mercoledì 8 gennaio 2025

Amore e Psiche


Amore e Psiche. L'enigma dell'amore, a cura di Barbara Castiglioni
Marsilio, Venezia 2024

La favola di Amore e Psiche, tramandata dalle Metamorfosi di Apuleio, è forse la più affascinante e misteriosa di ogni tempo. Il figlio di Afrodite, Amore, si innamora di Psiche, l’anima, ma il loro amore ha una condizione: Psiche non dovrà mai vedere il volto del suo amato. Amore diventa così lo sconosciuto amante notturno, che la possiede nel buio e all’alba sparisce. Psiche però, vinta dal desiderio di conoscere il suo amante, lo coglie nel sonno e gli illumina il volto con una lampada. Amore fugge, lasciando Psiche nella disperazione, ma i due innamorati, dopo un lungo periodo di peripezie, si ritroveranno e si uniranno in matrimonio: dalla loro unione, nascerà Voluttà. La favola ha dato vita a un numero infinito di variazioni. Secondo La Fontaine, per cui «tutto l’universo obbedisce all’Amore», i due amanti rappresentano la prova che l’illusione e il desiderio, cioè l’amore al buio, siano da preferire alla realtà. Per Keats, che diventa il «sacerdote di Psiche», Amore e Psiche simboleggiano il trionfo dell’amore. Secondo Heine, la colpa di Psiche, che «si lascia morire perché i suoi occhi hanno visto il corpo nudo del suo Amore», rappresenta i mali del cristianesimo. Per Leopardi, la curiosità di Psiche, «che era felicissima senza conoscere», è la prova dei danni della conoscenza. Secondo Pascoli, Psiche è l’emblema dell’impossibilità dell’amore, e non a caso ritroverà il suo Amore solo «oltre la morte». Per Marina Cvetaeva, la favola è il simbolo di quello che l’amore dovrebbe essere: «anima senza corpo». Il significato di Amore e Psiche, quindi, rimane un mistero, che rispecchia, forse, l’enigma dell’amore. (presentazione editoriale)

Maria Jennifer Falcone, il manifesto Alias, 1 luglio 2024

Erant in quadam civitate rex et regina: «c’erano in una città un re e una regina». È
l’inizio della favola, il ‘c’era una volta’ che subito immerge in un’atmosfera magica e altra:
una città indefinita, un re e una regina, la loro bellissima figlia, così bella da far ingelosire
Venere e da far innamorare di sé Amore in persona. La storia di Amore e Psiche, incastonata
nel centro delle
 Metamorfosi di Apuleio (ora pubblicate dalla Fondazione Valla per le cure
di Lara Nicolini, Caterina Lazzarini e Nicolò Campodonico con la traduzione – qui
riportata – di Luca Graverini) è uno dei grandi classici della letteratura latina: la bella
 
fabella 
affascinante e ricca di interpretazioni – anche molto diverse tra loro – che l’hanno
interessata sin dal Tardo Antico.

La giovane si trova a vivere in una dimora splendente dove ogni notte nel buio
incontra un amante misterioso. Curiosa, non riesce a rispettare il patto di non
vederlo, una notte accende la lampada e una goccia d’olio bollente risveglia Amore.
È la fine: il dio alato scappa via e per recuperare il suo amante Psiche dovrà superare prove mortali, che affronterà con aiuti non umani; nonostante la sua curiosità alla fine ritroverà Amore e genererà una figlia divina, chiamata Voluptas.

