venerdì 24 gennaio 2025

Perché Trump ha vinto




Giovanni Orsina, Quel senso comune che supera le paure
La Stampa, 24 gennaio 2025

Oggi firmerò una serie di decreti esecutivi. Cominceremo così la completa restaurazione dell’America e la rivoluzione del senso comune. Il nocciolo di tut to è il senso comune». Questa è la frase cruciale del discorso inaugurale di Donald Trump, e qui si trova la chiave della sua vittoria. Eppure, il passaggio mi sembra sia sta to alquanto trascurato nel diluvio di commenti di questi giorni, un po’ troppo spesso impegnati più a stigmatizzare quando non irridere le iniziative del nuovo presidente, a infilzare questa o quella sua contraddizione o fake news, a piangere amare e pensose lacrime sui destini della democrazia, che a fare realistica mente i conti con quel che sta accadendo. E invece dobbiamo farci i conti, perché la rielezione di Trump non è detto apra le porte al mondo di domani, ma è quasi certo che abbia chiuso quelle del mondo di ieri. 

Il tema del senso comune, variamente declinato, è il cuore del la rivolta politica dell’ultimo decennio. «Rivoluzione del buon senso» era lo slogan della Lega per le elezioni italiane del 2018. L’anno prima, alle presidenziali francesi, Marine Le Pen aveva promesso un’«autentica rivoluzione della vicinanza». «Vicinanza democratica: voglio che le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini e direttamente controllate da loro. Vicinanza economica: si tratta di riqualificare il nostro territorio, di trovarvi servizi pubblici ovunque, di rilocalizzare le nostre aziende e quindi i nostri posti di lavoro». Sempre nel 2017 il programma della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon aveva messo l’accento sulla dimensione umana, riprendendo per altro il manifesto del 2012 che s’intitolava, appunto, «L’Humain d’abord». «La Repubblica - dichiarava il documento - è una parola vuota se ignora le condizioni concrete di vita della gente». Nel 2019 Podemos si proponeva senz’altro di rimettere «la vita al centro». 

Che cos’hanno in comune questi slogan? Una diagnosi: la politica tradizionale si è venuta sempre più distaccando – moralmente, cognitivamente, socialmente – dai cittadini in carne e ossa, si dimostra sempre più insensibile alle loro preferenze, alla percezione che essi hanno del loro mondo, ai loro bisogni. E una cura: nuovi partiti devono promuovere un’offerta politica che sappia parlare agli elettori della loro esistenza concreta, che affondi le radici nella loro esperienza diretta e quotidiana della vita. «Il nocciolo di tutto è il senso comune», appunto. Abbiamo sentito con testare questi slogan un’infinità di volte, negli ultimi dieci anni. Si è detto che la politica del senso comune non tutela affatto gli interessi autentici dei cittadini, ma sfrutta le loro paure per convincerli di priorità che sono più ideologiche ancora di quelle della politica tradizionale. Si è aggiunto poi che sollecita i loro istinti peggiori, li rincretinisce di fake news, vende loro sogni irrealizzabili. Si è obiettato che la politica tradizionale non è affatto astratta – semmai razionale, responsabile, attenta al lungo periodo. Che non trascura affatto la vita concreta delle persone, ma la tutela di più e meglio. 

Sono tutte obiezioni più che fondate. Ma dovranno fare i conti, prima o poi, con i settantasette milioni di voti che ha raccolto Trump. Un dato di realtà duro come la pietra, la dimostrazione di come la politica del senso comune, agli occhi degli elettori, sia apparsa più forte delle sue controindicazioni. Quanti continuano a ripetere quelle obiezioni, pur fondate, paiono incapaci di fare i conti con questo dato di realtà. E finiscono così per dare ragione alla diagnosi populista, a chi ritiene che la politica tradizionale e l’establishment istituzionale e intellettuale siano ormai sideralmente distanti da fasce assai consistenti di elettorato, ne siano separati da un invalicabile muro di incomprensione. Quel muro, fatto di autoreferenzialità, supponenza e moralismo, della cui esistenza chiunque in questi ultimi anni abbia frequentato anche solo sporadicamente i salotti dell’establishment, i corridoi delle istituzioni europee, le aule delle università non può non essersi reso conto, se solo ha tenuto gli occhi e le orecchie un po’aperti. 

