Dario Balotta, L’incapacità gestionale: il problema dei guasti alle Ferrovie è tutto qui
Il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2025
Anche ieri una giornata da dimenticare: nuovi guasti “tecnici” alla rete e al materiale rotabile in molte tratte dei 16 mila km di ferrovia nazionale. Ogni anno si spendono 102 milioni di euro di rimborsi ai passeggeri delle Frecce, più un’altra quota per quelli di treni pendolari e Intercity: di questo passo quali saranno i costi per il 2025? Certo non pagheranno i manager responsabili dell’inefficienza, saranno al solito gli enormi sussidi pubblici a coprire i costi.
IL MINISTRO DEI TRASPORTI
Matteo Salvini ha parlato di decenni di “disinteresse, mancati investimenti, no ideologici” e proposto pure di ridurre il numero dei treni del 15%. Ne parli con l’assessore lombardo di Fratelli d’Italia che un mese fa ha preteso una nuova coppia di treni sulla Milano-Verona-Bolzano, tratta nella quale – dicono i tecnici – non ci sta più nemmeno uno “spillo”. Cominciamo da qui a tagliare, signor ministro?
I MOTIVI: MANAGER INADEGUATI E INVADENZA DEI POLITICI
Quanto al “disinteresse” non è certo della politica, visto che in questi giorni si stanno regolando i conti tra i top manager in vista delle teste che cadranno: una nuova girandola di presidenti, amministratori delegati e consiglieri di amministrazione coi relativi organigrammi chilometrici lottizzati privi di logica razionale. Ogni nuovo capo si porta dietro i suoi fidati, purtroppo non in grado di riconoscere la differenza tra un pantografo e una losanga, mentre il Gruppo Fs pensa a mostrarsi efficiente con costose e stucchevoli pubblicità.
Disinteresse dei costruttori? Sembra proprio di no. Sono molto attive le loro lobby, stessa cosa per i fornitori di beni, di treni o di servizi. Vincere
un appalto alle Fs non è cosa da poco. E quanto ai mancati investimenti è vero il contrario: negli ultimi decenni si sono spesi in media 6 miliardi di euro l’anno per gli investimenti e 7 miliardi per la spesa corrente. Nonostante questo la quota modale delle Fs è del 7% per i passeggeri e del 9% per le merci, la più bassa d’Europa. In questa fase sono troppi gli investimenti del Pnrr (progetti vecchi tolti dal cassetto), più della capacità di spesa di Rfi con tempi lunghi di realizzazione e enormi danni all’utenza passeggeri e merci.
NON C’È UNA GRAVE CARENZA di infrastrutture, c’è una grave incapacità gestionale derivante dalle garanzie monopoliste del settore ferroviario. Nessuna Regione ha affidato i servizi con gara: in tutta Europa le gare hanno avuto successo con riduzione dei costi e aumento dei passeggeri. E infine: quali sarebbero i no ideologici ? Sono i sì di Salvini a essere ideologici (spendere per spendere), irresponsabili, campanilisti, demagogici e senza giustificazione dal ponte sullo Stretto in giù. E ancora: prima ridurre i treni del 15% c’è da chiedersi chi sono i dirigenti che hanno autorizzato più treni della capacità della rete e chi sono i funzionari del Mit e del Mef che ne hanno autorizzato il pagamento.
Sarebbe meglio abbandonare i progetti del Pnrr non partiti e trasformarli in “misure piccole e medie”, di più rapida realizzazione, per eliminare i colli di bottiglia dei nodi e poi determinare il numero dei treni per linea in base alla capacità effettiva della stessa (nodi compresi). Dove finiscono i 7 miliardi di euro di spesa corrente e i 6 miliardi di investimenti che ogni anno, da almeno 20 anni, il gruppo Fs spende? Più l’azienda è in crisi più spende in addetti stampa e comunicazione.
RFI (RETE) E TRENITALIA (gestione dei treni) sono colpevoli entrambe di carenze manutentive, carenza di organici, incapacità di gestione dei turni del personale: serve un accorciamento della catena di comando per individuare le responsabilità manageriali e l’intrusione della politica che condanna le Fs all’inefficienza. Clientela e consociativismo vanno ridotti all’osso, in caso contrario i guasti resteranno all’ordine del giorno, come ormai lo sono da anni anche sulle linee secondarie e a scarso traffico.
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