La trama, di cui quella di Apuleio costituisce la prima versione, ha avuto un’enorme
fortuna, favorita in tempi recenti anche dal successo del film di animazione La
Bella e la Bestia,
 ispirato all’omonima fiaba di G.S. Villeneuve del 1740. Se gli abiti
lussuosi, le danze in salone e le ceramiche parlanti del palazzo disneyano richiamano alla mente questa storia, narrata da Apuleio in una lingua particolare e ricercata, è però ben precedente e molto più profondo il rilievo culturale che essa ha esercitato sulla cultura europea. Un volume della collana «Variazioni sul mito» di Marsilio, ormai da tempo punto di riferimento riconosciuto nel panorama degli studi sulla ricezione dei classici (Apuleio, La Fontaine, Keats, Heine, Leopardi, Pascoli, Cvetaeva, Amore e Psiche L’enigma dell’amore, Marsilio «Letteratura universale, pp. 264, euro 18,00), curato da Barbara Castiglioni, ne mette in luce alcune tappe [rilevanti] con una selezione dei testi a volte brevissimi ma sempre significativi. 
Come sempre apre il volume il testo classico, vale a dire la narrazione di Amore e Psiche estratta dalle Metamorfosi di Apuleio. Dopo l’ampio racconto di Jean de la Fontaine, il lettore si imbatte nella magia poetica di un incontro impossibile nell’Ode a Psiche di Keats; è quindi accompagnato a rileggere allegoricamente la vicenda con Leopardi che in una pagina dello Zibaldone (10 febbraio 1821) associa la figura apuleiana all’uomo della Genesi e riflette sui rischi della conoscenza. I quattordici versi della Psyche di Heine aprono uno scorcio sui temi della colpa e della nudità e ci presentano davanti agli occhi una Psiche immutata nel tempo, iconico emblema della sopravvivenza dei classici («Dopo diciotto secoli, diciotto!, /di penitenza, lei è ancora lì»). Alla Psiche dei Poemi Conviviali di Pascoli in perfetto equilibrio tra dottrina e spontaneità segue infine la figura evocativa e rarefatta dell’«anima senza corpo» della Psiche di Marina Cvetaeva. Come è d’uso in questa collana, tutti i testi (antichi o moderni in lingua straniera) sono presentati in traduzione italiana. Rendere fruibili le opere letterarie mantenendone il carattere poetico è un lavoro complesso ed è uno dei meriti del libro: se la traduzione di Apuleio è quella di Stella Sacchini già pubblicata da Feltrinelli (2020), sono stati tradotti appositamente per il volume i testi di La Fontaine (Susanna Spero), Keats (B. Castiglioni), Heine (Maria Grazia Ciani) e Cvetaeva (Luisa De Nardis).

Nell’introduzione, scritta dalla curatrice, trovano spazio anche molti altri capitoli
della ricezione di questa favola, la cui fortuna ampia e sfaccettata è resa evidente
dalla continuità diacronica e dalla varietà di autori e opere citati. E se Castiglioni
identifica nell’erotismo e nella voluttà il tratto per lei più affascinante del testo di
Apuleio, le letture che popolano le sue pagine mostrano la natura molto più
complessa e decisamente sfuggente del racconto, che si prestava a essere
interpretato in chiave allegorica anche grazie alla scelta del nome proprio della protagonista, Psiche ovvero ‘anima’.

Universale e misteriosa, dunque, e profondamente enigmatica, Psiche è
rappresentata con grazia struggente in particolare da Pascoli; il componimento,
ben introdotto dalla curatrice, è stato studiato a fondo da Lucia Pasetti in alcuni
contributi richiamati nelle note (nelle quali sono spesso suggeriti approfondimenti
critici). Prigioniera e piangente, «tenue più del tenue fumo / ch’esce alla casa»,
la Psiche pascoliana, in linea con la tradizione, perde il suo amato guardandolo con
la lanterna: «E lo sapesti solo allor che sparve, / l’Amore alato». Le prove, il dolore
e l’inedita figura di Pan puntellano i versi; richiami verbali e ripetizioni danno
struttura e creano suggestioni. E così nel finale una Psiche non più prigioniera ma
«fuggitiva» è sparita dalla sua casa «donde più non esce / il tenue fumo»: sparve
(«alla tua casa vuota / di cui sparve il celeste alito in cielo!»), proprio come sparve
Amore. Quasi ‘assunta in cielo’ («Pan l’eterno t’ha ripresa, o Psyche») ha raggiunto
il suo amato in un luogo che tutti cercano e che nessuno può trovare se non nella
magia eterna e sempre nuova della letteratura.



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