sabato 12 aprile 2025

Madame Roland sul patibolo



Thomas Carlyle, La Rivoluzione Francese, 1837

Segue una Vittima ben più nobile; una che rivendicherà il ricordo da diversi secoli: Jeanne-Marie Phlipon, la moglie di Roland. Regina, sublime nel suo dolore senza lamenti, sembrava a Riouffe nella sua prigione. "Qualcosa di più di quanto si trovi di solito negli sguardi delle donne si dipinse", dice Riouffe, "in quei suoi grandi occhi neri, pieni di espressione e dolcezza. Mi parlava spesso, alla Grate: eravamo tutti attenti intorno a lei, in una sorta di ammirazione e stupore; si esprimeva con una purezza, con un'armonia e una prosodia che rendevano il suo linguaggio simile a una musica, di cui l'orecchio non si saziava mai. La sua conversazione era seria, non fredda; proveniente dalla bocca di una bella donna, era franca e coraggiosa come quella di un grand'uomo. Eppure la sua cameriera disse: "Davanti a te, raccoglie le sue forze; ma nella sua stanza, a volte siede tre ore appoggiata alla finestra, a piangere ". È stata in prigione, liberata una volta, ma riconquistata alla stessa ora, fin dal primo giugno: in agitazione e incertezza; che si sono gradualmente placate nell'ultima, austera certezza, quella della morte. Nella prigione dell'Abbaye, occupava l'appartamento di Charlotte Corday. Qui alla Conciergerie, parla con Riouffe, con l'ex ministro Clavière; chiama i Ventidue decapitati "Nos amis , our Friends", che presto seguiremo. In questi cinque mesi vennero scritte le sue Memorie , che tutto il mondo ancora legge.

Ma ora, l'8 novembre, "vestita di bianco", dice Riouffe, "con i lunghi capelli neri che le scendevano fino alla cintura", è andata al tribunale. È tornata con passo svelto; ha alzato il dito per indicarci che era condannata: i suoi occhi sembravano essere umidi. Le domande di Fouquier-Tinville erano state "brutali"; l'onore femminile offeso gliele ha rivolte con disprezzo, non senza lacrime. E ora, terminati i brevi preparativi, anche lei percorrerà la sua ultima strada. L'accompagnava un certo Lamarche, "direttore della tipografia degli assegnati"; il cui abbattimento si sforzò di consolare. Arrivata ai piedi del patibolo, chiese carta e penna "per scrivere gli strani pensieri che le stavano sorgendo": una richiesta notevole; che le fu rifiutata. Guardando la Statua della Libertà che si erge lì, dice con amarezza: "Oh Libertà, cosa si fa in tuo nome!". Per amore di Lamarche, morirà per prima; mostragli quanto sia facile morire: "Contrariamente all'ordine", disse Sanson. "Pshaw, non puoi rifiutare l'ultima richiesta di una Signora"; e Sanson cedette.

Nobile Visione bianca, con il suo alto volto regale, i suoi dolci occhi fieri, i lunghi capelli neri che le scendevano fino alla cintura; e un cuore coraggioso come mai aveva battuto nel seno di una donna! Come una bianca statua greca, serenamente completa, risplende in quel nero relitto di cose; – a lungo memorabile. Onore alla grande Natura che, nella città di Parigi, nell'era del Nobile Sentimento e del Pompadourismo, può creare una Jeanne Phlipon e nutrirla fino alla chiara e perenne femminilità, anche se solo di Logica, Enciclopedie e del Vangelo secondo Jean-Jacques! La biografia ricorderà a lungo quel tratto di chiedere una penna "per scrivere gli strani pensieri che le sorgevano". È come un piccolo raggio di luce, che diffonde dolcezza e una sorta di sacralità su tutto ciò che la precedeva: così anche in lei c'era un Innominabile; anche lei era una Figlia dell'Infinito; c'erano misteri che il filosofismo non aveva mai sognato! Lasciò lunghi consigli scritti alla sua bambina; disse che suo marito non le sarebbe sopravvissuto.

Raggianti d'entusiasmo sono quegli occhi scuri, quel volto forte da Minerva, che esprime dignità e sincera gioia; la più gioiosa è lei dove tutti sono gioiosi. È la moglie di Roland de la Platière!... Lettore, nota quella borghese regale: bella, di una grazia amazzonica alla vista; ancor di più alla mente. Inconsapevole del suo valore (come ogni valore), della sua grandezza, della sua cristallina chiarezza; genuina, creatura di Sincerità e Natura, in un'epoca di Artificialità, Inquinamento e Ipocrisia; lì, nella sua immobile completezza, nella sua immobile invincibilità, lei , se mai tu lo sapessi, è la più nobile di tutte le donne francesi viventi, e tale la si vedrà, un giorno. Oh, beata piuttosto finché non si vede, anche da sola! Per ora il suo sguardo, senza alcun dubbio, si perde in questa grande teatralità; e pensa che i suoi giovani sogni si realizzeranno.


Anna Maria Verna, Scrittrici a Parigi
Luciana Tufani Editrice, Ferrara 2019 

Mme Roland fu tra le prime vittime dell'attacco sferrato contro i Girondini, arrestata la notte del 31 maggio 1793, imprigionata a Sainte-Pélagie, occupò il tempo scrivendo i suoi Mémoires. Le fu impedito di difendersi e fu ghigliottinata il 9 novembre 1793. Jules Michelet in Femmes de la Révolution descrive il giorno in cui Mme Roland venne condotta al patibolo:
«Era un giorno freddo, la natura spoglia e triste corrispondeva agli stati d'animo; anche la Rivoluzione precipitava nel suo inverno, nella morte delle illusioni. Tra i due giardini privi di foglie, sul far della sera (erano le 17,30) arrivò ai piedi della colossale Libertà costruita presso il patibolo, nella piazza dell'obelisco. Salì agilmente i gradini e volgendosi verso la statua, disse con grave dolcezza, senza rimprovero: "Libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome!"
». 
Michelet era uno storico che scriveva come un romanziere ma se anche la frase di Mme Roland non fosse credibile, è certa e attestata la forza d'animo con la quale lei e molte altre seppero affrontare la ghigliottina. 


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