Gigi Riva
Francia, la furia di Marine Le Pen. Ma il muro democratico terrà
Domani, 3 aprile 2025
Sarà vero che l’ineleggibilità di Marine Le Pen, decretata dai giudici per cinque anni con il conseguente impedimento di partecipare alle presidenziali del 2027 salvo ribaltoni nel processo d’appello, è così deleteria per il suo partito, il Rassemblement National? Sarà vero, inoltre, che si è trattato di un verdetto politico per eliminare la candidata in vantaggio nei sondaggi, come hanno subito denunciato con alti lai diversi leader del sovranismo internazionale, da Donald Trump a Vladimir Putin, da Viktor Orban al solito Matteo Salvini?
O invece la magistratura ha semplicemente applicato la legge con un’imputata che peraltro era stata strenua fautrice dell’ineleggibilità a vita per chi avesse commesso reati di frode come quello per cui è stata condannata e ha praticamente rinunciato a difendersi dall’accusa di aver usato i fondi del Parlamento europeo per stipendiare funzionari del suo partito in patria?
Il clamore suscitato all’estero, se non si arresta, diminuisce di molto una volta varcati i confini della Francia. Lo dimostra un sondaggio a caldo di Le Figaro, un giornale non pregiudizialmente ostile alla destra. La sentenza ha “soddisfatto” il 37 per cento dei cittadini, mentre il 35 è rimasto “scioccato” e il 28 “indifferente”. Inoltre: il 39 per cento non lo valuta né un vantaggio né un handicap per il partito, il 37 per cento un handicap, il 22 per cento un vantaggio.
Secondo il 54 per cento è stata trattata come qualunque altro imputato, contro il 46 per cento che ha ravvisato una maggiore durezza per ragioni politiche (come la stessa Le Pen, secondo cui l’influenza sulle presidenziale era «l’obiettivo specifico» del giudice). Stessa percentuale, il 54 per cento, considera l’esito del processo un segno che la democrazia funziona bene grazie alla divisione dei poteri contro il 43 per cento che ha parere opposto.
La vera sorpresa arriva nella valutazioni sulle persone. Il 42 per cento ha una buona opinione di Marine le Pen, il 58 una cattiva. Il suo giovane delfino, Jordan Bardella, 29 anni, che del Rassemblement è il presidente, strappa un risultato migliore: buona opinione 44, cattiva 56. Il partito: buona 41, cattiva 59.
Eliseo, sogni perduti
Tutte queste cifre, lette in filigrana, suggeriscono una conclusione. Che Marine Le Pen sarà sì avanti nei sondaggi, ma regge ancora una maggioranza che nei suoi confronti ha una “conventio ad excludendum”, un timore che le ha impedito per ben tre volte di arrivare all’Eliseo.
Ed analoga sorte ha avuto la sua formazione di estrema destra, trionfatrice nel primo turno delle legislative dell’estate scorsa ma poi clamorosamente sconfitta al secondo turno se ha raggranellato 142 deputati contro i 178 della sinistra e i 150 del centro nonostante i dieci milioni di voti raccolti nelle urne. Potenza del sistema di ballottaggio con cui, si sa, gli elettori al primo turno scelgono e al secondo scartano.
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