Michelangela Di Giacomo
A che cosa serve studiare oggi l'eurocomunismo? Cosa può insegnare questo esperimento breve ma convinto, portato avanti da alcuni partiti comunisti radicati in Paesi a capitalismo maturo tra la fine degli anni '60 e i primi anni '80? Per rispondere a queste domande, il volume ricostruisce la genesi e lo sviluppo di questa strategia, concentrandosi sul ruolo dei partiti italiano e spagnolo. La ricerca, vincitrice del Premio Leuzzi del Senato della Repubblica, racconta attraverso fonti archivistiche il tentativo di Enrico Berlinguer e Santiago Carrillo, di dare vita a un comunismo democratico adatto alle società europee, allontanandosi dal socialismo realizzato e in dialogo con le altre forze della sinistra. L'eurocomunismo torna oggi di interesse perché ha anticipato temi cruciali dei decenni successivi, come la necessità di un'azione politica su scala europea per il rafforzamento dei sistemi democratici, la ricerca di risposte nuove di fronte alla ristrutturazione dei sistemi capitalistici a tutela dell'uguaglianza, della solidarietà sociale e del benessere diffuso e la costruzione di nuovi equilibri internazionali per garantire la pace.
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Eurocomunismo Corrente ideologica e progetto politico sviluppati, intorno alla metà degli anni Settanta del Novecento, dal Partito comunista italiano di E. Berlinguer e da altri partiti comunisti dell’Europa occidentale (quello spagnolo, guidato da S. Carrillo, e quello francese, il cui leader era G. Marchais), nel momento di maggiore attrito con l’ideologia e la politica dell’URSS di L. Brežnev. Esso affermava il principio della realizzazione di una società socialista nei Paesi a capitalismo avanzato attraverso la progressiva attuazione di riforme economiche e sociali nel pieno rispetto delle regole previste dalle democrazie parlamentari; dalle «vie nazionali al socialismo» si passava così a delineare una sorta di «via europea», da attuarsi nel quadro della distensione e di un nuovo ruolo internazionale dell’Europa. I primi passi furono il comizio comune di Berlinguer e Marchais (Bologna, maggio 1973), cui seguì la Conferenza di Bruxelles dei partiti comunisti europei (1974). Nei mesi successivi, la vittoria elettorale delle sinistre unite in Francia, l’avanzata del PCI alle elezioni amministrative del 1975 e la morte del dittatore spagnolo F. Franco, posero condizioni favorevoli per lo sviluppo del processo, i cui passaggi principali furono le dichiarazioni comuni PCI-PCE (luglio 1975) e PCI-PCF (nov. 1975), ma soprattutto la Conferenza di Berlino dei partiti comunisti europei (giu. 1976) e l’incontro di Madrid Berlinguer-Carrillo-Marchais (1977). Tuttavia alcune divergenze fra i tre segretari, l’aspra polemica antisovietica di Carrillo e le incertezze di Marchais, oltre al graduale venir meno di un contesto internazionale favorevole, finirono col provocare la crisi e infine l’abbandono del progetto. (Treccani)
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