questa distinzione, risulta quanto mai interessante il capitolo dedicato alla questione israelo-palestinese, in cui Mamdani rileva come la prima immigrazione ebraica non aveva le caratteristiche di una colonizzazione. Prima del successo del progetto sionista nel definire violentemente lo Stato di Israele come uno stato ebraico, l'arrivo di ebrei in Palestina era, appunto, una immigrazione.
Anche il processo di Norimberga va annoverato nel fallimento della missione civilizzatrice, in quanto l’avere trattato il nazismo semplicemente come un insieme atti criminali di singoli autori (che furono processati, giudicati e, talvolta impiccati), fece sì che il progetto politico del nazismo non fosse mai esposto e respinto. Rifiutando di riconoscere i fondamenti politici del nazismo, la base filosofica e strutturale dello stato-nazione non fu mai messa in discussione. Nel caso del Sudan, invece, sono state le strutture razziali e tribali imposte dai coloni inglesi, che segregarono arabi e subsahariani in patrie separate, a costituire le basi per le violente guerre civili, peraltro ancora in corso, che hanno condotto alla separazione del Sud-Sudan. Così come nel Sudafrica dell’apartheid i coloni bianchi hanno costretto la popolazione nera nelle cosiddette patrie tribali, note come Bantustan.
Questo ha portato a una politicizzazione delle identità, che spesso sfocia nella violenza, ma è proprio dal Sudafrica che, secondo Mamdami, potrebbe arrivare una proposta: il successo della fine dell'apartheid in Sud Africa, potrebbe rappresentare un modello, per porre fine alla violenza nazionalista. Le principali forze del movimento anti-apartheid – gli studenti, i lavoratori migranti e gli organizzatori sindacali e non gli esiliati e i prigionieri – hanno lavorato insieme attraverso – e contro – le loro identità specifiche. Così facendo, hanno rifiutato la politicizzazione della diversità. Hanno smesso di «accettare che le loro differenze debbano definire chi beneficia dello stato e chi ne è emarginato», incoraggiando le persone classificate come africani, meticci, indiani e bianchi a immaginare e accettare di essere tutti parte della stessa comunità politica, hanno dimostrato che tutte le identità politiche sono mutevoli e quindi mutevoli. La proposta di Mamdami è dunque di “decolonizzare le identità”, che non significa, come pensa qualcuno dei nostri politici, eliminare la differenza, si tratta invece di depoliticizzare la diversità, che c’è sempre stata e sempre ci sarà. Non si tratta neppure di imparare a conviverci, perché lo facciamo da sempre, solo che non ce ne accorgiamo.

Nessun commento:
Posta un commento