Alessandro De Angelis, Il pacifismo dell'antipolitica: la rivincita di un mondo che incolpa più l'Europa di Putin, La Stampa, 6 aprile 2025
Parli con le persone e, per i più, il pregiudizio è sempre lo stesso, anche se rispetto all’era dei vaffa espresso in maniera più composta. Quello sui giornalisti che «non scrivono la verità», perché fanno parte del «Sistema» coi suoi oscuri interessi, in questo caso quelli del partito delle armi. Tutti al soldo, ovviamente, tranne Marco Travaglio, che dal palco diletterà i fedeli col meglio del suo repertorio: le colpe dell’Europa, elencate con un certo turpiloquio, quelle dell’Ucraina e di quel testardo di Zelensky. Proprio lo disprezza, basta sentire il tono di voce, perché non si è arreso. E poi i meriti di Trump che, a suo dire, ci sta provando a costruire la pace, e proprio per questo non piace all’Europa che vuole continuare a fare la guerra «fino all’ultimo ucraino».
Ci parli e ti ripetono che sono per la pace, ma davvero nessuno, né sopra né sotto il palco, spiega il perché dell’equazione tra pace e disarmo. Ci parli, ascolti gli oratori, e non capisci perché ci si indigna su Gaza (tutti) ma non si dice una parola sulle bombe di Putin (nessuno). Né perché su Gaza si rimuove il fallimento di Trump e sull’Ucraina lo stesso Trump viene presentato come un campione di pace anche se, finora, non ha concluso un bel niente.
Ascolti poi Barbara Spinelli, che è qui e non nelle piazze intitolate a Ventotene. Se la prende col «nuovo bellicismo Europeo», con «l’ignoranza di chi si vuole vendicare della Russia», coi Paesi europei che cancellano «le dissidenze», coi disegni folli di Macron, Starmer, Draghi e pure del Pd verso cui partono i fischi.
Ecco, lì capisci fino in fondo quale sia il sentimento di questa manifestazione. Un sentimento “contro”, dove il nemico slitta dal terreno bellico e dal principio di realtà all’ideologia. Più contro l’Europa che contro gli autocrati. L’Europa è «guerrafondaia», «un obbrobrio governato da una banda di pazzi» (professor d'Orsi), la Germania è più pericolosa della Russia, eccetera eccetera. E c’è un elemento che colpisce. Rileggendo il taccuino, ti accorgi che è stato allegramente ignorato ciò che è successo negli ultimi tre giorni: i dazi, l’11 settembre per le borse, il rischio recessione, tutto ciò che non è funzionale al racconto.
Questa manifestazione è la rivincita di un mondo. Lo è nelle dimensioni. Magari non saranno centomila, ma anche se sono la metà è un fatto politico mica banale. È popolo, popolo vero, non Ztl.
Gente col problema del mutuo, dell’arrivare a fine mese, del lavoro che non c’è o è diventato lavoro povero. Sono i forgotten men delle tante periferie italiane. Il loro pacifismo, più che valoriale, è innanzitutto figlio della semplificazione “burro o cannoni”. Lo capisci perché ti raccontano questo disagio domestico più che il dolore per i destini del mondo. La guerra come amplificatore della paura di pagare i costi della crisi, le armi come risorse sprecate.
Lo è (una rivincita) per il messaggio politico. Diciamoci le cose come stanno: mentre prima queste posizioni erano contro un sentiment (e contro la comunità internazionale), nell’era di Trump e Putin ritrovano piena cittadinanza. L’unica borsa che va bene è quella di Mosca, l’unica piazza che fa centomila è quella dei Cinque stelle. Dietro queste dimensioni c’è la crisi del pacifismo tradizionale, sia la difficoltà della sinistra di governo che è poi il vero avversario non dichiarato di questa manifestazione. Il cui obiettivo è l’Opa a sinistra sul terreno del pacifismo, complici i balbettii del Pd che si sente quasi in colpa a sostenere la difesa europea.
Ed è una rivincita per Giuseppe Conte. Ecco, zoomiamo su di lui quando arriva la delegazione del Pd. Attraversa il corteo tra gli applausi e la va a salutare come un perfetto e accogliente padrone di casa. Altra zoomata quando prende la parola sul palco.
È più moderato degli ideologi del suo mondo, un po’ su tutto. Parla di «alternativa» come se fosse il leader del centrosinistra e non un semplice capo partito. Del resto anche qui, ha vinto lui. Alle manifestazioni degli altri non è andato. Alla sua c’erano sul palco Bonelli e Fratoianni, e sotto la delegazione del Pd (fischiato). Palazzo Chigi non se l’è affatto tolto dalla testa.
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