mercoledì 30 aprile 2025

Un papa diverso


Mimmo Muolo
L'assurdità del toto-Conclave: adesso lasciamo fare allo Spirito
Avvenire, 30 aprile 2025

Benedetto XVI ci aveva avvertiti. Esiste, sosteneva, un Concilio Vaticano II di carta, cioè raccontato dai mass media, e uno effettivo, vissuto dai Padri sinodali. È in effetti il rischio che spesso si corre in relazione agli eventi della Chiesa. La distanza, a volte anche considerevole, tra quanto viene percepito dall’opinione pubblica e quanto accade veramente. Un rischio da mettere in conto – e perciò da evitare – anche in relazione all’ormai imminente Conclave. Certo, era ampiamente prevedibile lo scatenarsi in questi giorni del cosiddetto “totopapa”. Così come è umanamente comprensibile l’effetto emotivo che induce molti a ipotizzare l’elezione di un Francesco II. Ma non è sull’onda dell’emotività che si prendono certe decisioni. E la scelta dei cardinali di rimandare di un paio di giorni l’ingresso nella Cappella Sistina può essere interpretato anche come il segnale della volontà di prendersi il tempo che serve per riflettere, confrontarsi, conoscersi più a fondo. In sostanza per discernere, se vogliamo usare un termine caro proprio a papa Bergoglio.

Il loro delicato compito di individuare il 266° successore di Pietro, più che anticipato con improbabili quanto pressoché inutili sbirciatine nella sfera di cristallo, va accompagnato con l’atteggiamento proprio del credente. Poche parole, tanta preghiera. E anche un pizzico di conoscenza della storia della Chiesa. Che da questo punto di vista ha tanto da insegnare. Dice, ad esempio, quella storia, che quasi mai i Papi si sono succeduti tra loro in base al criterio della copia conforme. Dopo Giovanni XXIII non è venuto Giovanni XXIV, ma Paolo VI, umanamente, spiritualmente e culturalmente assai diverso dal suo predecessore. Ma questa diversità non gli ha impedito di portare a termine l’opera più bella del suo predecessore, il Concilio Vaticano II, mediando tra l’altro fra le tensioni del suo tempo, assimilabili in un certo senso a quelle che vive oggi la Chiesa. E dopo Giovanni Paolo II non è venuto Giovanni Paolo III, ma Benedetto XVI, che ne era stato sì il suo più fidato collaboratore, ma ha vissuto il proprio Pontificato – ancora poco compreso – secondo la propria personalità.

Il riferimento a papa Roncalli e a papa Wojtyla, entrambi santi e canonizzati proprio da Francesco, non è casuale. Il loro livello di popolarità è stato infatti ampiamente paragonabile a quello del Pontefice argentino. E dunque la storia anche recente della Chiesa ci insegna che l’affetto più o meno grande della gente per il Papa non è l’unico criterio da tenere in conto nella scelta di chi andrà a sedersi sulla Cattedra di Pietro. E questo porta a riflettere anche sulla questione immediatamente successiva. Che cosa significa continuità? E soprattutto, continuità rispetto a che cosa? Anche in questo caso la storia della Chiesa può fornire un orientamento. È necessario non separare il Papa, chiunque egli sia, da quella storia o, peggio ancora, isolarlo dalla comunità ecclesiale, in una visione manichea secondo cui tutto il positivo starebbe da una parte e tutto il negativo dall’altra. Questa è la Chiesa “di carta”, per tornare all’avvertimento di papa Ratzinger. Il Papa è invece espressione della Chiesa vera, cioè comunità dei credenti e Corpo mistico di Cristo. Perciò con la Chiesa e per la Chiesa agisce, secondo l’ispirazione di Cristo Capo di quel Corpo.

La continuità che in questi giorni di preconclave dobbiamo invocare è quella rispetto all’azione dello Spirito, che soffia dove vuole e che anima la Chiesa stessa secondo le necessità del tempo. Lo ha ricordato anche il cardinale Giovanni Battista Re nell’omelia dei funerali di Francesco, commentando la pagina del Vangelo, nella quale Gesù interpellava il primo degli Apostoli: “Pietro, mi ami tu più di costoro?” e di fonte alla sua risposta (“Signore, tu conosci tutto; Tu sai che ti voglio bene!”) gli affidava la grande missione: “Pasci le mie pecore”. «Sarà questo il compito costante di Pietro e dei suoi Successori – ha sottolineato Re –, un servizio di amore sulla scia del Maestro e Signore Cristo che “non era venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti”».

Lasciamo, dunque, allo Spirito la libertà di indicare quale debba essere la linea della continuità, ai cardinali nella Sistina di discernere la sua voce scegliendo il candidato più idoneo e allo stesso futuro Pontefice di muoversi con quella continuità creativa (dove la creatività sta anche nella personale indole del nuovo Pontefice), che ha sempre caratterizzato il passaggio di testimone da un Papa all’altro. Ha fatto così, in fondo, anche papa Francesco rispetto a Benedetto XVI. E proprio lui, che alle ispirazioni dall’Alto ha sempre detto di aver conformato il suo ministero petrino, lo raccomanderebbe oggi a chi si affanna in un Conclave di carta, che rischia di essere distante da quello che effettivamente comincerà il 7 maggio.

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