Mattia Feltri
I conviventi
La Stampa, 4 novembre 2025
Da grande appassionato di Massimo D’Alema, mi sono divorato la bella e lunga intervista concessa a Aldo Cazzullo. Su ogni risposta, non avessimo tutti più prosaiche incombenze quotidiane, si potrebbero aprire interi capitoli di psicologia e politologia dalemiana.
Io mi ritaglio però questo spazio e questo tempo per sottoporvi un solo brevissimo passaggio, nel quale l’intervistato esorta l’Occidente a infittire i rapporti con la Cina, senza puzza sotto al naso. “I nostri principi - ha detto - non sono un assoluto, devono convivere con i principi degli altri” (in Cina, aggiungerà subito dopo, ha seguito un molto interessante convegno di studi confuciani). Può darsi sia vero che gli occidentali considerino spesso migliori i loro principi ma il problema è, nel caso cinese, con quali principi dovremmo precisamente convivere.
Perché per esempio mi ricordo di quando, nel 1989, gli studenti provarono a suggerire qualche principio alternativo in piazza Tienanmen, e finirono sotto i cingoli dei carri armati. Guarda caso proprio in questi giorni sto finendo un libro di Mo Yan, cinese, premio Nobel per la letteratura. Si chiama Grande seno, fianchi larghi e racconta un’epopea familiare dagli anni Trenta ai primi Duemila.
Ecco, non è una scoperta, ma lui lo racconta bene che lì, nei decenni, la convivenza dei principi non ha funzionato granché: finiva sempre più o meno proprio come in piazza Tienanmen (che Mo Yan, seppur dissidente, non cita, forse perché coi principi è meglio andarci piano anche per lui). Ma è comunque sempre un incanto riscoprire con quali principi convivano quelli di D’Alema.
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