Paolo Rodari
Le incognite del conclave prima dell'elezione
il manifesto, 23 aprile 2025
Prima dei nomi i temi. La morte di Francesco, dopo una convalescenza che sembrava proseguire su binari positivi, ha colto il collegio cardinalizio di sorpresa tanto che per tutti nelle mura leonine fare dei nomi per la successione sembra essere prematuro. Prima dei nomi, dicono, occorre trovare convergenze fra le diverse sensibilità sui temi più importanti della vita della Chiesa e dopo, soltanto dopo, vedere chi questi stessi temi li può fare propri e mettere a programma. Anche perché, è convinzione comune, nomi di grande caratura si faticano a trovare.
NEL 2005, QUANDO MORÌ Wojtyla, i cardinali Ratzinger e Martini avevano uno spessore tutto loro, agglomerando attorno a sé porporati di vedute differenti. Così nel 2013 quando Scola incarnava la continuità con Ratzinger mentre Bergoglio la visione che nel 2005 era uscita sconfitta. E oggi? Oggi il panorama è rarefatto, indecifrabile, «desolante» per certi versi sostengono alcuni.
Il primo grande snodo su cui di qui in avanti i cardinali elettori dovranno confrontarsi riguarda la forma del papato. Già in questi giorni, e a maggior ragione nelle congregazioni generali dopo i funerali di Francesco, è impensabile che non si discuta del futuro del papato, della possibilità in particolare d’inserire la rinuncia al soglio di Pietro stesso come norma vincolante. L’aspettativa di vita si è ormai allungata di molto. Difficile che un Papa possa governare nel modo migliore quando inizia ad avvicinarsi ai novant’anni. Il conservatore Ratzinger, in questo senso, era stato un grande innovatore ma non aveva potuto gestire il dopo. La sua presenza in Vaticano dopo la rinuncia, compresa la decisione di rimanere vestito di bianco, ha provocato non pochi problemi al successore e tutto ciò andrà in qualche modo normato.
I CARDINALI ELETTORI sono chiamati a dire chiaramente da che parte vogliono stare: se ritengono che il papato sia a vita e che introdurre canonicamente la regola della rinuncia significhi desacralizzarlo, oppure se al contrario pensano che prendere a modello quanto accade nell’episcopato, con la “pensione” a 75 anni, sia una strada ragionevole e percorribile.
IN QUESTI GIORNI POI, a tema c’è anche la provenienza geografica del nuovo Papa. Non è cosa secondaria. Lo snodo è se non sia il caso, dopo i passi in avanti del primo Papa sudamericano, tornare a un vescovo di Roma europeo. L’Asia, in particolare, con la sua freschezza e vivacità, preme ai confini. Ma tornare all’Europa non è necessariamente un passo indietro. Nel cuore del vecchio continente, infatti, esiste una Chiesa, molto presente nel mondo tedesco, che chiede riforme in avanti sui temi più sensibili e che non ha mai trovato sponde che l’hanno ascoltata. Darle voce può portare tutta la cristianità fuori dalle secche nelle quali decenni di conservatorismo l’hanno costretta.
E, a proposito di crisi, c’è un tema enorme che ormai non può più essere eluso, il sacerdozio. Francesco per ovviare alla crisi di vocazioni voleva i “viri probati”, uomini anziani e di provata fede, sposati o vedovi, che potessero diventare preti e spegnere così l’emorragia vocazionale. Pur essendo l’obbligo del celibato soltanto una norma e non un dogma, parte della Chiesa più conservatrice ha posto un veto e nulla è stato fatto. Così anche sul sacerdozio femminile. Nel mondo protestante le donne prete sono la norma. In quello romano cattolico un tabù. Perché? Il tema tocca da vicino anche la presenza stessa delle donne nella vita Chiesa con l’importanza da più parti ribadita che a loro siano affidati sempre maggiori ruoli di comando. A queste domande il nuovo Papa deve saper rispondere.
Ma non solo. È tutta la visione sulla morale sessuale che chiede nuove risposte. La società da tempo è già su un altro pianeta. L’eutanasia è da più parti ammessa. Ma anche l’uso degli anticoncezionali nei rapporti, ad esempio, è prassi agli atti. Come deve comportarsi la Chiesa? Deve continuare ad alzare barricate oppure è lecito aprire spiragli che rispondano più da vicino a ciò che la gente ritiene giusto e lecito? Sono domande non da poco e a cui anche molti credenti si sono già dati una riposta da soli.
Una delle questioni sul tavolo è anche la provenienza geografica. Tornare a un vescovo di Roma europeo o guardare all’Asia che preme ai confini?
C’È POI ANCORA IL GRANDE tema del governo della Chiesa stessa. Poco dopo l’elezione Francesco istituì un gruppo di cardinali che era chiamato a governare insieme a lui. Di fatto, tuttavia, questo governo collegiale, se si vuole più democratico, non c’è stato. Per molti, invece, questo tempo è arrivato con l’accettazione, di conseguenza, che il Romano Pontefice perda un po’ del suo potere. Nel nuovo papato si potrà vedere questo processo realizzarsi? Difficile rispondere. Anche perché in questi giorni alcuni potrebbero lavorare nell’ombra, confondendo le carte. Mostrandosi cioè aperti mentre in realtà non lo sono, legati al contrario alla tradizione e alle sue regole mentre invece si apprestano ad abbracciare un pontificato di importanti rotture col passato. Il tempo del discernimento è aperto. Ma nel giro di non più di venti giorni il nome del nuovo Papa dovrà essere fatto.
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