domenica 19 gennaio 2025

Craxi alla fine


Marco Damilano, Il "Faraone" democratico: Craxi e il vuoto che spaventa
Domani, 19 gennaio 2025 

... Il 1989 è il momento in cui girano le sliding doors craxiane. Al momento della caduta del Muro di Berlino, la spinta si è esaurita. Il 1990, il nuovo decennio, per Craxi, si apre con un malore di inizio anno che sa di presagio, «il segnale oscuro che la Fortuna non sostiene più il Principe», scrive Enrico Pozzi. Il leader che correva è diventato il custode dell’immobilismo, guida ormai un partito povero di voti e obeso di poltrone, carriere rapide, soldi sospetti, finanziamenti illeciti. Il 1992 arriva ben prima dei magistrati di Milano, ha cause tutte politiche. Quelle di cui scrive Rino Formica, sempre vicino al leader, in una lunga lettera personale datata 29 aprile 1992, oggi pubblicata nel ricchissimo libro di Andrea Spiri Lettere di fine Repubblica (Baldini+Castoldi), in cui attacca «l’assenza della produzione politica che avrebbe dovuto consentirci di intercettare i grandi spostamenti elettorali e assumere l’effettiva iniziativa politica, la sottomissione della morale a vantaggio delle carriere personali e dell’affarismo».

Nel libro di Spiri ci sono le lettere disperate e brutali che Craxi spedirà dalla casa di Hammamet dopo l’addio all’Italia agli ex amici, a Fedele Confalonieri, i suoi giudizi feroci su Vittorio Feltri («uno dei tanti bugiardi che ho incontrato lungo la mia strada»), lamenta «censure, manipolazioni di notizie, l’ostracismo che non verrebbe opposto neppure al peggiore dei criminali». Con Berlusconi è ancora più duro e amaro: «Il trattamento che in questi anni ho ricevuto dagli organi di informazione di tua proprietà è francamente difficile da descrivere. Salvo poche eccezioni la mia immagine è stata letteralmente cancellata. Più volte ho chiesto che un tuo incaricato politico avesse un contatto con me. Non ho mai avuto il piacere, salvo i millantatori».

La sua corsa è finita venticinque anni fa. Oggi in un campo santo, addossato a un vecchio forte spagnolo, dopo un piccolo [spazio] all’ingresso c’è una scritta: «Qui in terra amica riposa Bettino Craxi». Tra la polvere, la sabbia, nomi dimenticati da secoli, la lapide che ricorda una ragazza italiana nata a Lampedusa nel 1861 e morta qui nel 1897, una famiglia di Senigallia negli anni Venti e Trenta, il loculo della famiglia Lamantia, accanto alla suocera, vedova Moncini, è sepolto Craxi, difficile dire se riposa in pace. Di certo non ha pace un paese rimasto senza riforme, incapace di fare i conti con la propria storia, abbandonato al vuoto in cui tutto si logora, si disgrega, si decompone.

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