Malgrado il 6 gennaio 2021, l’elezione di Trump, piaccia o non piaccia, è stata un grande esercizio di democrazia nel più antico e forte Stato liberaldemocratico che ci sia sulla Terra. Con la raffica di decreti esecutivi che ha emanato appena entrato in carica, piacciano o non piacciano, il presidente ha mantenuto le promesse che aveva fatto ai suoi elettori. E se presentarsi alle urne con un programma per poi realizzarlo non è condizione sufficiente per la democrazia, certo è condizione necessaria. La politica del senso comune non tutelerà magari i «veri» interessi dei cittadini, ma guarda al mondo così come lo guarda la maggioranza di loro, prova a rispondere ai loro bisogni così come li pensa la maggioranza di loro. Chiunque, in maniera del tutto legittima, detesti Trump e voglia vederlo sparire il prima possibile, dovrà confrontarsi col senso comune al quale lui parla, dovrà trovare dei modi alternativi per entrare nella concreta vita quotidiana dell’elettore medio. Ma, ad ascoltare il diluvio di parole che si stanno producendo in questi giorni contro il nuovo presidente, mi pare che quell’obiettivo sia ancora molto lontano.


Antonio Gramsci, Quaderni del carcere

Quaderno 10, §48,  Introduzione allo studio della filosofia.

(1). Il senso comune o buon senso. In che consiste esattamente il pregio di quello che suol chiamarsi «senso comune» 0 «buon senso»? Non solamente nel fatto che, sia pure implicitamente, il senso comune impiega il principio di causalità, ma nel fatto molto più ristretto, che in una serie di giudizi il senso comune identifica la causa esatta, semplice e alla mano, e non si lascia deviare da arzigogolature e astruserie metafisiche, pseudo-profonde, pseudo-scientifiche ecc. Il «senso comune» non poteva non essere esaltato nei secoli XVII e XVIII, quando si reagì al principio di autorità rappresentato dalla Bibbia e da Aristotele: si scopri infatti che nel «senso comune» c’era una certa dose di « sperimentalismo» e di osservazione diretta della realtà, sia pure empirica e limitata. Anche oggi, in rapporti simili, si ha lo stesso giudizio di pregio del senso comune, sebbene la situazione sia mutata e il «senso comune» odierno abbia molta più limitatezza nel suo pregio intrinseco.

Quaderno 11, §13, Osservazioni e note critiche su un tentativo di "Saggio popolare di sociologia"

Un accenno al senso comune e alla saldezza delle sue credenze si trova spesso in Marx. Ma si tratta di riferimento non alla validità del contenuto di tali credenze ma appunto alla loro formale saldezza e quindi alla loro imperatività quando producono norme di condotta. Nei riferimenti è anche implicita l'affermazione della necessità di nuove credenze popolari, cioè di un nuovo senso comune e quindi di una nuova cultura e di una nuova filosofia che si radichino nella coscienza popolare con la stessa saldezza e imperatività delle credenze tradizionali.

Quaderno 3, §48, Passato e presente. Spontaneità e direzione consapevole

Questa unità della "spontaneità" e della "direzione consapevole", ossia della "disciplina" è appunto la azione politica reale delle classi subalterne, in quanto politica di massa. Si presenta una quistione teorica fondamentale, a questo proposito: la teoria moderna può essere in opposizione con i sentimenti "spontanei" della masse?

https://machiave.blogspot.com/2025/01/mai-unagenda-sfidante.html

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