In termini generali Hannah Arendt ha ottenuto un ampio riconoscimento in quanto filosofa e pensatrice autorevole in grado di gettare luce su aspetti fondamentali del suo tempo storico. E tuttavia se si guarda alla sua esperienza personale, il quadro appena tracciato comporta una pesante eccezione: il suo antico maestro Heidegger, da lei sempre tenuto in grande stima, al di là delle rimostranze di natura politica e morale, non volle mai prendere atto di ciò che lei aveva prodotto come pensatrice. Può essere interessante allora fare il punto su questo aspetto particolare del rapporto tra i due.
Vediamo cosa succede quando Hannah Arendt pubblica il suo libro di maggiore risonanza: Le origini del totalitarismo. Siamo nel 1951. L'anno prima si è riaperto il dialogo tra il maestro e l'allieva dopo un lungo silenzio. Gli ultimi scambi di corrispondenza tra i due risalivano a due decenni prima. Al di là delle cautele manifeste, il coinvolgimento sentimentale è grande. Scrive Heidegger all'amica, il 19 marzo 1950: "Hannah, Il dono del ritorno e del raccogliersi di cinque lustri sgomenta il mio pensiero incessantemente. In esso tu, da più lontano oltre il mare sei vicina e presente anche solo pensando alle cose più amate qui e a tutte le cose che ti appartengono". In una lettera successiva del 14 luglio 1951 troviamo un accenno al libro che Hannah ha appena pubblicato, Le origini del totalitarismo, appunto. Il volume da lei spedito è arrivato a casa del maestro. Ed ecco la reazione: "Ti siamo grati per il tuo libro, che non mi è possibile leggere perché non conosco abbastanza l'inglese. Elfride [la moglie] vorrebbe leggerlo attentamente in futuro; ma per adesso il periodo che attraversiamo e la situazione in casa sono troppo inquieti". Poco dopo, nella stessa lettera Heidegger si mette a parlare invece di un un suo libro da poco uscito in una seconda edizione, Kant e il problema della metafisica: "Sarebbe bello se tu ponessi i tuoi "importuni" interrogativi al libro su Kant. Le domande diventano così rare, e i dogmi aumentano continuamente". Intanto, nel 1955 esce la traduzione tedesca del volume sul totalitarismo: Elemente und Ursprünge totaler Herrschaft, Europäische Verlagsanstalt, Frankfurt am Main. In quel periodo la corrispondenza tra il maestro e l'allieva si interrompe per riprendere solo nel 1959. Il 17 dicembre di quell'anno, Martin scrive ad Hannah per annunciare l'arrivo degli ultimi due suoi scritti: "Cara Hannah, Per tramite dell'editore Nesle ti arriveranno i miei due ultimi scritti. Il libro sul linguaggio potrà ricordarti i nostri colloqui relativi a questo "oggetto", che oggetto non è affatto". Del libro pubblicato da Hannah sul totalitarismo evidentemente non si parla più. Antonia Grunenberg avanza il sospetto che Heidegger quel testo non lo abbia neppure mai preso in mano: "Blücher [il marito di Hannah] intuì che il filosofo non avrebbe mai letto il libro, alla cui edizione tedesca era stata aggiunta una prefazione scritta da Jaspers". Capitolo chiuso.
Nel 1960 esce invece un nuovo e importante libro di Hannah Arendt. Un'opera di carattere decisamente filosofico e non una riflessione teorica sulla storia, come era Le origini del totalitarismo. Insomma l'allieva ora si muoveva di nuovo su un terreno più familiare al maestro, come già aveva fatto con l'opera giovanile Il concetto di amore in Agostino. E qui la ferita del mancato riconoscimento si riapre e si rimette a sanguinare. Il nuovo libro era uscito nel 1958 con il titolo The Human Condition. L'edizione tedesca curata dalla stessa autrice compare due anni dopo e si presenta come Vita activa oder Vom tätigen Leben. A quel punto Hannah manda a Martin una lettera in cui scrive: "Ho dato disposizione all'editore di spedirti una copia del mio libro. In proposito vorrei però dirti una cosa. Noterai che il libro non reca nessuna dedica. Se le cose tra noi fossero andate per il verso giusto - intendo dire tra e non per me o per te - ti avrei chiesto di potertelo dedicare; ha cominciato a prendere forma fin dai tempi di Freiburg, e ti è debitore, sotto ogni aspetto, di quasi tutto. Così come stanno le cose, mi è parso impossibile dedicartelo; ma volevo dirti, in un modo o nell'altro, qual è la pura realtà dei fatti". Straordinario omaggio. Come se non bastasse, Hannah ha scritto e tenuto per sé il seguente testo: "De Vita activa: / ho tralasciato la dedica di questo libro. / Come faccio a dedicarlo a te, / l'intimo amico, / cui sono e non sono / rimasta fedele, / sempre per amore". Arendt parla poi della cosa, spiega che di recente aveva subito uno sgarbo da parte di Heidegger, che aveva suggerito a un comune amico di declinare un invito da parte di lei. Aggiungeva tuttavia: "Ancora un anno fa, Heidegger mi ha mandato i suoi scritti pubblicati allora, e con dedica. Di conseguenza gli ho inviato la mia Vita activa. C'est tout". Come era forse prevedibile, Heidegger non reagì in nessun modo all'arrivo del dono.
Per Hannah questo fu uno smacco dal quale rimase durevolmente colpita. Tre mesi dopo l'episodio del libro spedito e della lettera caduta nel vuoto, Arendt scrisse a Jaspers una lettera in cui lasciava trasparire tutto il suo disappunto: "Heidegger: sì, è una storia sgradevole. Non ha nulla a che fare con l'elogio [come Jaspers aveva supposto], perché sono stata in contatto con lui dopo. E non credo che c'entri la moglie [...] Io so quanto sia insopportabile per lui che il mio nome appaia in pubblico, che io scriva libri, ecc. Per tutta la vita io l'ho praticamente imbrogliato, comportandomi sempre come se tutto questo non esistesse, e come se, per così dire, non fossi memmeno capace di contare fino a tre, tranne quando si trattava di interpretare le sue stesse cose: allora per lui era sempre molto gradito che si vedesse che sapevo contare fino a tre, e certe volte fino a quattro. Ma improvvisamente l'imbroglio mi è venuto a noia, ed ecco che mi sono presa un pugno sul naso. Per un momento sono stata furiosa, ma ora non lo sono più per niente. Piuttosto sono dell'opinione che in qualche modo me lo sono meritato, cioè tanto per l'imbroglio commesso, quanto per la brusca interruzione della partita". Era un atto di accusa contro l'egocentrismo e la cecità manifestata dall'amico di sempre nei suoi confronti. Viene fuori una verità terribile: al di là delle tante parole spese a vantaggio della loro amicizia Martin Heidegger da ultimo si è servito di Hannah Arendt senza veramente dar prova di un autentico rispetto nei suoi confronti. Sono stati richiamati in proposito altri illustri esempi di un atteggiamento simile: l'sbbandono di Didone da parte di Enea, quello di Sabina Spielrein da parte di Carl Gustav Jung. In tutti questi casi, le giustificazioni alte nulla tolgono alla gravità dell'offesa recata alla persona dell'altro.
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