domenica 26 gennaio 2025

Croce battitore libero



Massimiliano Guareschi, Un enigmatico Benedetto Croce
il manifesto, 25 gennaio 2025

Per chi è nato intorno alla metà degli anni Sessanta, Benedetto Croce ha costituito una sorta di enigma. Per gli appartenenti a precedenti generazioni si trattava di un autore fondamentale, un punto di riferimento imprescindibile ancorché criticabile. All’opposto, i repertori testuali e i dibattiti teorici con cui ci confrontavamo negli studi universitari e oltre sembravano ignorarlo del tutto, relegandolo a qualche notazione storica relativa al fatto, che per qualche decennio, la scena culturale italiana si era collocata all’insegna della sua incontrastata egemonia.

NEI PRIMI APPROCCI a Gramsci, non mancava di suscitare perplessità il fatto che nei Quaderni del carcere si dedicasse così tanta attenzione a un autore di cui sfuggiva la rilevanza teorica ed appariva come più ottocentesco che novecentesco.

La netta cesura fra un prima e un poi nella conoscenza e nell’apprezzamento dell’opera di Croce certificava, dopo la necessaria decantazione temporale, il fallimento di un progetto culturale volto alla costruzione di una «filosofia italiana» e alla sua imposizione come canone teorico nazionale con ambizioni universalistiche. Si trattava di un modello che non avrebbe retto a fronte della penetrazione progressiva nella scena intellettuale del nostro paese di un ampio spettro di prospettive teoriche, non a caso fortemente osteggiate dalla diade Croce-Gentile, quali la fenomenologia, il neopositivismo, la storia della scienza, le scienze sociali, la psicoanalisi, i marxismi.

Sulla parabola del neoidealismo, assolutamente centrale nella storia culturale italiana del Novecento, si sofferma il libro di Anna Boschetti Benedetto Croce. Dominio simbolico e storia intellettuale (Quodlibet, pp. 354, euro 25). L’autrice ha svolto una funzione pionieristica nell’introduzione in Italia di un approccio alla produzione artistica e letteraria ispirato alla sociologia del campo di Pierre Bourdieu, sia attraverso la traduzione di Le regole dell’arte (Il saggiatore 2005), il libro su Flaubert del sociologo francese, sia tramite le proprie ricerche su Sartre e Apollinaire. A partire da tali coordinate si disegna così non una biografia intellettuale o una storia del pensiero crociano quanto un tentativo di analizzare le modalità attraverso cui si stabilisce una forma di dominio simbolico su uno spazio relazionale fatto di posizioni gerarchizzate fra cui si muovono attori dotati di specifici capitali in competizione fra loro per stabilire le linee della legittimità culturale.

CROCE, IN PRIMO LUOGO, dispone di un notevole capitale economico, in quanto ricco rentier. Ciò gli consente di restare fuori dall’università ma, al contempo, di influire pesantemente su di essa senza essere condizionato da meccanismi interni di carriera personale. Inoltre la disponibilità economica gli permette di finanziare le proprie iniziative editoriali, dalla rivista «La Critica» al sodalizio con le edizioni Laterza, governando l’accesso a quelle tribune e stabilendo che cosa doveva essere pubblicato e che cosa no, chi doveva essere recensito favorevolmente e chi stroncato.

LA RICOSTRUZIONE proposta dal libro di Anna Boschetti evidenzia gli elementi differenziali attraverso cui Croce si costruisce una posizione dominante rispetto a quelle di alleati e concorrenti. In primis abbiamo lo status nobiliare dell’autore disinteressato che si pone al di sopra delle meschine diatribe fra i «burocrati» della cultura interessati solo a concorsi e cattedre. Poi abbiamo l’autore che, rifuggendo gli angusti specialismi, si muove su più tavoli, dalla storiografia alla filosofia o alla critica letteraria, reinvestendo in un campo il prestigio acquisito in un altro. Croce, poi, si presenta come intellettuale pubblico, scrivendo sui più importanti quotidiani, e «La Critica» non è una rivista accademica riservata agli specialisti ma si rivolge a un pubblico colto che si propone di costruire in quanto tale, perimetrando i territori della cultura «legittima» in chiave umanistico-conservatore.

ANCHE LE MODALITÀ espressive svolgono un ruolo importante. Il ricorso da parte di Croce a una prosa «artistica» e aliena da tecnicismi, oltre a essere funzionale a mascherare le difficoltà concettuali permette di marcare la distanza rispetto al linguaggio grigio e macchinoso dei «professori» ponendosi in sintonia con un certo gusto letterario.

Croce, al capitale (come si è visto non solo simbolico) di cui dispone, unisce una notevole capacità strategica nel perseguire con fiera determinazione il proprio progetto politico-culturale contraendo alleanze e rompendole quando non risultano più utili o minacciano di promuovere potenziali concorrenti. Ne sono un esempio il rapporto con le «avanguardie» fiorentine, in cui la convergenza sull’opposizione a positivismo e materialismo cela chiare divergenze di prospettiva che non tarderanno a emergere, e ancor di più il sodalizio con Giovanni Gentile, segnato fin dall’inizio da una reciproca strumentalizzazione Per Croce, Gentile, teoreticamente assai più solido, è un interlocutore fondamentale per legittimare e sostanziare il passaggio dall’ambito storico e letterario a quello filosofico; per Gentile, invece, Croce è il tramite per uscire dall’ambito meramente accademico e proiettarsi in una dimensione culturale più ampia.

PARTICOLARMENTE significativa appare, in proposito, la guerra che i dioscuri del neoidealismo, con studiata ferocia e mobilitando tutte le risorse a loro disposizione, muovono a Federigo Enriques, visto come un pericoloso rivale sul piano filosofico, in particolare in relazione al rapporto sia con la scienza sia con la politica. Come nota Boschetti, emerge qui con chiarezza la disincronia fra il campo filosofico italiano e quello europeo che caratterizza i decenni precedenti alla Seconda guerra mondiale, con il neoidealismo che tiene incontrastato il campo in Italia ma è pressoché ignorato all’estero, mentre Enriques, stigmatizzato come «dilettante» in patria viene riconosciuto come interlocutore privilegiato da alcuni dei più significativi ambiti teoretici tedeschi, francesi e britannici.

Il libro di Boschetti, pur strutturandosi a partire da un approccio sociologico forte, non si presenta come una semplice applicazione di un modello a uno studio di caso. Si tratta di una lettura coinvolgente, come raramente avviene nei testi di saggistica alta. L’assunzione di una prospettiva relazionale, incentrata sull’analisi del campo, consente di disegnare un affresco sfaccettato di un’epoca della cultura italiana, smarcandosi dai limiti della biografia intellettuale o della storia della filosofia o della critica letteraria condotte per linee solo interne alle discipline.

Il volume, poi, mettendo a fuoco, nel loro farsi, le modalità istituzionali, simboliche e materiali attraverso cui Croce costruisce e stabilizza per alcuni decenni la propria posizione dominante, finisce con l’accompagnarci fuori dalla storia per ricondurci a un’attualità in cui, non solo in Italia, il tema dell’egemonia culturale, e delle lotte di cui costituisce la posta in gioco, appare una questione politica centrale.



https://machiave.blogspot.com/2024/12/fenomenologia-di-gianni-vattimo.html

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